La nuova impresa innovativa. I nuovi “requisiti triennali”

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La nuova impresa innovativa. I nuovi requisiti triennali

Continuiamo il nostro speciale “La Nuova Impresa Innovativa – Analisi e Casi del Nuovo Startup Act”, che ci accompagnerà fino a fine febbraio, per proporre una ulteriore e diversa analisi dei requisiti triennali, alla luce degli interventi del MISE che nel tempo hanno fornito chiarezza sui “vecchi” requisiti.

Preliminarmente, ricordiamo che i nuovi requisiti si applicano a tutte le startup, sia a quelle costituite dopo il 18 dicembre 2024 (data di entrata in vigore della Legge 193/2024) sia a quelle costituite da meno di 3 anni a quella data. Il regime transitorio è stato analizzato da Ezio Este nel precedente articolo

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La nuova impresa innovativa. Un quadro sintetico dei nuovi requisiti

Come ormai ampiamente chiarito, con l’attuale Startup Act la startup innovativa può rimanere iscritta alla sezione speciale per soli 3 anni; la permanenza dopo tale periodo è possibile solo con il possesso di almeno uno dei cinque requisiti alternativi, aggiunti all’articolo 25 del DL 179/2012, vale a dire:

  1. Incremento al 25 per cento della percentuale delle spese di ricerca e sviluppo;
  2. stipulazione di almeno un contratto di sperimentazione con una pubblica amministrazione ai sensi dell’articolo 158, comma 2, lettera b), del codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36
  3. incremento dei ricavi derivanti dalla gestione caratteristica dell’impresa o comunque individuati alla voce A1) del conto economico, di cui all’articolo 2425 del codice civile, o dell’occupazione, superiore al 50 per cento dal secondo al terzo anno;
  4. costituzione di una riserva patrimoniale superiore a 50.000 euro, attraverso l’ottenimento di un finanziamento convertendo o un aumento di capitale a sovrapprezzo che porti ad una partecipazione non superiore a quella di minoranza da parte di un investitore terzo professionale, di un incubatore o di un acceleratore certificato, di un investitore vigilato, di un business angel ovvero attraverso un equity crowdfunding svolto tramite piattaforma autorizzata, e incremento al 20 per cento della percentuale delle spese di ricerca e sviluppo;
  5. ottenimento di almeno un brevetto

Per quanto riguarda i numerosi dubbi sollevati da tali nuovi requisiti, ed in generale sull’insieme delle disposizioni della Legge 193/2024 si rimanda ai nostri precedenti contributi:

Come cambiano le startup e le PMI. Le agevolazioni del credito d’imposta

Come cambiano le startup e le PMI. Le agevolazioni sul capital gain

Come cambiano le startup e le PMI. Il nuovo Startup Act parte I

Come cambiano le startup e le PMI. Il nuovo Startup Act parte II

Il Regime transitorio

In questo approfondimento, con particolare riferimento ai requisiti n° 1 e 5 (vale a dire quelli necessari anche all’atto dell’iscrizione iniziale nella sezione speciale) ci interessa richiamare i precedenti chiarimenti del MISE che con ogni probabilità si applicheranno anche ai requisiti triennali.

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In primo luogo, per fare chiarezza, ribadiamo che la nuova formulazione dell’articolo 25 del DL 179/2019 elenca:

  • al comma 2, lettera h, i vecchi requisiti alternativi iniziali, che non sono stati modificati
  • al comma 2-bis, i nuovi requisiti triennali
La nuova impresa innovativa. Le Spese in R&S

L’articolo 25 comma 2 del DL 179/2012 esclude dal computo delle spese di ricerca e sviluppo quelle sostenute per l’acquisto e la locazione di beni immobili, ancorché gli stessi siano utilizzati per svolgere le attività di ricerca.

Tuttavia, lo stesso comma 2 aggiunge che “ai fini di questo provvedimento, in aggiunta a quanto previsto dai principi contabili sono altresì da annoverarsi tra le spese in ricerca e sviluppo: le spese relative allo sviluppo precompetitivo e competitivo, quali sperimentazione, prototipazione e sviluppo del business plan, le spese relative ai servizi di incubazione forniti da incubatori certificati, i costi lordi di personale interno e consulenti esterni impiegati nelle attività di ricerca e sviluppo, inclusi soci ed amministratori, le spese legali per la registrazione e protezione di proprietà intellettuale, termini e licenze d’uso”.

Sgombriamo subito un dubbio che spesso inganna i redattori dei bilanci: le spese di ricerca e sviluppo – ai fini del rispetto dei requisiti iniziali, e dunque anche per quelli triennali – sono da ricercarsi non solo tra quelle capitalizzate nel bilanci  di esercizio, ma anche tra quelle iscritte a conto economico. In sede di conferma annuale dei requisiti, queta circostanza è ormai pacificamente accettata dalle Camere di Commercio.

