Omicidio Bellocco e favoreggiamento della ‘ndrangheta: chiuse le indagini per 11 persone

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MILANO La Procura di Milano ha chiuso le indagini 11 persone e 8 società, coinvolte nell’ambito dell’inchiesta “Doppia Curva” incentrata, in particolare, sulla gestione dei parcheggi dello stadio “San Siro” di Milano. Lo scorso 30 settembre il blitz aveva portato all’arresto di 19 persone, tra cui l’ex capo ultrà dell’Inter, Andrea Beretta (oggi collaboratore di giustizia) e Luca Lucci, capo ultrà della sponda rossonera. L’avviso di conclusioni indagini è arrivato per: Beretta Andrea;
Lucci Luca; Cataldo Daniele; Del Vecchio Claudio; Di Leo Antonio; Ferrario Christian; Mastrorocco Paolo; Poffe Federico; Palmeri Manfredi; Secco Massimiliano e Zaccagni Gherardo.

I pm (Paolo Storari, Sara Ombra e Leonardo Lesti) hanno chiuso le indagini, dunque, per “Berro”, l’ex capo ultrà dei nerazzurri che, da mesi, sta riempiendo decine di pagine di verbali sugli interessi del tifo organizzato sullo stadio Meazza, ma anche quello dei clan della ‘ndrangheta calabrese in un business da centinaia di migliaia di euro. Andrea Beretta è anche reo confesso dell’omicidio di Antonio Bellocco (cl. ’88) avvenuto il 4 settembre 2024 a Cernusco sul Naviglio. «Colpendo al collo, al torace e agli arti superiori con più fendenti Bellocco Antonio» scrivono i pm nella chiusura indagini – «ne cagionava la morte che interveniva a causa di lesioni vascolari cerico – toraciche (vena giugulare interna di sinistra e vena cava superiore) condizionanti un quadro di anemizzazione acuta», reato aggravato dal fatto che Beretta era sottoposto alla misura della sorveglianza speciale.

arsenale ferrario
Le bombe a mano trovate nei box

Gli inquirenti milanesi hanno chiuso il cerchio anche per Christian Ferrario, classe ’74, considerato un appartenente alla Curva Nord ed era dipendente del negozio della curva interista gestito a Pioltello da Andrea Beretta “We are Milano”. Secondo l’accusa, entrambi detenevano illegalmente e portavano in luogo pubblico un vero e proprio arsenale, composto da carabina, un fucile, una pistola, un fucile semiautomatico e uno a canne mozze, ma anche un Ak47, una mitraglietta UZI, un fucile a pompa, e decine e decine di munizioni: armi da guerra, dunque, ma anche tre bombe a mano e, inoltre, due pettorine “Polizia” e un lampeggiante. Ma non solo. Ferrario, infatti, è implicato nell’inchiesta anche perché – secondo l’accusa – i 40mila euro di cui parlano gli inquirenti, sarebbero soldi «corrisposti a Bellocco e Beretta quale corrispettivo della protezione mafiosa da loro fornita ad un imprenditore che aveva effettuato investimenti in Sardegna, osteggiati attraverso atti vandalici». All’epoca per il gip era «priva di rilievo l’argomentazione per cui, se avesse saputo della presenza delle armi, Ferrario avrebbe provato a disfarsene». Per il giudice, infatti, appariva «ben difficile pensare che potesse facilmente, e indisturbatamente, disfarsi di un simile arsenale», ed era anche «illogico pensare, anzitutto, che Beretta occultasse quello che appare essere l’unico mazzo di chiavi all’interno dell’abitazione dell’indagato e, in secondo luogo, che egli potesse consentire l’accesso alla sua Santa Barbara da parte di un soggetto estraneo alle dinamiche criminali in cui operava».

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Poffe e “Verona Fiere Spa”

