2025 L’INDIA DI MODI ALLA RICERCA DI UN RUOLO AUTONOMO

Effettua la tua ricerca

More results...

Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors
Filter by Categories
#finsubito

Mutuo 100% per acquisto in asta

assistenza e consulenza per acquisto immobili in asta

 


L’India si affaccia al 2025 forte di una crescita economica sostenuta e di un ruolo politico che, se non è forse ancora globale come vorrebbe, le riserva un posto da protagonista autorevole sulla scena internazionale, di cui l’Italia sembra ora decisa ad accorgersi. I rapporti fra i due paesi datano dai primi anni del movimento per l’indipendenza indiana e la sua storia industriale è ricca di molti nomi italiani, ma la nostra attenzione è stata a lungo – per così dire – altalenante. Superate alcune difficoltà, come la questione dei marò, e chiusa l’epoca dell’influenza di Sonia Gandhi (che, contrariamente a quanto molti pensavano, ha rappresentato un freno allo sviluppo di rapporti politici più stretti, con un’opposizione interna pronta ad accusare la Premier “italiana” di complicità improprie con il suo paese d’origine), l’Italia può inserirsi nell’affollato gruppo di paesi che inseguono rapporti economici privilegiati, passando dalla politica, con buone carte da giocare.

Il pericoloso nazionalismo di Narendra Modi

Prima fra tutte, l’ottimo rapporto personale fra Narendra Modi e Giorgia Meloni, un inedito nelle relazioni bilaterali. L’empatia è cresciuta attraverso la collaborazione nel G20, di cui hanno assunto a turno la presidenza, e nel G7, ma potrebbe avere radici più profonde e sulle quali puntare. Le rispettive storie politiche sono per molti versi parallele: entrambi vengono dalle fasce più estreme dei rispettivi schieramenti; entrambi hanno cercato di prenderne le distanze con una manovra graduale, senza rinunciare per questo allo hard core del loro sostegno originario; entrambi si presentano come leader capaci di mettere in ombra un pesante bagaglio intollerante e populista per assumere il ruolo di statista moderato. Rimangono interrogativi sulla reale portata di tale evoluzione, sul piano interno prima che su quello internazionale, ma questo contribuisce semmai a rafforzare il rapporto.  Se il sovranismo di Giorgia Meloni ha conosciuto molte mediazioni, il nazionalismo nintollerante di Modi ha creato serie preoccupazioni. Gli stravolgimenti costituzionali da lui evocati per rimuovere ogni traccia dell’impronta “occidentale” potrebbero mettere in dubbio l’intero impianto istituzionale e dei diritti di un paese culturalmente diversificato, multietnico e abbastanza tollerante. L’ India dell’hindutva, fondata sulla supremazia induista a danno delle altre comunità, musulmana innanzitutto ma anche cristiana, rappresenta un pericolo per l’unità del paese e potrebbe metterne seriamente in dubbio il carattere di “più grande democrazia del mondo”, cui tiene particolarmente per la sua immagine internazionale. Modi non rinnega il suo passato, ma è un politico accorto e, dopo l’inatteso ridimensionamento subito nelle ultime elezioni, ha messo molta acqua nel fuoco dell’estremismo suo e dei suoi sostenitori. 

Il pragmatismo modernizzatore del Primo Ministro, tra riforme e crescita economica

Il suo pragmatismo ha pagato nella gestione dell’economia, cui ha dato una decisa impronta modernizzatrice, rafforzata dall’immagine (invero rarissima per un politico indiano) di leader personalmente non corrotto. La legge sulle risoluzioni bancarie, la generalizzazione del micro-credito e dell’informatizzazione, lo snellimento (più tentato che risolto) di grandi gruppi statali, erano altrettante riforme sempre annunciate e mai realizzate. Rimangono i nodi strutturali di una capacità produttiva basata sui servizi assai più che sulla manifattura, nonostante gli sforzi della campagna make in India; di una manodopera abbondante e giovane, ma scarsamente qualificata; di un forte squilibrio fra aree urbane e popolazione rurale, che rappresenta ancora circa il quaranta per cento della popolazione; di una elefantiasi burocratica pubblica che frena gli investimenti stranieri. Ciò detto, nei suoi due mandati Modi ha dato un giro deciso alle prospettive economiche e all’innalzamento delle condizioni di vita del paese; non è ancora ai livelli della Cina, ma si avvicina sempre più come una destinazione imprescindibile di investimento. L’India di Modi, insomma, sembra a volte quella del passato ma non lo è: la crescita economica rimane importante e tanto le istituzioni quanto la società civile sono in grado di governare il cambiamento. Puntare su di essa – senza sottovalutare le complessità – si presenta come una scommessa necessaria e decisamente vincente. La Cina è il riferimento obbligato della politica estera dell’India. Le relazioni stanno vivendo un momento di avvicinamento: non è stato il primo, forse ce ne saranno altri, ma la competizione resta sempre lungo il crinale stretto del conflitto aperto, solo in parte mediato da un rapporto economico fortissimo e squilibrato. Tutto il resto è utile vederlo attraverso questo prisma. Un quadro geopolitico in forte evoluzione, l’indebolimento della Russia con cui l’India mantiene una relazione basata in parte sulla storia, e in parte sulla preoccupazione di evitare una deriva di Mosca verso l’orbita di Pechino, puntano in direzione di Washington e dei suoi alleati occidentali. Il Quad, la ricucitura della vecchia frattura con Giappone e Australia sul riarmo nucleare indiano, i nuovi contatti su un altro piano con l’Asean, rientrano tutti in uno schema che – è bene ricordarlo – è di sicurezza più che di condivisione di valori fondanti. La democrazia indiana è viva e vitale, ma non pronuncia scomuniche verso cadute autocratiche. 

Mutuo 100% per acquisto in asta

assistenza e consulenza per acquisto immobili in asta

 

L’ambizione autonoma dello Stato indiano 

Non ancora potenza planetaria, ma grande potenza regionale, attira molte attenzioni: come ha detto l’abile Ministro degli Esteri indiano, Shivshankar Menon, essa è aperta a collaborazioni nella promozione dei suoi interessi, ma non ad alleanze formali. Un errore di valutazione questo in cui molti, e non solo gli Usa, sono più volte incorsi dando adito a malintesi; è possibile che con Trump le cose cambino, sotto la spinta di una incontenibile minaccia cinese, ma non è detto. Come ha scritto Manjani Chatterjee Miller su Foreign Affairs, l’India intende giocare un ruolo autonomo e punta a un assetto multipolare di cui sia il riferimento di quasi la metà del mondo, per un Sud articolato e non antagonistico, ma “altro” rispetto all’Occidente. Vaste programme si potrebbe obiettare: il “nuovo Sud del mondo” è un coacervo di paesi molto diversi, con interessi spesso contrapposti; di esso fa parte anche una Cina che nutre le stesse ambizioni egemoniche. Resta da capire quale sarà lo spazio che verrà lasciato dai nuovi poli Usa e cinese. Ma chissà, per ora tutto è fluido. Quello che è sicuro è che all’Europa spetterà al massimo un ruolo di spettatore interessato.     



Source link

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Source link