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Il tema degli impatti della rivoluzione digitale e in particolare dell’IA sulla trasformazione del mercato del lavoro, e quindi delle competenze e delle professionalità richieste, è uno degli elementi centrali di analisi del Future of Jobs Report 2025 del World Economic Forum (Wef) pubblicato a gennaio, che sulla base delle previsioni condivise dagli intervistati del sondaggio Future of Jobs, sulle tendenze attuali nel periodo dal 2025 al 2030, ipotizza la creazione e la distruzione di posti di lavoro dovute alla trasformazione strutturale del mercato del lavoro pari al 22% dei posti di lavoro totali odierni.
Naturalmente le previsioni si basano sulle logiche attuali di sviluppo.
Evoluzione delle tecnologie e lavoro
L’evoluzione delle tecnologie sappiamo invece che può essere indirizzata esclusivamente alla massimizzazione dell’efficienza e della riduzione dei costi e quindi alla sostituzione progressiva del lavoro umano oppure alla ricerca di una migliore qualità del lavoro umano attraverso una complementarietà tecnologica applicata sui compiti che compongono i singoli lavori, per migliorare e aumentare la capacità dei singoli lavoratori. E la scelta può cambiare in modo significativo la prospettiva.
Ma è utile partire dall’interessante scenario disegnato dalle previsioni degli oltre mille grandi datori di lavoro globali su cui si basa il rapporto.
Il Future of Jobs Report 2025: principali tendenze
Secondo gli intervistati, l’ampliamento dell’accesso digitale dovrebbe essere la tendenza più trasformativa, sia per le tendenze legate alla tecnologia che in generale, con il 60% dei datori di lavoro che si aspetta che trasformi la propria attività entro il 2030. I progressi dovrebbero riguardare le tecnologie, in particolare intelligenza artificiale ed elaborazione delle informazioni (86%); robotica e automazione (58%). Anche la generazione, lo stoccaggio e la distribuzione di energia dovrebbero risultare importanti fattori di trasformazione.
Gli intervistati prevedono che queste tendenze avranno un effetto divergente sui posti di lavoro, accelerando la tendenza sia dei ruoli in più rapida crescita che di quelli in più rapido declino e alimentando la domanda di competenze legate alla tecnologia, tra cui intelligenza artificiale e big data, reti e sicurezza informatica e alfabetizzazione tecnologica, che si prevede saranno le prime tre competenze in più rapida crescita.
Lo scenario in cui si collocano le previsioni è quello di un aumento del costo della vita, e di un rallentamento economico generale, con un impatto sulla creazione di posti di lavoro con l’aumento di domanda di pensiero creativo e capacità di resilienza, flessibilità e agilità.
A queste tendenze si affianca una maggiore attenzione alla tutela ambientale, che è entrata per la prima volta nell’elenco delle 10 competenze in più rapida crescita del Future of Jobs Report.
Lo scenario si completa con la considerazione di due importanti cambiamenti demografici: l’invecchiamento e il calo della popolazione in età lavorativa, prevalentemente nelle economie ad alto reddito, e l’espansione della popolazione in età lavorativa, prevalentemente nelle economie a basso reddito.
Secondo gli intervistati questi cambiamenti determinano un aumento della domanda di competenze nella gestione dei talenti, nell’insegnamento e nel tutoraggio, nella motivazione e nell’autoconsapevolezza. L’invecchiamento della popolazione determina la crescita dei lavori nel settore sanitario, mentre l’aumento della popolazione in età lavorativa alimenta la crescita delle professioni legate all’istruzione, come gli insegnanti di istruzione superiore.
Infine i datori di lavoro si aspettano che le tendenze geoeconomiche (sempre più in maggiore turbolenza) aumentino la probabilità di delocalizzare le attività, con la conseguente domanda di ruoli lavorativi legati alla sicurezza e aumentando la domanda di competenze di rete e sicurezza informatica.
