(Adnkronos) – La Regione Emilia-Romagna offre ai pazienti con malattie reumatologiche servizi sanitari strutturati ma sono comunque necessari alcuni miglioramenti organizzativi per ottimizzare l’uso delle risorse e la loro distribuzione sul territorio. La Regione sta già lavorando ad iniziative innovative anche attraverso soluzioni digitali come gli agenti digitali che permettano la riduzione del tempo non a valore impiegato dai clinici in attività burocratiche e all’introduzione di strumenti (triage telefonico) per la governance della domanda perché l’aumento di efficienza dei centri non rappresenta più una soluzione alle liste di attesa. Così gli esperti reumatologi fanno il punto sull’assistenza ai pazienti garantita dalla regione. Prioritari – riferiscono in una nota – anche la riorganizzazione delle cure primarie attraverso un nuovo modello di engagement e di finanziamento coerente con obiettivi dedicati. Gli esperti puntano anche ad un potenziamento della telemedicina sulla base dell’esempio virtuoso del centro di Bologna (con le televisite si possono anche effettuare controlli sul posto di lavoro del paziente) e alla mappatura delle esigenze territoriali con la definizione di linee di indirizzo regionali per assicurare cure appropriate su tutto il territorio regionale. Fondamentali le terapie farmacologiche, caposaldo della gestione del paziente, per le quali è necessario il continuo aggiornamento delle linee di indirizzo regionali sulla base delle più recenti evidenze scientifiche e delle valutazioni farmaco-economiche che suggeriscono una differenziazione tra i farmaci. Infine, è necessario potenziare le terapie non farmacologiche come i servizi di fisioterapia, il counselling per la gestione della fragilità, il supporto psicologico e la somministrazione di terapie del dolore. Sono questi i principali punti contenuti in un documento scritto da un gruppo di esperti emiliano-romagnoli composto da clinici, farmacisti ospedalieri, rappresentanti dei pazienti, esponenti delle istituzioni sanitarie regionali ed economisti sanitari. L’iniziativa rientra nel progetto ‘RheumAware’ che, dopo una fase nazionale gestita dalla cabina di regia del progetto – si legge nella nota – intende analizzare in alcune Regioni i bisogni insoddisfatti dei pazienti e identificare possibili soluzioni concrete. L’obiettivo è migliorare l’assistenza socio-sanitaria con particolare riferimento all’artrite psoriasica e alle spondiloartriti. Sono due tra le patologie reumatologiche più invalidanti e interessano rispettivamente oltre 100mila e 40mila persone in tutta Italia generando costi indiretti, sempre a livello nazionale, pari a circa 3 miliardi di euro annui. “Dobbiamo migliorare le nostre capacità di garantire una diagnosi precoce e quindi un trattamento tempestivo con cure appropriate – afferma Massimo Reta, Direttore della Struttura complessa Medicina Interna ad Indirizzo Reumatologico presso l’Ospedale Maggiore di Bologna -. Bisogna ridurre le troppe richieste inappropriate a visite specialistiche che determinano forti ritardi, soprattutto nella presa in carico dei casi più gravi. Ad esempio solo a Bologna il 30% dei primi accessi a queste visite è legato a presunti casi di osteoporosi che presentano invece una bassa appropriatezza di sospetto diagnostico. Per arginare il problema alla base va migliorata l’integrazione dei diversi livelli di cura che per questa area terapeutica indicherei come integrazione territorio-ospedale piuttosto che ospedale-territorio visto il ruolo sempre più rilevante delle cure primarie. Indispensabile è anche la stratificazione dei pazienti per la personalizzazione della presa in carico coniugata con l’impiego mirato di strumenti digitali come la televisita e il supporto di infermieri specializzati”. “La presa in carico tempestiva dei pazienti è vantaggiosa non solo dal punto di vista clinico, ma anche in termini di corretta allocazione delle risorse e sostenibilità del sistema sanitario – sostiene Pietro Ferrara, del Centro di Studio e Ricerca sulla Sanità Pubblica, Università degli Studi di Milano-Bicocca -. La letteratura scientifica ha fatto emergere nette evidenze sui costi complessivi per la gestione nella fase pre-diagnosi che risultano superiori rispetto a quelli post-diagnosi. Questo aspetto è legato alla corretta presa in carico nel tempo e anche all’aderenza terapeutica. I pazienti che interrompono le cure, infatti, determinano un aumento significativo dei costi per la sanità regionale e quindi fondamentale favorire una corretta e costante assunzione delle terapie da parte di tutti i pazienti reumatologici”. “Per migliorare il lavoro degli specialisti bisogna invece ridurre il tempo che spendono in attività di natura burocratico-amministrativa – sottolinea Mattia Altini, Settore Assistenza Ospedaliera della Regione Emilia-Romagna -. La nostra Regione si è dimostrata molto sensibile a questo tema e stiamo già valutando l’introduzione di agenti digitali che permetterebbero ai clinici di ridurre il numero di ore dedicate ad attività non a valore. Inoltre, per un miglioramento dell’organizzazione delle cure sarebbe un importante passo avanti creare un gruppo di lavoro tecnico che elabori delle Linee Guida regionali per la reumatologia. Nella nostra Regione, questi gruppi tecnici sono uno strumento potente per indirizzare in modo ottimale le decisioni politiche”. “Per assicurare un livello appropriato di cure in tutta la Regione andrebbe attivata una mappatura del territorio per assicurare l’adattamento dei percorsi di cure alle necessità locali con la definizione di un “fabbisogno minimo territoriale” secondo il modello STOP. Anche le vaccinazioni sono un aspetto dell’assistenza che richiede una maggiore attenzione – conclude Daniele Conti, dell’Associazione Malati Reumatici Emilia-Romagna -. Spesso i pazienti non sono informati sull’importanza di sottoporsi a immunizzazioni appropriate o non sanno a chi rivolgersi. Un esempio virtuoso in Regione è quello dell’ospedale Sant’Orsola che ha messo in atto un sistema di consulenza personalizzata da parte del medico infettivologo o igienista. E’ un servizio che andrebbe replicato in altre strutture sanitarie del nostro territorio”. Il progetto “RheumAware” si avvale del contributo incondizionato della società UCB ed è organizzato e coordinato da Dephaforum. In Emilia-Romagna hanno partecipato ai lavori: Mattia Altini – Settore Assistenza ospedaliera Regione Emilia-Romagna, Elena Bravi – Azienda Usl di Piacenza, Daniele Conti – Associazione malati reumatici Emilia-Romagna, Mauro D’Antonio – Associazione nazionale persone con malattie reumatologiche e rare (Apmarr Aps), Pietro Ferrara – Centro di Studio e Ricerca sulla Sanità Pubblica, Università degli Studi di Milano Bicocca, Monza, e Laboratorio Sperimentale sulla Sanità Pubblica, Irccs Istituto Auxologico Italiano di Milano, Massimiliano Fracassi – Federfarma Emilia-Romagna, Alfonso Massara – Aou di Ferrara, Massimo Reta – Struttura complessa Medicina interna ad indirizzo reumatologico presso l’Ospedale Maggiore Bologna. —[email protected] (Web Info)
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