- Genere: simulazione politico-militare. Ibrido american/wargame. Competitivo.
- Target: giocatori bassa-media esperienza.
- Scalabilità: 2 giocatori.
- Meccaniche principali: card-driven.
- Meccaniche secondarie: maggioranza ad area, confronto diretto, piazzamento risorse.
- Importanza storica: c’è questo film, Wargames. Lo conosciamo tutti, quello del giovane hacker Matthew Broderick che per far colpo sulla sua ragazza riesce a entrare nel sistema del supercomputer JOSHUA, che controlla le strutture di risposta nucleare americane del comando NORAD, e per poco non fa scoppiare la Terza Guerra Mondiale, annichilendo l’intero genere umano.
Per tutto il film, quel povero computer continua a chiedere al ragazzo “Ma non sarebbe meglio una bella partita a scacchi?”. Una battuta che ci riporta a un altro film, di qualche anno dopo, Caccia a Ottobre Rosso, dove l’immortale capitano di sottomarini Marko Ramius, interpretato dall’ancor più immortale Sean Connery, dice al suo equipaggio “Per decenni i vostri padri hanno giocato una grande partita a scacchi con la Marina americana. E l’hanno giocata molto bene.”.
E qualche anno dopo ancora, ecco che arriva questo gioco, con la sua bella scacchiera in copertina e una spia con classico impermeabile e cappello d’ordinanza che ci cammina sopra, a metà tra Berlino Est e Berlino Ovest, con contorno di muri e reticolati.
Perché tutto questo era la Guerra Fredda, bellezza, e pochi giochi come Twilight Struggle hanno saputo rendere così bene una sfida al tempo stesso così razionale e così obliqua, così apparentemente slegata dal confronto armato diretto e, in realtà, così terribilmente bellicosa, così evidente e così oscura… il tutto ridefinendo l’intero genere dei giochi card-driven lungo il percorso.
Perché è questo che fece Twilight Struggle: prendere le meccaniche classiche dei giochi card-driven, reinterpretarle per rendere una situazione totalmente diversa da quelle fino ad allora trattate, condirle con abbondanti dosi di ricerca storica e politica in ogni sua singola carta da parte di due studiosi del settore che sono stati i suoi creatori (Ananda Gupta e Jason Matthews), asciugare fino all’osso le meccaniche con equilibri e disequilibri studiati al millimetro, mescolare bene il tutto con l’iconografia dei decenni che vanno dalla fine della Seconda Guerra Mondiale alla caduta del Muro di Berlino e rimanere lì a godersi lo spettacolo.
Lo spettacolo di un’intera generazione di giocatori storici che si dividono tra quelli che lo considerano il gioco del millennio e quelli che “è qualcosa di diverso dal solito gioco storico” (e grazie), di un’intera generazione di game designer che lo prendono come spunto per altri titoli, identici o quanto meno chiaramente ispirati, di media tradizionali che finiscono con il parlarne perché è un gioco che fin dalla sua comparsa ha scritto in faccia “Questo è un classico ed è destinato a chiunque abbia solo un vago interesse per la storia contemporanea… e a chi non ce l’ha questo interesse, glielo farà venire.”
Oh, e anche a una delle più importanti case produttrici di giochi storici, la GMT, che grazie alle infinite ristampe e a uno scenario torneistico, per l’appunto paragonabile a quello degli scacchi, finirà con il finanziare tante altre sue produzioni totalmente diverse ma che devono, almeno in parte e finanziariamente, la loro esistenze proprio a Twilight Struggle e ai margini che ha lasciato alla sua casa produttrice per proporre tanti altri giochi tramite il suo sistema di preordini.
Già solo per questo, Twilight Struggle ha “mandato in crash” il mondo del gioco. Ma anche per tanti altri motivi. - Elementi di innovazione/twist: dunque, si fa presto a dire card-driven.
Perché in Twilight Struggle, certo, ci sono le carte. E pure qui o le usi per l’evento o per i punti operazione. Ma la svolta è che le carte si pescano da un mazzo unico ma, allo stesso tempo, sono associate all’uno o all’altro giocatore, suddivise in tre sottomazzi che danno una scansione storica di massima. Che succede, dunque, se io mi ritrovo una carta dell’avversario in mano? Che potrò giocarla per i punti operazione e piazzare le mie “influenze” sulla mappa… ma l’altro attiverà il suo evento. Questo dettaglio va a generare meccaniche indirette con ramificazioni strategiche devastanti. Come posso “seppellire” (ossia neutralizzare senza attivarle) carte con eventi a me avversi? OK, so che in questo turno scoppierà un certo conflitto o entrerà in scena un certo politico che avvantaggerà il mio rivale in una certa regione, però significa anche che io controllo quando questo accade, e quindi posso contenere la cosa. E se questo evento che sembra così favorevole a lui, si rivelasse invece più favorevole a me, qualora… eccetera, eccetera.
A questo si unisce l’altra grande meccanica: il piazzamento delle influenze, nel senso che i punti influenza americani e sovietici vengono messi su varie nazioni, suddivise in tante regioni, fino a ottenerne il controllo sulla base di soglie diverse. Le nazioni sono collegate tra di loro, e controllare quella vicina ti può aiutare a espanderti, con la classica “teoria dell’effetto Domino” che ci ha regalato cose come una marea di conflitti medio-orientali, la guerra del Vietnam e la creazione della stessa Cortina di Ferro. Nel mazzo, poi, ti ritrovi le carte scoring, ossia punteggio, che determinano quale regione fornirà punti vittoria a quel giro, sulla base della quantità della nostra presenza nelle sue nazioni, e anche quando attivarle diventa ovviamente fondamentale. Visto che ci siamo, c’è anche una carta Cina, che se viene usata da uno deve essere passata subito all’altro, che dopo potrà usarla a sua volta.