Le competenze più richieste
Le competenze tecniche più richieste sono pertanto relative a intelligenza artificiale e big data, seguiti da reti e sicurezza informatica, nonché alfabetizzazione digitale e tecnologica.
Le competenze trasversali più richieste si confermano pensiero analitico, resilienza, flessibilità e agilità, leadership, influenza sociale, insieme a pensiero creativo, curiosità e capacità e attenzione all’apprendimento permanente, che continueranno ad aumentare di importanza nel periodo 2025-2030.
Queste competenze trasversali, insieme alle capacità di gestione delle risorse e operazioni, controllo di qualità, programmazione, saranno i principali elementi differenzianti dei lavori considerati in crescita rispetto a quelli in declino.
Gli impatti sulle tipologie di lavori
In termini di posti di lavoro la previsione sintetizzata nel rapporto è di un saldo positivo da qui al 2030 di circa il 7% dell’occupazione totale, 78 milioni di posti di lavoro, frutto della creazione di 170 milioni nuovi posti di lavoro e la perdita di 92 milioni dei posti di lavoro attuali.
La crescita dovrebbe riguardare lavori di tipologia molto diversa, ma connesse con la particolarità delle macrotendenze individuate:
- lavori di prima linea, come braccianti agricoli, autisti delle consegne, operatori edili, addetti all’industria, addetti alle vendite, addetti alla lavorazione alimentare;
- lavori dell’economia dell’assistenza, come infermieri, assistenti sociali e consulenti e assistenti alla cura della persona
- lavori dell’istruzione come insegnanti di istruzione terziaria e secondaria.
- lavori correlati all’evoluzione e all’utilizzo specialistico della tecnologia (sono i lavori in più rapida crescita in termini percentuali), tra cui specialisti di Big Data, ingegneri del fintech, specialisti di intelligenza artificiale e apprendimento automatico e sviluppatori di software e applicazioni;
- lavori correlati alla transizione verde ed energetica, tra cui specialisti di veicoli autonomi ed elettrici, ingegneri ambientali e ingegneri delle energie rinnovabili.
Il calo maggiore dovrebbe invece riguardare quei lavori di più rapida sostituzione con l’automazione:
- impiegati amministrativi, tra cui cassieri e addetti ai biglietti, assistenti amministrativi e segretari esecutivi;
- impiegati del servizio postale, cassieri di banca e impiegati di immissione dati.
Naturalmente il rapporto privilegia una lettura dei cambiamenti rispetto ai lavori come sono disegnati oggi, e non valuta scenari in cui questi lavori possano cambiare e quindi muoversi verso una logica di complementarietà tecnologica e non di radicale sostituzione.
La valutazione sulle competenze, però, consente di acquisire alcuni elementi interessanti per disegnare differenti scenari.
Formazione, aggiornamento e riqualificazione
Una valutazione interessante che emerge dalle interviste è che la stima sulle competenze che i lavoratori possono aspettarsi che siano trasformate o diventeranno obsolete nel periodo 2025-2030 si è ridotta negli ultimi cinque anni dal 57% al 39%.
Ciò significa che l’impatto della formazione, della riqualificazione o aggiornamento delle competenze, che ha interessato una quota crescente di lavoratori (50%) mostra la sua efficacia come strumento di allineamento delle competenze, e che questo allineamento può essere condotto “in corsa”, cioè parallelamente alla sempre maggiore rapidità dell’evoluzione tecnologica.
Secondo gli intervistati la percentuale di coloro che avrebbero bisogno di formazione è maggiore di quanto attualmente si riscontra, circa il 59%, composto di un 29% che potrebbe essere aggiornato nei loro ruoli attuali, un 19% che potrebbe essere riassegnato altrove all’interno della loro organizzazione, e un 11% a rischio di ricollocazione.
Le lacune di competenze sono considerate il più grande ostacolo alla trasformazione aziendale dagli intervistati, con il 63% dei datori di lavoro che le identifica come un ostacolo importante nel periodo 2025-2030 e una diversificazione nell’approccio al problema, con la gran parte che prevede di dare priorità all’aggiornamento delle competenze della propria forza lavoro, ma allo stesso tempo assumere personale con nuove competenze, e una parte minore ma significativa che pianifica di ridurre il personale via via che le competenze diventano meno rilevanti o di far passare il personale da ruoli in declino a ruoli in crescita.
