Calearo Antenne, dopo crisi Covid e caro componenti arriva lo stop in tribunale: l’azienda finisce in liquidazione

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di
Federico Nicoletti

Vicenza, automotive in difficoltà: ultimo atto anticipato da concordato e vendita del ramo italiano

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Calearo spa finisce in liquidazione. Il fine corsa l’ha dichiarata la prima sezione civile del Tribunale di Vicenza, guidata dal giudice Giuseppe Limitone, con la sentenza del 24 gennaio, che dichiara l’apertura della liquidazione giudiziale dell’azienda di Isola Vicentina, in passato nome in voga delle antenne per auto, nominando come giudice delegato Davide Ciutto e come curatore Alessio Scuglia, e fissando per i creditori, che nel frattempo potranno chiedere d’essere ammessi alla procedura, l’udienza d’esame dello stato passivo per il 10 di aprile.
Termina dunque con un ultimo passo traumatico la vicenda del gruppo dell’automotive vicentino, fondato nel 1957 e di proprietà della holding Cafin della famiglia Calearo Ciman, entrato in concordato nel marzo di due anni fa. L’azienda era finita in difficoltà finanziarie tra le perdite indotte dalla pandemia e poi dalla difficile ripresa successiva, tra aumenti dei costi e difficoltà di reperire i chip, oltre a una trattativa per un’alleanza trascinatasi nei tempi e poi fallita.

Il bilancio

Secondo il bilancio consolidato chiuso il 30 settembre 2021, l’azienda aveva realizzato un valore della produzione di 87 milioni, in ripresa rispetto ai 76 del 2020, con una perdita di 567 mila euro, contro il «rosso» di 4,1 milioni dell’anno prima, e debiti per 43 milioni, di cui 22,7 con le banche; tra questi, anche prestiti per 6 milioni garantiti da Mediocredito centrale e Sace, secondo gli schemi dell’era Covid, a cui si erano aggiunti, nel 2022, 7,5 milioni del Fondo grandi imprese in difficoltà del ministero dello Sviluppo economico, creato dal decreto Sostegni.
Va detto per altro che il ramo d’azienda italiano operativo a Isola Vicentina, era già stato salvato e scorporato dalla procedura di crisi giusto un anno fa, con la vendita all’asta, bandita entro il concordato preventivo, al gruppo lombardo dell’automotive Mta, che aveva presentato a fine 2023 un’offerta irrevocabile d’acquisto, salvando know-how, brevetti e dipendenti.
«L’acquisizione del ramo d’azienda della Calearo, potrà far crescere il nostro business nelle nuove tecnologie della connettività dei veicoli, grazie alle forti sinergie con i nostri reparti di ricerca e sviluppo elettrica ed elettronica -, aveva detto allora Antonio Falchetti, direttore esecutivo di Mta -. Vorrei, sottolineare la mia soddisfazione nell’aver acquisito una realtà storica, salvando il suo prezioso know-how e oltre 120 dipendenti».




















































Una parabola triste

A quel punto in Calearo erano rimasti i due poli produttivi aperti in Slovacchia, nel 2003, e in Tunisia, attivo dal 2009. Convertiti alla produzione di schede elettroniche e cablaggi, come aveva spiegato lo scorso autunno Calearo, per altro ormai non più alla guida dell’azienda. Pareva sufficiente per chiudere il concordato e salvare quanto rimasto: «Sì, c’era un piano articolato – conferma lo stesso Massimo Calearo -. Diciamo che grazie a Dio, o per sfortuna, dal 2023 non seguivo più l’azienda. Mi fermo qui».
Parabola triste, quella finita con la liquidazione giudiziale, per un imprenditore molto noto e in passato al centro del mondo imprenditoriale veneto, da presidente di Confindustria Vicenza, e poi di Federmeccanica, ai tempi della presidenza in Confindustria di Luca di Montezemolo, che aveva segnato la traumatica divisione nel campo veneto intorno alla candidatura di Nicola Tognana. Poi, per Calearo, l’impegno da parlamentare, chiamato dal Pd di Veltroni come cinghia di trasmissione con le imprese e in seguito il passaggio alla maggioranza del governo Berlusconi. Altri tempi, rispetto a quelli in cui Calearo deve ora assistere all’ultimo passaggio traumatico per la propria azienda: «Cosa devo dire… Non dormire, ammalarmi… Forse è meglio pensare a cos’altro fare».

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6 febbraio 2025

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