Il comma 2 citato prosegue con 2 disposizioni di carattere procedurale:

  • Le spese risultano dall’ultimo bilancio approvato e sono descritte in nota integrativa: infatti, nel formato CEE del bilancio di esercizio (anche nel bilancio delle c.d. microimprese) è stata aggiunta una apposita sezione destinata ad accogliere la descrizione delle spese utilizzate per il rispetto della soglia del 15%, altrimenti non rinvenibili dal bilancio medesimo.
  • In assenza di bilancio nel primo anno di vita, la loro effettuazione è assunta tramite dichiarazione sottoscritta dal legale rappresentante della start-up innovativa. Questa circostanza ovviamente può accadere solo per la startup neo iscritta, non invece nel caso dei requisiti triennali

Il fatto che le spese di R&S debbano essere dettagliate nel bilancio di esercizio, non comporta che le Camere di Commercio abbiano poteri ispettivi in merito alle medesime. Nella Circolare N. 3696/C del 14-02-2017 il MISE (ora MIMIT) ha infatti affermato che “Resta fermo che nell’ambito delle verifiche formali in carico all’Ente camerale sicuramente rientrano quelle relative al rapporto percentuale delle spese di ricerca e sviluppo a, ovviamente nei limiti della documentazione in mano alla Camera stessa (che nell’ipotesi è anche depositaria del bilancio e delle relative note e relazioni), senza tuttavia che sia condotta un’analisi ispettiva, che chiaramente non compete né è possibile alla Camera stessa”.

La nuova impresa innovativa. Il brevetto

Il brevetto è un requisito che permane nel tempo, a differenza degli altri 2 requisiti iniziali (spese di ricerca e sviluppo e dipendenti qualificati), che si modificano di anno in anno e che quindi una startup può ad esempio rispettare in un esercizio ma non in quello successivo.

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La domanda è: un brevetto conseguito nei primi 3 anni di vita della società, già “utilizzato” ai fini del rispetto dei requisiti, è idoneo a configurare anche il requisito triennale?

A nostro avviso la risposta non può che essere affermativa, altrimenti dovremmo pensare ad una startup che ritarda la domanda di brevetto in modo da poter rimanere più a lungo nella sezione speciale.

A questa conclusione conduce anche il fatto che nei requisiti di cui ai punti 3 e 4 è esplicitamente indicato che il requisito deve essere rispettato nel passaggio dal secondo al terzo anno.

Tuttavia, il nuovo requisito è più restrittivo rispetto a quello iniziale. Infatti, il comma 2 dell’articolo 25, alla lettera c (requisiti iniziali), aggiunge che oltre la società può essere titolare anche “dei diritti relativi ad un programma per elaboratore originario registrato presso il Registro pubblico speciale per i programmi per elaboratore”.

Il nuovo requisito del comma 2-bis invece è molto più stringato: “ottenimento di almeno un brevetto”.

In questo caso, non si può ritenere che il legislatore abbia preso un abbaglio; evidentemente, l’intenzione era proprio quella di limitare la permanenza nella sezione speciale al possesso del brevetto, escludendo quindi i software registrati.

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La nuova impresa innovativa. La domanda di brevetto

Ottenere un brevetto è una cosa né semplice né immediata, e può darsi il caso che il titolare dei diritti economici di sfruttamento del brevetto, li conceda a terzi. Per questo motivo la CCIAA di Asti ha chiesto al MISE alcuni chiarimenti, oggetto del Parere MISE del 29 ottobre 2015 n° 218415.

Nel richiamare precedenti chiarimenti, il ministero ha precisato che la startup può risultare titolare, licenziataria o depositaria del brevetto (art.25 comma 2 lettera h del DL 179/2012). Questo ha consentito di concludere che:

  • il requisito sarebbe soddisfatto anche nel caso in cui la start up avesse presentato domanda per la registrazione del brevetto, pur non conoscendone ancora l’esito”.
  • La startup può essere anche licenziataria del brevetto.

Con riferimento al secondo punto, è però necessaria una precisazione; ai fini del rispetto dei requisiti (iniziali e triennali?), il brevetto deve essere concesso alla startup in via esclusiva, in modo che il titolare del brevetto non possa concederlo in utilizzo a nessun altro.

Veniamo ora al caso del parere richiesto dalla CCIAA di Asti, che riguarda una startup licenziataria di un brevetto in corso di registrazione, vale a dire che accomuna entrambe le fattispecie sopra evidenziate. Il MISE risponde che “Sembra però preferibile allo scrivente, una interpretazione di natura sistematico-teleologica. La volontà complessiva del legislatore della materia è quella di promuovere l’imprenditorialità innovativa in tutte le sue forme, e consentire lo sviluppo delle migliori idee. Il legislatore consente che anche il depositario ed il licenziatario, in quanto utilizzatori dell’opera dell’ingegno (il primo in proprio, il secondo per titolo derivativo) possano accedere al regime speciale delle start-up (e delle PMI) innovative, coesistendo le altre condizioni.”

Pertanto, nonostante le 2 locuzioni “licenziataria” e “depositaria” siano separate dalla lettera “o”, il MISE accorda la registrazione alla sezione speciale anche alle startup che siano licenziatarie di una domanda di brevetto in corso di approvazione.

Da ultimo, e con lo spirito pratico che ci contraddistingue, ricordiamo che le Camere di Commercio hanno poteri, sia pure formali, di indagare i requisiti dichiarati dalle startup. In tema di brevetti o domande di registrazione, le camere di commercio accedono quindi alle banche dati in proprio possesso per verificare se il brevetto esista e/o se la domanda di registrazione sia in corso. Ove non riesca a trovare evidenze, la documentazione viene richiesta direttamente alla startup, cosa che accade anche nel caso della startup licenziataria del brevetto alla quale viene richiesto di allegare i contratto di licenza alla pratica di conferma dei requisiti.

Anche in questo caso, ovviamente, la verifica della CCIAA non potrà spingersi oltre alla verifica formale, non competendo a questo ente una valutazione in merito all’innovatività del brevetto

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Nel prossimo approfondimento continueremo ad analizzare e, volendo, a “smontare” la Legge 193/2024 evidenziandone tutti i difetti in modo (in senso positivo e costruttivo) che si possa al più presto mettere riparo con circolari operative e guide appropriate



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