Tra i nomi per i quali la Procura meneghina ha chiesto il rinvio a giudizio compare anche quello di Massimiliano Secco che «quale ispettore della Polizia di Stato in servizio presso la Questura di Milano, su richiesta di Zaccagni Gherardo» si sarebbe introdotto abusivamente nei sistemi informatici quali SDI e Ced Interforze. E poi c’è Federico Poffe, responsabile dell’ufficio logistica e servizi di “Verona fiere spa” che, secondo i pm, «al fine di affidare, turbando la relativa gara di appalto, a società facenti capo a Gherardo Zaccagni l’appalto per la gestione dei parcheggi indetta da “Verona Fiere spa”, riceva da Zaccagni e Mauro Russo la corresponsione e la promessa delle seguenti utilità come un soggiorno all’Hotel Casino Babylon sito in Klagenfurt (casa di prostituzione sita in Austria) e due biglietti per la partita Milan-Juventus del 22 ottobre 2023. Per affidare, e per aver affidato a società facenti capo a Gherardo Zaccagni (la KISS&FLY srl), «la gestione dei parcheggi presso lo stadio San Siro durante i concerti 2024, corrispondevano a Palmeri, quale membro del consiglio direttivo della “M-I Stadio s.r.l.”, società concessionaria per la gestione e Fuso dello Stadio Meazza il quadro ‘’Duomo.Milano” dell’artista cinese Liu Bolin dal valore di 11mila euro.

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Caminiti, le società e il «favoreggiamento»

Interessate dalla chiusura indagini anche diverse società: Marcona Parking Srl, Belisario Parking 2 Srl, Parcheggi Bicocca Srl, Parking delle Basiliche Srl, Montegani Parking Srls, Geparkom Srl, Brera Parking Srl e Kiss & Fly Management Srl. In questo caso, secondo i pm, il soggetto apicale Giuseppe Caminiti avrebbe posto in essere una serie di illeciti «nell’interesse e a vantaggio delle società». Fatto commesso «con colpa di organizzazione» secondo i pm in quanto le società sarebbero prive di qualsiasi presidio idoneo ad evitare la commissione di reati finalizzati ad agevolare le attività di associazioni mafiose. Caminiti, inoltre, avrebbe «contribuito al mantenimento e al rafforzamento» del sodalizio di cui faceva parte il rampollo della ‘ndrangheta, Andrea Bellocco. «Dal 2018 al 2020 avrebbe corrisposto a Beretta e Boiocchi (posti al vertice del tifo organizzato interista), una somma di denaro pari a 4.000 euro al mese da destinare, in tutto o in parte, ai bisogni della tifoseria organizzata della Curva Nord». Inoltre, dopo il 2020 e fino alla attualità, avrebbe «corrisposto a Beretta, avente un ruolo apicale nel tifo organizzato dell’Inter, parte del provento in nero derivante dalla gestione dei parcheggi gestiti dalle società di Zaccagni, finanziando così l’attività della curva Nord», secondo i pm. Caminiti, attraverso le sue società, spendendo il nome di Peppe Calabrò, a cui avrebbe corrisposto circa 1000 euro al mese, «avrebbe fornito protezione a Zaccagni che gli corrispondeva somme di denaro» per mitigare le pretese del tifo organizzato interista verso la gestione dei parcheggi intorno allo stadio San Siro, con l’aggravante di aver commesso il fatto anche per «favorire l’associazione mafiosa dei Bellocco» a cui Antonio Bellocco, arrivato a Milano grazie a Ferdico, che gli procurava alloggio e occupazione lavorativa fittizia, «riversava parte dei guadagni derivanti dalle attività illecite, anche ai fini del mantenimento in carcere dei detenuti».

luca lucci milan curva sud
Luca Lucci

Spazio, infine, per Luca Lucci (cl. ’81), capo ultrà del Milan, e Daniele Cataldo (cl. ’72). In concorso tra loro e con persone allo stato non identificate, secondo i pm avrebbero «compiuto atti idonei diretti in modo non equivoco a cagionare la morte di Enzo Anghinelli, nei confronti del quale sparavano 4 colpi di arma da fuoco, uno dei quali lo attingeva nella zona craniofacciale, mettendone in pericolo la vita. Cataldo, inoltre, avrebbe «promosso, organizzavano e partecipato ad una associazione a delinquere finalizzata a commettere i reati di lesioni, percosse, resistenza a pubblico ufficiale, estorsione, aggressioni agli steward addetti al controllo dei titoli di ingresso presso lo stadio Meazza, e omicidi». Secondo i pm, infatti, Cataldo, con il ruolo di promotore, avrebbe «coordinato l’attività degli altri sodali, distribuito i compensi derivanti dalle attività illecite che gravitavano attorno allo stadio Meazza, istigato alle attività illecite i componenti della associazione, mantenuto i rapporti con il tifo organizzato di altre squadre, ratificato le attività illecite dei suoi sodali» assumendo a tutti gli effetto il ruolo di vice di Luca Lucci, «con cui avrebbe deciso le strategie delittuose». (g.curcio@corrierecal.it)

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