Le aziende pronte a lavorare per il ritorno del nucleare, ma Armaroli (CNR) è più cauto

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Alle audizioni di oggi alla Camera sul ruolo dell’energia nucleare nella transizione energetica hanno partecipato il CNR, Sogin, Enel, Edison, ISIN, Westinghouse, Spin e BPI France

Nella mattinata di oggi, le Commissioni Ambiente e Attività produttive della Camera hanno svolto nuove audizioni nell’ambito dell’indagine conoscitiva sul ruolo dell’energia nucleare nella transizione energetica e nel processo di decarbonizzazione.

ARMAROLI (CNR): LE TECNOLOGIE SU CUI PUNTA L’ITALIA ANCORA NON ESISTONO

“Il grande boom della capacità nucleare mondiale è stato tra gli anni ’50 e gli ’80, dopodiché si è stabilizzata. La produzione mondiale elettrica è stata coperta dal nucleare nel 1996 per il 17,2% il massimo raggiunto e nel 2024 siamo a poco più della metà, 9,2%. Quindi non è in corso e non c’è mai stato un rinascimento nucleare anche se spesso se ne parla”. Lo ha detto Nicola Armaroli, dirigente di ricerca del CNR. “Per il nostro piano nucleare il ministro (Pichetto Fratin, ndr) ha parlato di piccoli reattori modulari e di fusione. Allo stesso tempo, però, il ministro ha dichiarato che l’Italia non punterà alle grandi centrali. Le tecnologie su cui l’Italia punta oggi, i piccoli reattori e a fusione, non esistono. Il ddl parla anche di cose importanti come sicurezza nazionale, indipendenza energetica, approvvigionamenti eccetera. L’uranio che è la fonte primaria per alimentare i reattori nucleare, il 43% della produzione è concentrato in un unico paese che è il Kazakistan, non c’è nessuna fonte di energia così concentrata al mondo. L’uranio dal 2021 al 2025 è cresciuto sul mercato del 137%. C’è un dominio russo e cinese totale quasi assoluto sulla tecnologia come ci ricorda l’Agenzia internazionale per l’energia e proprio per questo motivo non è stata mai inflitta alcuna sanzione al colosso Rosatom russo che è il grande dominatore della filiera nucleare mondiale. L’Italia non possiede quindi né il combustibile, né le tecnologie nucleari. Il campione è la Francia che copre il 65% del fabbisogno col nucleare ma ha una flotta di reattori molto vecchia che si avvicina ai 40 anni di età media, 57 reattori tutti in funzione ma zero attualmente in costruzione. È una tecnologia di baseload che per il 65% fa si che la Francia abbia una esigenza vitale di esportare elettricità. Questo lo dico perché c’è il grande equivoco che sembra che l’Italia e la Germania abbiano bisogno di importare energia dalla Francia, invece è il contrario. Perché le centrali nucleari non si possono accendere o spegnere su base giornaliera. Quindi la Francia di notte esporta a basso prezzo per una propria esigenza fisica e strutturale”.

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“EDF è stata nazionalizzata per esigenze economiche e due settimane fa la Corte dei Conti francese ha bocciato il nuovo piano nucleare per ragione dei costi, quindi teniamolo presente in Italia – ha proseguito Armaroli -. Per quanto riguarda l’Europa l’anno scorso nel Regno Unito le rinnovabili hanno superato la produzione elettrica fossile, stessa cosa è accaduta in Germania, e anche in Francia la quota di nucleare tende a diminuire. Del nucleare in Cina si parla spesso, ha una flotta molto più giovane, in media 11 anni ma copre appena meno del 5%, 59 reattori in funzione, 29 in costruzione. La Cina in 32 anni ha installato 57GW di nucleare, solo nel 2024 ha installato 357 GW di fotovoltaico più eolico. Quindi nel 2024 per ogni elettrone nucleare nuovo immesso in rete ne sono stati immessi 60 di fotovoltaico più eolico. Quindi sia chiaro non c’è un boom nucleare neppure in Cina”.

