Alla domanda «perché la droga è un problema di tutte le generazioni?» la giornalista risponde così: «perché il male di vivere riguarda tutte le generazioni, trasversalmente, e le sostanze in particolare, le dipendenze in generale, rispondono a chi non vuole, non può, non riesce ad affrontare le proprie sofferenze, ma sceglie di fuggire». S’intitola “Liberi dalle dipendenze – In trincea per amore, giovani e famiglie a confronto” il convegno di giovedì 6 febbraio alle 18 a ingresso libero nella sala Franzoso della biblioteca civica di Vigevano. Organizza il Comune. La relatrice è Angela Iantosca, giornalista, autrice di libri e monologhi teatrali.
CHI È
Angela Iantosca, classe 1978, laureata in Storia romana, è giornalista pubblicista. Ha collaborato con diverse testate cartacee e rubriche televisive (come “La vita in diretta”). Ha scritto diversi saggi-inchiesta sul tema della ’ndrangheta e della tossicodipendenza, ricevendo numerosi riconoscimenti. Da anni realizza progetti di prevenzione alle tossicodipendenze e alle mafie nelle scuole italiane. A settembre 2023 ha debuttato con il suo primo monologo teatrale “La Ventiduesima Donna”, un viaggio attraverso i suoi primi nove libri.
Da sempre «ha cercato di portare nel suo mestiere i temi che l’hanno interessata fin dalle prime ore della sua vita come persona: gli esseri umani, il disagio sociale, i diritti umani». «Nel 2015, come inviata di RaiUno – prosegue – sono entrata per la prima volta nella comunità di San Patrignano. Quando ho varcato quel cancello, ho provato la stessa sensazione provata quando avevo deciso di scrivere il mio primo libro: un senso di urgenza. Ho sentito come un pugno nello stomaco trovandomi di fronte a 1200 ragazzi (oggi sono 800 in percorso) ognuno dei quali con una storia diversa che aveva trovato nelle droghe la “soluzione” momentanea a quella sofferenza». «Parlerò, in questo convegno – anticipa – di ciò che mi ha portato ad occuparmi di tossicodipendenze, della situazione attuale delle droghe in Italia, di come sono cambiati i fruitori, dei pericoli, dell’importanza di comprendere le ragioni che spingono le persone a far uso di sostanze, di responsabilità (non colpe), dell’importanza del dialogo, del chiedere aiuto, dell’individuare ciò che ci rende felici, ciò che ci fa essere veramente noi stessi. Infine della prevenzione, che è fondamentale. L’ho sempre pensato, motivo per cui partecipo e organizzo progetti di prevenzione. È importante informare: solo facendo così le persone saranno libere di scegliere, nella consapevolezza della scelta. Credo che se ne dovrebbe parlare sempre di più».
Cosa spinge la gente a iniziare a drogarsi, a sottovalutare le conseguenze?
«Ci sono molte ragioni per le quali si comincia ad usare sostanze: per emulazione, solitudine, stress, dolori, perdite, fatica, indifferenza, noia, iperattività, disturbi, per paura del giudizio, per sentirsi parte di un gruppo, per sentire di contare qualcosa… Chi comincia non pensa mai di avere un problema o una difficoltà e soprattutto pensa di poterla gestire e smettere quando vuole. Sono le due frasi più sentite in questo ambiente. E spesso, neanche chi ha una carriera alle spalle di anni, pensa di avere un problema di dipendenza. Ma il punto è proprio questo: che nessuno sa quando la “scelta” iniziale poi diventa una necessità, nessuno sa cosa gli accadrà, che reazioni avrà, che effetti provocherà la sostanza sul proprio corpo oltre a non sapere – nessuno lo sa – cosa è contenuto davvero in ciò che si sta fumando, sniffando, inalando o iniettando».
Cosa possono fare le famiglie?
«Le famiglie dovrebbero dialogare di più. Non possiamo, da adulti, delegare o rimandare nel tempo le risposte. Se si vedono delle difficoltà nei figli, non si deve sottovalutare ciò che accade, non si deve tacere, non si deve far finta di niente. Si dovrebbero usare più “no” e non temere quel senso di frustrazione che portano, bisognerebbe tornare ad essere più genitori che amici. I giovani, dal canto loro, dovrebbero avere più fiducia nei grandi, non tenersi tutto dentro. A volte piccole difficoltà, se condivise, possono essere ridimensionate facilmente».
Perché lo Stato è incapace di arginare il fenomeno?
«Non basta lo Stato. Serve la prevenzione, servono le famiglie, serve la scuola, gli oratori, gli anziani e i giovani. Credo che sia necessario muoversi tutti nella stessa direzione in nome della vita, che è quella che viene intaccata con qualsiasi dipendenza. Le sostanze non sono metafora di libertà, ma perdita di sé, della coscienza, delle proprie capacità in nome dell’assenza, del bisogno di fuga. La domanda che dobbiamo porci è: perché ho bisogno di far uso di sostanze per vivere? Cosa c’è dietro? Perché ho paura? Perché non riesco ad essere me stesso? Perché non riesco a vivere ogni momento della mia vita presente a me stesso? Non è sufficiente fare le inchieste e arrestare gli spacciatori: se c’è un’utenza che cresce continuamente forse c’è la necessità di affrontare sempre più e sempre prima la questione».
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link