Corea del Sud: crisi interna e precarietà esterna

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Caffè lungo – La Corea del Sud è attraversata da una grave crisi politica e istituzionale, aggravata dall’arresto del Presidente Yoon e dall’accesa polarizzazione sociale. Sullo sfondo, l’elezione di Donald Trump alla Casa Bianca aggiunge ulteriori incognite sul futuro del Paese, tra incertezze economiche, tensioni diplomatiche e un possibile riposizionamento strategico nella regione dell’Asia-Pacifico.

LA CRISI CHE SPACCA IL PAESE

La crisi politica e costituzionale in Corea del Sud, iniziata il 3 dicembre con la dichiarazione della legge marziale da parte del Presidente Yoon – ritirata poche ore dopo, – continua ad aggravarsi, anche a causa della frammentazione politica all’interno dell’elettorato e nel Paese. Dopo uno stallo di oltre due settimane, le forze di polizia sono finalmente riuscite a eseguire il mandato d’arresto, emesso dalla corte distrettuale di Seul, nei confronti di Yoon. L’operazione era stata ostacolata dal servizio di sicurezza presidenziale, che aveva di fatto impedito l’accesso alla residenza presidenziale. Accusato di cospirazione insieme all’ex Ministro della Difesa, Kim Yong-hyun, il Presidente continua a difendere il proprio operato, ribadendo durante le udienze presso la Corte costituzionale di Seul e ai suoi avvocati di aver “agito sempre nei limiti della Costituzione”. Le conseguenze dello stato d’emergenza hanno, in ogni caso, aggravato la situazione della democrazia sudcoreana. Il recente assalto in tribunale dei sostenitori di Yoon rappresenta, in modo evidente, la forte polarizzazione sociale e politica, ulteriormente esacerbata dall’avvio dei procedimenti giudiziari contro il Presidente da parte della magistratura. Inoltre, si ritiene che i movimenti di estrema destra (particolarmente prolifici, in Corea del Sud, su YouTube) abbiano avuto una forte influenza nel condizionare le scelte della presidenza. Lo stesso Yoon, seguendo una strategia simile a quella dell’attuale Presidente statunitense Trump, ha utilizzato i social media a proprio vantaggio, alimentando una retorica che lo dipinge come un perseguitato politico. Pericoloso risulta anche il comportamento, oltre che dell’esercito, dei servizi di sicurezza presidenziali, contrapposti alle forze dell’ordine nonostante la disposizione di arresto. Un episodio che segnala la forte politicizzazione di alcuni ambienti, dove la fedeltà personale sembra sostituirsi al rispetto dei principi democratici e ai doveri della funzione pubblica, essenziali quando coinvolgono i reparti di sicurezza e militari. In virtù dei recenti avvenimenti, molti analisti chiedono una necessaria riforma delle Istituzioni sudcoreane, al fine di impedire un’ulteriore erosione della fiducia pubblica, nonché di tentare di sanare lo spettro politico nazionale, ancora diviso tra tendenze progressiste e correnti conservatrici.

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Fig. 1 – L’arresto del Presidente Yoon Suk-yeol, 15 gennaio 2025

SEUL ALLA PROVA DELLA NUOVA AMMINISTRAZIONE TRUMP

La vittoria di Trump coglie la Corea del Sud in un momento di grande debolezza. Il Presidente ad interim, Choi Sang-mok, si trova in una posizione delicata, oltre che momentanea, considerando che la sua carica è dettata dalle attuali contingenze nazionali, ancora in divenire. Data tale precarietà, è probabile che Choi si concentri su mantenimento e garanzia della continuità delle funzioni statali, sacrificando, per quanto possibile, l’agenda estera, che si preannuncia di per sé complessa. L’arrivo alla Casa Bianca di Trump potrebbe mettere in difficoltà la posizione di Seul da un punto di vista tanto commerciale quanto diplomatico. L’economia sudcoreana, già colpita dal ritiro di molti investimenti nei mercati azionari a causa delle preoccupazioni sulla volatilità politica interna, potrebbe subire ulteriori pressioni a causa delle politiche protezionistiche della nuova Amministrazione nordamericana. L’economia di Seul, fortemente dipendente dalle esportazioni e integrata in numerose catene di fornitura (con la Cina come primo partner commerciale), potrebbe subire una perdita di quasi 45 miliardi di dollari, con una contrazione del PIL dello 0,67%. Per quanto riguarda la diplomazia, Trump rischia di ridurre nuovamente il margine di manovra della Corea del Sud nel dialogo inter-coreano. Il Presidente statunitense, come anche il nuovo Segretario alla Difesa Hegseth, ha definito la Corea del Nord uno “Stato nucleare”, provocando malumori nei Ministeri degli Esteri, della Difesa e dell’Unificazione sudcoreani. Non a caso, le Autorità di Seul hanno respinto con fermezza l’utilizzo di tali parole, giudicandole incompatibili all’interno del quadro del Trattato di non proliferazione nucleare (TNP). Il timore è che queste dichiarazioni possano segnare l’inizio di una nuova politica di riavvicinamento degli Stati Uniti verso Pyongyang, forse con l’obiettivo di avviare negoziati preparatori nel tentativo di congelare il programma nucleare nordcoreano, che, stando alle ultime notizie della KCNA, appare in piena espansione. Considerando i precedenti incontri tra Trump e Kim a Singapore e ad Hanoi non sembra così lontana l’ipotesi di un Governo sudcoreano parzialmente emarginato dalla questione nordcoreana, che sfuggirebbe dalla propria area d’influenza per finire, nuovamente, sotto l’egida statunitense.

