Caso Almasri, vittima di torture denuncia il governo Opposizioni sulle barricate, Pd minaccia ostruzionismo

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Roma, 3 febbraio 2025 – “Io sono stato vittima di orrori e atrocità: il Governo italiano ha vanificato la possibilità di avere giustizia”. A dirlo è Lam Magok, testimone delle torture del comandante della polizia giudiziaria libica Osama Almasri, che presentato alla procura di Roma una denuncia per “favoreggiamento per le condotte di Nordio, Piantedosi e Meloni che hanno sottratto il torturatore libico alla giustizia”. E aggiunge: “Il silenzio del ministro Nordio stato chiaramente funzionale alla liberazione di Almasri”.

Le opposizioni chiedono un’informativa urgente della premier Giorgia Meloni. Il Pd minaccia di ammutinarsi: “Non possiamo accettare un minuto di più il silenzio in quest’aula e la mortificazione del Parlamento – ha detto la presidente dei deputati Pd Chiara Braga –. Non siamo siamo disponibili a riprendere i lavori d’aula se non ci sarà una risposta adeguata alla richiesta”

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Lam Magok Biel Ruei, vittima e testimone delle torture del generale libico Osama Almasri

Nessuna novità dal Governo sull’informativa da tenere in Parlamento sul caso Almasri. Da qui l’iniziativa comune delle opposizioni di tornare a chiedere intervenendo nell’Aula della Camera che il Governo e, nello specifico, la premier Giorgia Meloni riferisca urgentemente al Parlamento.

Alla vigilia delle conferenze dei capigruppo di Camera e Senato, convocate per domani alle 13 e alle 15 proprio sulla vicenda Almasri, le opposizioni lamentano il silenzio del Governo, nonostante le rassicurazioni offerte la scorsa settimana sul fatto che un’informativa si sarebbe svolta e che il governo avrebbe fatto sapere in tempi brevi chi e in quali modalità sarebbe intervenuto alle Camere.

E così prima M5s con il leader Giuseppe Conte, poi Pd e Avs a cui si uniscono Azione, Iv e Più Europa, tornano a incalzare l’esecutivo e a chiedere che sia la premier Giorgia Meloni in persona a svolgere l’informativa in Aula e spiegare come si sono svolti i fatti.

Non solo: le opposizioni sono pronte a mettere in atto altre iniziative che bloccano ancora i lavori della Camera se non ci saranno risposte “certe” da parte del Governo. Lo dice esplicitamente la capogruppo dem Chiara Braga: “Reiteriamo la richiesta di informativa e anticipiamo che non siamo disponibili a riprendere i lavori domani se non ci sarà una risposta adeguata dal governo”. Domani “vogliamo certezza sull’informativa“, è il fil rouge degli interventi delle opposizioni.

Intanto i deputati M5s sono iscritti in massa a parlare nella seduta fissata per la discussione del dl Cultura: 36 parlamentari (37 considerando l’intervento iniziale di Giuseppe Conte). L’argomento di cui parleranno non è quello all’ordine del giorno ma, appunto il caso Almasri. 

Il raccomnto di Lam Magok Biel Ruei. “Orrori che ho già raccontato alla Corte penale internazionale, ma il Governo italiano mi ha reso vittima una seconda volta, vanificando la possibilità di ottenere giustizia sia per tutte le persone, come me, sopravvissute alle sue violenze, sia per coloro che ha ucciso sia per coloro che continueranno a subire torture e abusi per sua mano o sotto il suo comando”, continua Lam Magok che ha depositato la querela al Governo tramite l’avvocato Francesco Romeo.

“Una possibilità che – prosegue Lam Magok – era diventata concreta grazie al mandato d’arresto della Corte penale internazionale e che l’Italia mi ha sottratto. Faccio questo nella convinzione che l’Italia si possa ancora definire uno Stato di diritto, dove la legge è uguale per tutti, senza subire sospensioni o eccezioni, e dove le persone definite pericolose a causa dei crimini commessi vengano consegnate alla giustizia e non ricondotte comodamente nel luogo dove hanno commesso e continueranno a commettere atrocità”.

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Esiste un comunicato ufficiale della Corte penale internazionale del 22 gennaio 2025 che, secondo Francesco Romeo, legale di Lam Magok, “dimostra che le autorità italiane erano state non solo opportunamente informate dell’operatività del mandato di arresto, ma anche coinvolte in una precedente attività di consultazione preventiva e coordinamento volta proprio a garantire l’adeguata ricezione della richiesta della Corte e la sua attuazione”.

“In quello stesso comunicato si riporta inoltre che le autorità italiane hanno chiesto espressamente alla Corte penale internazionale di non commentare pubblicamente l’arresto di Almasri, dimostrando, quindi, di esserne a conoscenza”, sottolinea.

“L’inerzia del ministro della Giustizia, il quale avrebbe potuto e dovuto chiedere la custodia cautelare del criminale ricercato dalla Corte penale internazionale, e il decreto di espulsione firmato dal ministro dell’Interno, con l’immediata predisposizione del volo di Stato per ricondurre il ricercato in Libia, hanno consentito ad Almasri di sottrarsi all’arresto e di ritornare impunemente nel suo Paese di origine, impedendo così la celebrazione del processo a suo carico”, si legge in una nota dell’associazione Baobab Experience.

Un “silenzio prolungato”, quello del ministro della Giustizia Nordio, “tenuto in aperta e plateale violazione” dell’art. 59 della l. 232/99 (legge di ratifica dello Statuto della Corte penale internazionale) che impone allo Stato destinatario di una richiesta di arresto della Corte di prendere ‘immediatamente’ provvedimenti per garantire l’arresto della persona di cui è stata richiesta la cattura.

Non solo. Nordio non avrebbe osservato nemmeno l’art. 2, comma 3 della l. 237/2012 (norme per l’adeguamento alle disposizioni dello Statuto istitutivo della Corte penale internazionale) che prevede che “il ministro della Giustizia nel dare seguito alle richieste di cooperazione assicura che sia rispettato il carattere riservato delle medesime e che l’esecuzione avvenga in tempi rapidi”, prosegue la nota.

“Prima ancora del rilascio del ricercato, il volo destinato a riconduro in Libia era in rotta per Torino addirittura in anticipo rispetto alla decisione di scarcerazione della Corte d’Appello. La decisione di adottare il decreto di espulsione da parte del ministro dell’Interno Piantedosi è stata condivisa con la Presidente del Consiglio, come dichiarato e rivendicato dalla stessa Giorgia Meloni in un video pubblicato su Facebook”, precisa il comunicato.

“Motivi di sicurezza dello Stato”, così Piantedosi giustifica l’allontanamento di Almasri. Un criminale, tuttavia, che “non è pericoloso in Italia, ma in Libia”. “È in Libia – dice Lam Magok – che ha commesso i crimini di guerra e contro l’umanità per i quali è ricercato dalla Corte penale internazionale e che, grazie alla condotta del governo italiano, continuerà a perpetrare a danno di donne, uomini e bambini”.

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“Ed è del resto chiaro a tutti che in Libia nessuno consegnerà il capo della Polizia giudiziaria alla giustizia. Secondo la giurisprudenza, l’espulsione prevista per motivi di sicurezza dello Stato (ex art.13 comma 1 del Testo Unico sull’immigrazione) ha quale scopo primario quello di prevenire futuri reati sul territorio italiano, di evitare che la presenza dello straniero sul territorio nazionale possa agevolare organizzazioni o attività terroristiche o, comunque, mettere in pericolo la sicurezza dello Stato”, riporta la nota.



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