“Il primo problema per l’Italia è la localizzazione, in occasione dall’alluvione a Bologna il capo della Protezione civile ci ha ricordato che il 95% del territorio nazionale è a rischio idrogeologico e questo è un problema per la localizzazione di siti nucleare di qualsiasi tipo perché oltre a questo rischio abbiamo quello sismico, quello paesaggistico e anche la questione dell’acqua perché i reattori tipicamente sono raffreddati ad acqua – ha evidenziato il ricercatore del Cnr -. Abbiamo un altro problema critico che è la scarsa attrattività agli investimenti, ma soprattutto manca la risorsa chiave: nel 2040 l’Italia deve aver finito la decarbonizzazione del sistema elettrico e non apprestarsi o cominciare a farne un grande pezzo. Scarseggiano quindi siti, soldi, tempo e le tecnologie indicate dal governo non ci sono”.

“Il sistema elettrico mondiale sta cambiando rapidamente, le reti di trasmissione e distribuzione sono cambiate per accogliere milioni di autoproduttori 30 anni fa si diceva che con più del 10% di rinnovabili la rete sarebbe crollata, ma non è accaduto anzi ci sono interi paesi industriali che per settimane in interi periodi vanno avanti al 100% con le rinnovabili. Quindi l’affermazione che le rinnovabili da sole non bastano oggi è vera ma è destinata a perdere progressivamente sostanza di fronte agli sviluppi tecnologici in corso come accumuli, reti intelligenti”, ha proseguito Armaroli.

“La nuova capacità rinnovabile annuale vale oggi decine di volte quella nucleare: entro breve tempo ci sarà una sproporzione enorme tra il nucleare installato e le rinnovabili. Come potrà competere, questa è la domanda che dobbiamo porci, il nucleare dove ci sarà questo enorme gap con la produzione rinnovabile? Il rischio è di trovarsi in mano un oggetto superato e molto costoso. Si dice che vogliamo abbassare le bollette ma siccome le tecnologie che vogliamo fare in Italia non ci sono non possiamo conoscere il costo, quindi è una promessa”.

“Sono compatibili rinnovabili e nucleare? Bisogna vedere perché con 200 GW di rinnovabili al 2040 avremo eccessi di produzione a basso costo per 7-8 mesi all’anno a quel punto avremo due opzioni: tenere spenti i reattori nucleare per mesi che è economicamente insostenibile perché i reattori nucleari devono andare per più tempo possibile oppure spegnere continuativamente le rinnovabili alzando i costi dell’energia che è un grande paradosso. Quindi bisogna essere chiari: stiamo operando una scommessa che è una promessa che tra 15-20 anni, non adesso, avremo bollette più basse grazie al nucleare con tecnologie che però oggi non esistono, non sappiamo quali saranno e se ci saranno e né quanto costeranno. Intanto tecnologie decarbonizzate di altro tipo crescono velocemente. Infine, sul ddl c’è scritto che in Italia vogliamo fare tra gli 8 e i 16 GW di nucleare, parliamo di un valore intermedio di 12 GW, parliamo di Smr? Di potenza intermedia possiamo parlare di 100MWe di potenza, questo vuol dire in pratica, che in Italia dovremo installare 120 reattori Smr, chiedo a voi che conoscete il territorio se sia proponibile in Italia un’operazione con 120 reattori sparsi per la Italia”, ha concluso Armaroli.

ARTIZZU (SOGIN): STIAMO GESTENDO IMPIANTI IN MANTENIMENTO IN SICUREZZA

“Per smantellare una centrale nucleare, bisogna costruire. Noi dobbiamo costruire degli impianti, che a volte sono dedicati anche ad un solo task, e dobbiamo costruire anche dei depositi temporanei, non essendo disponibile un deposito unico per la raccolta dei rifiuti radioattivi”. Lo ha dichiarato l’ad di Sogin, Gian Luca Artizzu, che ha aggiunto: “anche nella fase di decommissioning si esercitano le stesse competenze che si usano nella fase di esercizio, ma ovviamente sono dedicate ad altro: non alla produzione del kilowattora, ma ad esperire i compiti di smantellamento a cui siamo chiamati. Questo ha consentito di mantenere gran parte delle competenze nucleari in Italia, e questo è strategico per il nucleare in Italia. Noi non stiamo conducendo impianti in produzione, ma impianti in mantenimento in sicurezza: non vengono cioè esercitate le competenze convenzionali (quelle della turbina), ma ad esempio quelle per costruire impianti ‘nuclear grade’, costruiti cioè con criteri molto simili a come si costruiscono le parti delle centrali in funzione”.