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Fig. 2 – Donald Trump e il suo nuovo Segretario alla Difesa Pete Hegseth, 30 gennaio 2025. Le loro recenti dichiarazioni sulla Corea del Nord hanno provocato preoccupazioni e malumori a Seul

NUOVE PROSPETTIVE E CONGIUNTURE CRITICHE

L’attuale posizionamento di Seul all’interno della rete di alleanze statunitensi nella regione dell’Asia-Pacifico potrebbe cambiare in futuro, anche se al momento è difficile fare previsioni. Durante la presidenza Biden gli Stati Uniti avevano cercato di rafforzare le alleanze regionali, concentrandosi in particolare sui rapporti tra Giappone e Corea del Sud. L’obiettivo era ridurre le tensioni storico-diplomatiche tra i due Paesi, favorendo una convergenza verso un’alleanza più solida, capace di contrastare nell’immediato la Corea del Nord e, nel lungo periodo, la Repubblica Popolare Cinese. Scopo ottenuto grazie agli accordi di Camp David dell’agosto 2023, con la firma dell’American–Japanese–Korean Trilateral Pact. La presidenza Trump potrebbe però indebolirne l’efficacia, così come le relazioni tra Seul e Washington. Da un lato, è possibile che la Casa Bianca adotti una politica di parziale disimpegno nei confronti della Corea del Sud, rilassando la protezione garantita dall’ombrello nucleare statunitense (con il ritorno dell’ipotesi di uno scudo atomico sudcoreano). La riduzione della protezione statunitense potrebbe essere usata come leva per spingere Seul ad aumentare la spesa nazionale per la difesa e a rivedere gli scambi commerciali a favore degli Stati Uniti, riducendo in questo modo anche i legami tra la Corea del Sud e la Cina, acquistando maggiormente dall’alleato nordamericano. Dall’altro lato, come già accennato, l’arrivo di Trump potrebbe ridimensionare il ruolo strategico di Seul nel contesto coreano. Sebbene l’incontro tra Kim Jong-un e l’allora Presidente Moon Jae-in nel 2018 sia stato senza dubbio storico, non raggiunse la centralità e l’importanza degli incontri tra Trump e Kim, che dominarono al tempo la scena diplomatica internazionale. Seul è infatti consapevole che la politica estera di Trump, caratterizzata da un mix di realismo e ambizioni imperiali, potrebbe rivolgere un forte interesse verso la Corea del Nord (che sta già approfittando, con la Cina, dell’attuale crisi sudcoreana), anche grazie all’esperienza dei precedenti colloqui. Il rischio è che la Casa Blu finisca per diventare più di un semplice intermediario tra i due contendenti e si trasformi in un  attore “scomodo” nella questione nordcoreana. Ciò comporterebbe una perdita del margine di manovra guadagnato dalla precedente Amministrazione Moon e successivamente consolidato, seppur in chiave più assertiva e risoluta, dalla presidenza Yoon. In attesa della conclusione del processo di impeachment di Yoon, la Corea del Sud si trova quindi in una fase di stallo e caos istituzionale, con conseguenze future complesse e difficili da anticipare. Indipendentemente dall’esito del procedimento, Seul, trovandosi in una congiuntura critica rispetto ai propri imperativi, sta perdendo tempo e terreno prezioso per rivedere o rafforzare il suo posizionamento strategico, divenuto cruciale in una area, quella dell’Asia-Pacifico, sempre più instabile e imprevedibile.

Tommaso Tartaglione

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