C’è una élite cinese, ascoltata da Xi Jinping, che dà un giudizio positivo su Donald Trump.
È parte di un fenomeno che ho già incontrato altrove, in quello che chiamiamo il Grande Sud globale. Mentre in Europa molti sono ostili verso Trump e a maggior ragione verso Elon Musk, talvolta perfino negli ambienti moderato-conservatori, nelle nazioni emergenti invece i due sono piuttosto popolari. Dall’India all’Africa al mondo arabo, l’attrazione del trumpismo merita di essere approfondita.
Qui però voglio occuparmi solo della Cina, e della sua classe dirigente, l’élite comunista attorno a Xi Jinping. Sono debitore all’ottima newsletter sulla Cina «Sinification» di Thomas Des Garets e James Farquharson, della quale sono un affezionato consumatore. L’ultimo invio di «Sinification» si apre con questa citazione:
«Negli Stati Uniti, il Partito Democratico ha legami più stretti con il complesso militare-industriale rispetto al Partito Repubblicano, che tende a favorire la fine delle guerre piuttosto che avviarle o intensificarle».
Non è giudizio degli autori-compilatori della newsletter, bensì di un autorevole esperto cinese, Pan Wei, del quale in fondo troverete la biografia. È un rappresentante dell’ala sinistra del partito, un corrente che sotto Xi conta molto.
Ecco come gli autori della newsletter presentano la sua analisi:
«Pan Wei presenta qui un’idea stranamente controintuitiva: ovvero che la seconda elezione di Donald Trump, anziché essere un sintomo di continue fratture sociali, sia la prova di un rafforzamento della coesione tra le élite americane e le masse. La descrizione comune degli Stati Uniti come fragili internamente ma forti esternamente è quindi troppo negativa; l’attuale forza esterna dell’America dipende ancora, come per tutte le grandi potenze, dalla sua coesione interna, che le recenti elezioni hanno rafforzato.
Considerando ciò che sappiamo su Trump e sulla politica americana degli ultimi anni, questa affermazione potrebbe sembrare sorprendente a prima vista. È utile inquadrarla nel contesto del background intellettuale di Pan, profondamente concentrato sulla spiegazione dei fermenti e dei cambiamenti sociali. Come intellettuale relativamente conservatore, il nucleo del pensiero di Pan è che la forza complessiva di una nazione dipenda in larga misura dalla capacità dello Stato di affrontare le tensioni sociali e ristabilire la coesione tra le élite e il popolo. Il distacco delle élite dalle preoccupazioni popolari, come l’Unione Sovietica sperimentò in passato dando priorità alla tecnologia d’avanguardia rispetto alla creazione di ricchezza diffusa, limita il potere di una nazione sulla scena mondiale. In passato, riferendosi al proprio paese, Pan si è opposto al dominio di una prospettiva d’élite unica nel processo di “riforma e apertura” della Cina a scapito degli interessi popolari, sostenendo che “l’era delle riforme incontestate è finita”. In senso ampio, Pan si colloca nell’ala sinistra di uno spettro conservatore che promuove il “modello cinese” di rinuncia alla democrazia a favore di un modello politico consultivo. Secondo la sua interpretazione, il progresso sociale deriva dalle tensioni dialettiche tra le posizioni politiche delle élite e quelle del popolo, che generano “movimenti di protesta sociale”, come quelli basati sulla frammentazione identitaria che l’America ha vissuto nell’ultimo decennio. Sebbene questi movimenti siano essenziali per il progresso, causano inevitabilmente instabilità e, cosa fatale per la forza di una nazione, minano la coesione tra élite e popolo. Da questa prospettiva, la vittoria di Trump ha corretto gli eccessi delle preoccupazioni sociali delle élite, riallineando le priorità di élite e popolo e raffreddando i movimenti sociali basati sull’identità».
Ecco in sintesi, qui sotto, i punti chiave nell’analisi del prestigioso esperto cinese sull’America di Trump.
L’Autore: Pān Wéi, 64 anni. Professore Ordinario, Facoltà di Scienze Sociali, Università di Macao. Già Direttore del Centro per gli Affari Cinesi e Globali, Università di Pechino; Professore, Scuola di Studi Internazionali, Università di Pechino. Un conservatore associato alla «Nuova Sinistra» cinese, in auge con Xi.
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