In questo momento siamo anche in grado di progettare e costruire in modo da minimizzare il lavoro futuro di smantellamento poiché, per completare il ciclo del decommissioning, gli edifici che costruiamo un giorno dovranno essere smantellati. Oltre a questo – ha concluso Artizzu –, stiamo progettando il deposito nazionale per i rifiuti, che in questo momento è soltanto in fase di progettazione. Attraverso l’utilizzo degli standard internazionali, sappiamo che dovrà durare almeno 300 anni, quindi per realizzare questi impianti bisognerà utilizzare i criteri ingegneristici più conservativi e più durevoli”.

ROSSI (ENEL): SUL NUCLEARE SERVE UNA STAFFETTA TECNOLOGICA

“L’energia nucleare a livello globale – ha spiegato Nicola Rossi, responsabile Innovazione di Enel – rappresenta più di 400 GW di potenza installata e ha avuto un’evoluzione complessiva in crescita. Stiamo parlando di 420 reattori esistenti ma quelli nuovi si stanno costruendo principalmente nelle economie in via di sviluppo. Sono 63 i reattori nuovi in fase di sviluppo, per 71 GW di energia. Le tecnologie utilizzate sono principalmente quella dell’acqua pressurizzata. I grossi impianti, soprattutto nel mondo occidentale, hanno subito delle criticità legate ad extra costi e aumenti dei tempi. Uno degli ultimi a cui abbiamo contribuito anche noi di Enel ha avuto un raddoppio dei costi e un aumento dei tempi di circa 10 volte. Si è verificato perché si è trattato di impianti prototipali, per la mancanza di una supply chain rodata a livello europeo e di disponibilità di competenze. Secondo noi queste tecnologie non sono di riferimento per il futuro. C’è però un’opportunità legata all’evoluzione della tecnologia che ci porta verso un nuovo modello di implementazione dei reattori nucleare, reattori modulari, piccoli, standardizzabili e prefabbricabili, e attraverso questo modello, si potranno se le attese verranno confermate, superare molte delle criticità di cui ha sofferto il nucleare fino ad oggi. Gli Smr sono in fase di sviluppo e saranno disponibili a partire dai primi anni 2030”.

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“Poi – ha aggiunto Rossi – abbiamo gli Advanced modular reactor in cui si cambierà il fluido vettore da acqua a metallo tecnologicamente più indietro che potranno affermarsi tecnologicamente a partire dagli anni 2040, poi abbiamo la fusione che è ancora in una fase di ricerca e sviluppo. I reattori di IV generazione consentiranno di chiudere il ciclo del combustibile. Il vantaggio degli Smr è essenzialmente il nuovo modello che non si basa più su un’economia di scala, ma un’economia di serie, quindi di capacità di realizzare componentistica standard e modulare che consenta di ridurre i costi. Fino ad arrivare a un target di 3-5 mln di euro al MW che consente di generare elettricità se mettiamo dentro il valore non solo dell’energia ma anche della flessibilità e dell’adeguatezza del sistema che consente di competere e di integrare le rinnovabili”.

“La nostra visione – ha detto ancora il responsabile Innovazione di Enel – è quella di una staffetta tecnologica nel percorso di riavvicinamento al nucleare che necessariamente deve focalizzarsi su Smr di terza generazione avanzata: esistono almeno 80 progetti a livello mondiale alcuni dei quali hanno già ricevuto l’autorizzazione, continuando a presidiare e studiare le altre tecnologie. La newco di cui si è parlato e di cui siamo stati gli attori promotori avrà proprio l’obiettivo focalizzandosi sugli Smr di valutare l’applicabilità tecnica ed economica di questa tecnologia nel contesto italiano andando a selezionare le tecnologie più interessanti e andando a farne una customizzazione sul nostro contesto”.

“Questa prima fase avrà una durata di 2-3 anni. Possiamo quindi dire che oggi il nostro Paese rappresenta un contesto strutturalmente corto, nel senso che la nostra produzione è inferiore al nostro consumo e infatti importiamo energia dall’estero, è ragionevole attendersi in futuro un aumento dei consumi di elettricità dovuti all’elettrificazione dei consumi dovuti a mobilità elettrica, data center, intelligenza artificiale. Di contro la produzione interna diminuirà perché questo sarà legato al phase out degli impianti termici che non potrà essere interamente compensato dall’ingresso di fonti rinnovabili di per sé volatili. Quindi, come strategia, vediamo nel breve termine la necessità di accelerare e continuare a investire sulle fonti rinnovabili anche attraverso un percorso che renda i processi autorizzativi più veloci e più semplici; tuttavia, in un orizzonte di medio-lungo periodo, vediamo la necessità di capacità baseload che sia in grado di consentire al sistema elettrico italiano adeguatezza e flessibilità. Oggi questo ruolo è svolto dalle centrali a gas, ma il nucleare potrà rappresentare un adeguato sostituto, evitando però le emissioni carboniche”, ha concluso Rossi.