Oh, e poi si può anche parlare delle tante dimensioni diverse su cui giocare, come la Corsa allo Spazio, il segnapunti “a pendolo” che può determinare una vittoria immediata se arrivi oltre un certo punteggio, il portare l’altro a far sballare la scala DEFCON e costringerlo a far scoppiare la Terza Guerra Mondiale ottenendo una “vittoria morale” (grande soddisfazione).
E se questa lista di meccaniche vi sembra una semplice descrizione del gioco, è perché si tratta di meccaniche e dinamiche diventate ormai così tipiche nel mondo della simulazione geo-politica che noi oggi le diamo praticamente per scontate. Ma vengono, in massima parte e almeno con questa combinazione di correlazioni, tutte da questo gioco. - Longevità e alternative: prima di tutto, quanto è longevo Twilight Struggle? Non saprei, quanto sono longevi gli scacchi? Nel senso che stiamo parlando di un gioco asimmetrico a componenti predefiniti, quindi in teoria con combinazioni prevedibili. Solo che entrano in gioco fattori come lo scontro diretto per colpi di stato e riallineamenti a colpi di dado, la suddivisione dei mazzi, la varietà delle scelte possibili per spendere risorse e ottenere vantaggi e punti vittoria, la scansione delle carte scoring e l’apertura progressiva di diverse aree della mappa, la semplice intuizione delle opportunità che si presentano e di come sfruttarle… insomma, fisso sì, ma non troppo, quindi tendenzialmente rigiocabile all’infinito. Ma non del tutto, perché alcuni elementi hanno sempre le stesse relazioni, alcuni punti della mappa sono delle strettoie obbligate e alcune nazioni sono dichiaratamente più importanti da controllare, alcune aperture sono ormai codificate, alcune carte vanno giocate e/o ostacolate in un certo modo… insomma, ci sono delle strategie fisse, proprio come negli scacchi. Questo può piacere o meno (è, per quel che mi riguarda, il motivo per cui guardo questo gioco con grande rispetto, ma non è tra i miei preferiti in assoluto). La stessa GMT ha creato un’espansione apposita che rimescola le condizioni di partenza a ogni partita (il Turn Zero), ci si può mettere d’accordo prima che certe “scorciatoie” per vincere magari le lasciamo da parte, però il gioco è così, e se questo titolo ha generato tornei su tornei a livello nazionale e internazionale, con una versione digitale apprezzatissima e un’espansione del pubblico così forte, un motivo ci sarà. Anzi, tanti motivi che sicuramente porteranno Twilight Struggle a essere uno di quei titoli apprezzati anche dopo decenni, alla pari di Diplomacy o Kingmaker.
Oh, e in quanto ad alternative?
Abbiamo degli adattamenti diretti ad altre epoche (per esempio, Europe in Turmoil sulle origini del primo conflitto mondiale, con spazi da contendere che rappresentano non solo nazioni, ma anche ideologie e corpi sociali), evoluzioni esplicite del sistema (1989: Dawn of Freedom, sulla caduta delle nazioni satellite dei Sovietici nell’Est Europa), semplificazioni ben concepite nella qualità delle meccaniche (13 Days, un tesissimo “mini-Twilight Struggle” sulla Crisi dei Missili Cubani) o nella quantità di componenti (Twilight Struggle: Red Sea, sul Corno d’Africa), derivazioni con meccaniche se non identiche quanto meno analoghe (1960: The Making of a President, sulla campagna elettorale Kennedy vs. Nixon), però verrebbe da dire che un po’ tutto il settore della simulazione politico-militare, a livello strategico, è stato influenzato da questo titolo.
Commento
Twilight Struggle è un gioco che ha ampliato il pubblico dei giocatori storici, attirando anche tanti appassionati di gioco da tavolo in generale. Ha portato nel mondo ludico tante persone che non si sarebbero mai sognate di avvicinarsi e si è guadagnato il rispetto, se non l’ammirazione, anche da parte di tanti wargamer storici più tradizionalisti.
Difficile parlare di strategie o descriverne ulteriormente le dinamiche, perché qui (ancora una volta come per gli scacchi) siamo di fronte a un titolo che meriterebbe interi saggi per il suo studio e la sua analisi approfondita. Una visione della Storia al tempo stesso ben fissata e incredibilmente dinamica, un gioco fondamentalmente semplice nelle sue regole e terribilmente complesso nella sua gestione strategica, un titolo in cui l’alea c’è e si fa sentire, ma anche l’approccio e perfino la stessa tenuta psicologica dei suoi giocatori. Oh, e se volete, ci sono anche le carte speciali per noi Italiani con gli “Anni di Piombo”, o perfino una bella carta che ci riporta al film da cui siamo partiti: Wargames, ed è una delle carte potenzialmente più devastanti per un gioco sulla guerra che non è un wargame, per un gioco dedicato a una “pace” costellata da decine di conflitti locali, per un gioco in cui per vincere non devi combattere direttamente e se cominci a farlo a colpi di cannoni e di missili allora hai automaticamente perso.
Un successo totale, le cui diramazioni possiamo trovare in così tanti altri titoli… ma che alla fine ti riporterà sempre all’originale, sempre pronto a fare un nuovo giro sulla grande scacchiera globale.
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