Infine, metà dei datori di lavoro prevede di riorientare la propria attività in risposta all’IA, due terzi prevedono di assumere talenti con competenze specifiche in materia di IA, mentre il 40% prevede di ridurre la propria forza lavoro laddove l’IA può automatizzare le attività.
Questa situazione, analizzando i dati dell’indagine di Boston Consulting, non è del tutto ancora percepita dai lavoratori. Dall’indagine, infatti, si rileva che il 25% degli intervistati a livello internazionale (26% in Italia) ritiene che l’AI non influirà sul proprio lavoro e solo il 5% (il 7% in Italia), pensa che diventerà obsoleto, anche se la metà del campione prevede che alcuni aspetti dei lavori cambieranno, e sarà necessario lo sviluppo di nuove competenze.
Riflessioni conclusive: lo scenario della sostituzione
Il tema dell’automazione e della sostituzione dei lavoratori dovrebbe essere affrontato in una logica strategica insieme di bene sociale e di sostenibilità. L’approccio strategico guidato dal solo profitto, e che favorisce la richiesta e lo sviluppo di macchine in grado di svolgere in autonomia dei compiti prima affidati a umani, non sempre porta a una maggiore produttività come sottolineato dal premio Nobel Acemoglu.
Il punto chiave è che questo tipo di strategia indirizza verso uno sviluppo che non prevede necessariamente l’attivazione di nuovi compiti e nuovi lavori, né il governo o il miglioramento dell’attività a carico degli umani. A questo si aggiunga che dal punto di vista tecnico non è possibile identificare dei limiti di capacità che le tecnologie non possano superare. Negli anni Dieci si riteneva che l’IA non potesse che svolgere le proprie attività nell’ambito dei compiti routinari (definibili, schematizzabili e quindi automatizzabili) e non in quelli “non routinari” (non descrivibili con completezza) e creativi. Ma negli anni Venti stiamo riscontrando che questa assunzione non è veritiera: le tecnologie di IA sono riuscite a realizzare musiche, quadri, video per cui se gli autori fossero stati umani si sarebbe parlato di opere d’arte, e quindi creative. E via via così accurate che diventa difficile distinguere questi prodotti da opere di autori umani.
Sempre più, invece, si afferma un limite di utilità economica: le tecnologie di IA non si stanno sviluppando (e presumibilmente la logica di mercato non spingerà a che questa situazione cambi) lì dove si tratta di sostituire compiti non routinari, con buon tasso di manualità e attualmente in carico a lavoratori con non alta retribuzione, come anche quelli richiamati dal rapporto del Wef.
In questi termini, e contrariamente alle altre rivoluzioni industriali che avevano prodotto una sostituzione principalmente dei compiti più faticosi e pericolosi, la rivoluzione digitale conduce, se lasciata alla sola guida delle logiche di profitto, alla sostituzione dei compiti e dei lavori per cui l’automazione comporta vantaggi economici: e quindi prima di tutto il settore dei “colletti bianchi”, della gestione aziendale, oltre che quello degli operai e dei lavori dell’industria dell’intrattenimento, infrastruttura portante del sistema dei social.
Occorre pertanto intervenire contrastando questa prospettiva, orientando invece gli sforzi verso la costruzione di scenari socialmente sostenibili, riducendo il rischio di eliminare progressivamente anche gli stessi lavori creativi oggi in crescita e di avere nel tempo organizzazioni basate principalmente su un’automazione guidata esclusivamente sull’efficienza.
Anche le recenti dinamiche di mercato sul fronte dell’IA mostrano che nulla nell’evoluzione tecnologica può essere considerato irreversibile, e il riorientamento, il cambio di direzione è sempre possibile, se socialmente promosso e sostenuto.
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