MOTTURA (EDISON): ENTRO IL 2040 DUE SMR, MA SERVE UNA SCALA A LIVELLO UE

“Differentemente dalle grandi centrali, gli Smr, grazie alla taglia, possono essere utilizzati come repowering delle centrali esistenti. Ricordiamoci che entro il 2035 la gran parte delle centrali a gas arriverà a fine vita utile, quindi l’Italia si troverà di fronte a un bivio e possono produrre oltre all’elettricità anche calore e idrogeno. In più sono modulabili ovvero possono ridurre il carico con una certa velocità per seguire la produzione delle rinnovabili”. Lo ha detto Lorenzo Mottura, evp Strategia, Innovazione, Ricerca & Sviluppo e Digitale di Edison, che ha aggiunto: “questi reattori saranno disponibili commercialmente a partire dall’inizio degli anni 2030. Quali sono i benefici? Se immaginiamo lo scenario Pniec che individua una percentuale, un contributo degli Smr che va dall’11 al 22% al 2050 nel mix energetico, molteplici sono i benefici: il primo è quello di decarbonizzare il sistema energetico e di contribuire alla competitività di industria e cittadini. Perché questo? Perché sono programmabili e modulabili, sono il compagno perfetto per le rinnovabili che invece non sono programmabili e consentono di ridurre i costi di sistema necessari in termini di stoccaggio dell’energia e di reti di trasmissione oltre alle reti di distribuzione sul territorio, che sono necessari in uno scenario 100% rinnovabili. Quindi riducendo i costi del sistema contribuiscono a ridurre quello che è il prezzo finale dell’energia che si compone del costo di produzione ma anche di tutti gli oneri di sistema che ovviamente i clienti finali pagano. Infine, permettono di decarbonizzare il settore hard to abate”.

“Contribuiscono alla sicurezza energetica e all’indipendenza tecnologica perché consentono di ridurre significativamente la dipendenza dal gas e quindi la volatilità dei prezzi indotta dagli eventi geopolitici che caratterizzano il prezzo del gas hanno bisogno di un decimo delle materie critiche rispetto alle fonti rinnovabili a parità di energia prodotta ed è una tecnologia che è in sviluppo in Europa. E quindi come sovranità tecnologica europea questo è un elemento importante. Infine contribuiscono allo sviluppo economico e industriale del paese perché possono valorizzare le competenze nella supply chain italiana sia come know how sia come realizzazione e questo sia per l’Italia sia per l’export. Abbiamo stiamo che il contributo che si può dare in termini di Pil è pari a 50 mld di valore aggiunto dal 2035 al 2040 e 120 mila posti di lavoro tra indotto e diretti che possono essere abilitati”, ha detto Mottura.

“Gli Smr possono essere utilizzati in due modi, quello classico delle centrali nucleare: producono energia elettrica e va a beneficio a livello nazionale di industria e cittadini. A questo punto le implicazioni sul territorio sono trovare requisiti adatti per gli Smr: disponibilità di acqua, poca in realtà, sismicità, l’unica zona esclusa è a livello 1 quindi gran parte dell’Italia è utilizzabile con gli Smr, e una disponibilità di rete elettrica. Si può immaginare quindi di riutilizzare i vecchi siti nucleare. Ma la parte più interessante che li differenzia dai grandi reattori nucleari è la co-generatività resa possibile dalla sicurezza, si può immaginare di realizzare Smr che oltre a produrre energia elettrica e immetterla in reta producono i vettori di calore che possono essere utilizzati per fare la decarbonization del settore termico dei distretti industriali”, ha spiegato il manager Edison.

“Quindi collocare gli Smr nei pressi dei distretti industriali è un’opportunità di decarbonization per le industrie energivore, questo è punto importante da indirizzare con attenzione e in collaorazione con il territorio – ha proseguito Mottura -. Altro elemento importante è la minimizzazione dei rifiuti nucleari: questo è possibile grazie alla complementarità tra Smr e Amr ovvero reattori di generazione 3+ e quelli di IV generazione come quelli al piombo con un processo di fissione in grado di utilizzare il combustibile esausto delle generazioni precedenti”.

