EuroVerify ha verificato le affermazioni di Elon Musk che risultano una cattiva interpretazione di un sondaggio effettuato su un migliaio di rifugiati. Chi torna in visita nel Paese di origine è fuggito oltre un decennio fa e la situazione nel frattempo è cambiata
Elon Musk ha dichiarato su X la scorsa settimana che l’80 per cento dei rifugiati in Svezia torna per le vacanze nei propri Paesi di origine.
L’affermazione di Musk, che implica che chi ha ricevuto asilo politico starebbe in qualche modo truffando il sistema di accoglienza nazionale, ha fatto scalpore in Svezia e il post ha raccolto più di 54 milioni di visualizzazioni.
EuroVerify ha verificato i fatti e ha concluso che la percentuale data dal tycoon sudafricano è stata in realtà estrapolata dal contesto.
Nel 2022, la società di ricerca svedese Novus è stata incaricata dall’organo di informazione conservatore The Bulletin di condurre un sondaggio su 1.050 svedesi nati all’estero.
Novus ha rivelato che il 79 per cento dei rifugiati ha visitato il proprio Paese d’origine dopo l’arrivo in Svezia. Tuttavia, la maggior parte degli intervistati è arrivata in Svezia più di 15 anni fa e solo il 4 per cento tra il 2010 e il 2022.
Ciò sembra indicare che molti dei Paesi, da cui i rifugiati svedesi sono fuggiti oltre un decennio fa, sono ora sicuri da visitare. Con una popolazione di 10,6 milioni di persone, la Svezia ha una lunga storia di accoglienza di rifugiati provenienti dall’Urss, dall’ex Jugoslavia, e da altri Paesi passati per esempio da sanguinose dittature come il Cile sotto Pinochet.
Oggi in Svezia vivono circa 60mila persone di origine cilena e più di 61mila provenienti dall’ex Jugoslavia.
“Non c’è nulla di sbagliato nella ricerca e anche l’articolo è abbastanza chiaro, ma è davvero facile dire che rifugiato è uguale a richiedente asilo e questo non è vero”, ha dichiarato a Euronews Torbjörn Sjöström, amministratore delegato di Novus.
I richiedenti asilo sono persone che sono fuggite da persecuzioni politiche o guerre nel loro Paese d’origine, ma che non hanno ricevuto un riconoscimento legale del loro status di rifugiato.
Inoltre, ai rifugiati non è stato chiesto se avessero trascorso delle vacanze nel loro Paese d’origine, come sostenuto da Musk, ma se lo avessero “visitato”. Il termine “vacanza” è comunemente associato al divertimento e al relax, omettendo invece la serie di altri motivi per cui i rifugiati potrebbero recarsi nei loro Paesi d’origine.
“La guerra nei Balcani era decenni fa, ma molti rifugiati sono venuti in Svezia e hanno ottenuto la residenza permanente. Oggi il conflitto è finito, ma hanno imparato la lingua e si sono creati una nuova vita in Svezia. È quindi comprensibile che vadano a trovare i loro familiari e amici che sono rimasti nel Paese durante il conflitto”, ha aggiunto Sjöström.
Un cambiamento nella politica di immigrazione della Svezia
A dicembre il ministro svedese dell’Immigrazione, Johan Forssell, ha dichiarato che i rifugiati “abusano” del sistema andando in vacanza nei loro Paesi d’origine, ma ha aggiunto che è difficile dire “quanto sia diffuso” il problema.
Il ministero e l’Agenzia svedese per le migrazioni non hanno risposto alla richiesta di Euronews di fornire dati a sostegno di questa affermazione. Il governo svedese di coalizione di centro-destra, sostenuto dai Democratici svedesi (nell’Ecr al Parlamento Europeo), ha guidato le richieste di inasprimento delle politiche migratorie.
L’immigrazione è un tema caldo in Svezia, dove il Paese ha rinnovato la propria politica a partire dal 2015, anno in cui oltre 160mila persone hanno chiesto asilo a causa delle guerre in Afghanistan, Iraq e Siria.
Nel novembre 2015, l’ex primo ministro svedese Stefan Löfven dichiarò che il regime di asilo del Paese sarebbe tornato al “minimo dell’Ue”.
La caduta del regime di Bashar al-Assad, avvenuta il mese scorso, ha scatenato un acceso dibattito in Europa su cosa fare dei rifugiati siriani, circa un milione arrivati in dieci anni.
L’Austria ha annunciato la sospensione del ricongiungimento familiare e l’introduzione di un nuovo “programma di rimpatrio e deportazione ordinata” per circa 40.000 siriani che hanno ottenuto protezione negli ultimi cinque anni.
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