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“Per chiudere il ciclo del combustibile è necessario fare una scala a livello europeo. Se guardiamo lo scenario solo Italia e immaginiamo 15 Smr per arrivare agli obiettivi del Pniec di taglia 400 MW, mi servono 5 Amr per chiudere il ciclo del combustibile. Un rapporto 1 a 6 tra le due tecnologie: questo numero se guardo solo all’Italia rischia di non essere sufficiente per gestire quelli che sono i costi di riciclo de combustibile, ma è fattibile a livello europeo. È importante quindi pensare subito in chiave europea tutto il sistema a partire dalla scelta tecnologica”, ha affermato il manager.

Edison ha l’ambizione di realizzare due impianti Smr entro il 2040 e coerentemente con questo abbiamo fatto una serie di accordi di collaborazione con Ansaldo Energie e Nucleare per lo sviluppo del nuovo nucleare in Italia, con Federacciai per lo sviluppo di Smr che possano indirizzare anche in modalità cogenerativa ma anche per trovare dei meccanismi per poter importare nel transitorio energia nucleare dalla Francia a supporto degli energivori. Con l’enea per studiare sistemi di sicurezza passivi, con il Politecnico di Milano per sviluppi di formazione congiunta e partecipiamo alla piattaforma nazionale alla Smr alliance e al progetto di Confindustria”, ha concluso Mottura.

CAMPANELLA (ISIN): I 62 DEPOSITI TEMPORANEI SONO SICURI, MA METÀ VANNO OTTIMIZZATI

“Alla fine dell’anno 2023 abbiamo 33.000 metri cubi di rifiuti radioattivi con un incremento di circa il 9% nell’ultimo decennio dovuto perlopiù all’avanzamento del processo di decommissioning delle centrali nucleari e anche ad un aumento nell’utilizzo di tecnologie di diagnosi e cura in campo medico e di ricerca che utilizzano sostanza radioattive. Il censimento dei rifiuti radioattivi e la tracciabilità per ISIN sono garantiti dall’utilizzo di ‘STRIMS’, il sistema di tracciabilità dei rifiuti radioattivi, delle materie radioattive e delle sorgenti di radiazioni ionizzanti dell’ispettorato”. Lo ha dichiarato il direttore dell’Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione (ISIN), Francesco Campanella.

“Abbiamo poi 62 depositi temporanei – ha aggiunto Campanella –, in cui sono stoccati questi 33.000 metri cubi di rifiuti, così distribuiti: il 25% al Sud, il 32% al Centro e il 43% al Nord. Oggi tutti i 62 depositi sono tutti sicuri, grazie all’azione di monitoraggio, verifica e controllo dell’ispettorato. Circa la metà di questi depositi necessita di residuali e periodici interventi di ottimizzazione. Abbiamo poi 17 impianti nucleari nazionali civili, con varie accezioni, tra cui le 4 centrali in fase di decommissioning, così distribuiti: il 20% al Sud, il 30% Centro e il 50% al Nord. Questi sono il campione più interessante per noi dal punto di vista della sicurezza, poiché le materie radioattive in essi contenute sono di grande quantità e hanno caratteristiche fisiche che le rendono particolarmente sensibili alla gestione del rischio”.

PRESOT (WESTINGHOUSE): BENE IL RILANCIO DEL NUCLEARE IN ITALIA

“La mission di Westinghouse è aiutare il mondo ad affrontare la sfida del cambiamento climatico globale consentendo ai governi locali e alle utilities di fornire energia sicura, conveniente, pulita attraverso il nostro portfolio di tecnologie nucleare avanzate”. Lo ha detto Fabio Presot di Westinghouse electric company LLC. “Accogliamo con molto favore il recente passo del governo italiano verso questa direzione e confermiamo la nostra presenza e l’impegno a fianco dell’Italia a supporto di questo sforzo. L’Italia è un partener storico di Westinghouse fin dal 1957 anno della firma della costruzione della centrale italiana Enrico Fermi di Trino. Per noi è un emblema essendo stata la prima centrale Pwr realizzata fuori dagli Stati Uniti”, ha aggiunto Presot.

“Da sempre l’approccio di Westinghouse ruota attorno all’approccio ‘buy where we build’ perché si localizza ricorrendo all’industria e al sistema scolastico e universitario e alle strutture in loco”, ha spiegato Presot aggiungendo che “Ansaldo Nucleare è sempre stato un fornitore preferenziale di Westinghouse e ha contribuito fin dagli anni ’60 allo sviluppo degli Ap, siamo basati a Monfalcone dove si trova il sito produttivo di componenti nucleari più grandi al mondo”, “accogliamo quindi con molto piacere questo ritorno dovuto e atteso dell’Italia all’energia nucleare per contribuire alla salvaguardia del nostro pianeta con una fonte di energia sicura, conveniente e priva di carbonio. Westinghouse è trai pochissimi che può contare su una esperienza sul campo nucleare. Intendiamo supportare il programma nucleare italiano con tutte le tecnologie avanzate e il coinvolgimento dell’industria nazionale facendo leva sulla nostra passata esperienza. Riteniamo anche che si siano poste tutte le condizioni per evolvere da decommissioning a recommissioning d’ora in avanti possiamo pensare al riutilizzo dei siti nucleari esisteni a partire da quello di Trino come siti già dotati infrastrutturalmente per potenziali nuove installazioni di Smr, come Ap 300 o di grande taglia come gli Ap 1000”, ha concluso Presot.

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CIAMBRELLO (SPIN): VALORIZZARE LE REALTÀ SOPRAVVISSUTE E METTERE TUTTO A SISTEMA

“Il nucleare è una fonte energetica abbondante e sostenibile e più di tutto è tecnologica e il combustibile un prodotto industriale. In sintesi il nucleare è più tecnologia che materia prima”. Lo ha detto Massimo Ciambrello presidente della Société des professionnels italiens du nucléaire en France (SPIN), che ha aggiunto: “sono sopravvissute eccellenze notevoli, alcune nostre imprese sono fornitori di importanti progetti nazionali e internazionali, il nostro sistema di formazione universitaria ha miracolosamente mantenuto dei livelli molti anni che tutti ci invidiano”, ha proseguito Ciambrello.

Molti giovani italiani cercano opportunità all’estero e la Francia è stata privilegiata come destinazione per lo sconfinato parco naturale, per la vicinanza geografica e culturale. Il numero di specialisti dell’energia nucleare in Francia è aumentato anno dopo anno fino a formare una vera e propria comunità. Il nucleare francese insomma parla anche italiano. Se vuole ripartire con l’energia nucleare l’Italia deve valorizzare le realtà nucleare sopravvissute realizzare le infrastrutture materiali e immateriali necessarie come il presidente dell’Ain ricorda e mettere tutto a sistema, perché è questo che fa la differenza tra essere e non essere una potenza”, ha concluso.

PICCIANI (BPI FRANCE): IN FRANCIA BANDI PER PICCOLI REATTORI DI IV GENERAZIONE

“Il programma di investimenti ha diversi obiettivi il primo riguarda il nucleare, i piccoli reattori modulari con 1 mld di euro sotto forma di sovvenzioni e prestiti agevolati ed è stato ripartito in due aspetti di spesa principali, il primo verso Nuward il reattore modulare pressurizzato ad acqua sviluppato da Edf e il secondo è per bando a progetti di reattori nucleari rivolto a piccoli reattori modulari di IV generazione”. Lo ha detto Massimiliano Picciani di Bpifrance, Banca pubblica di investimenti francesi, che ha aggiunto: “il progetto Nuward ha avuto uno stop durante l’estate scorsa perché alcune scelte di progetto determinavano costi e tempistiche troppo importanti rispetto all’arrivo sul mercato previsto nel 2029-230. Il progetto è in fase di revisione ma ancora sotto il controllo di EDF”.

Sul bando “abbiamo avuto una dinamica molto importante, con diverse start up molto importanti, alla fine della prima fase ne sono state finanziate 11, di cui 9 sulla tecnologia a fissione e 2 sulla tecnologia a fusione. Di queste due sono stati sviluppati da dirigenti italiani”, ha proseguito Picciani. “Tutta la logica che sta dietro al bando è stata di appoggiarsi sull’expertise francese sul nucleare e aprire la possibilità a start up su diverse tecnologie in una logica esplorativa per fare in modo che si vada avanti anche con un apporto di capitale privato perché chiediamo alle start up di capitalizzare”, ha concluso Picciani.



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