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il caso
MESSINA I carabinieri di Messina hanno eseguito numerose perquisizioni personali e locali all’interno della casa circondariale di Gazzi e in locali esterni nei confronti di 21 detenuti e nove agenti della polizia penitenziaria in servizio nel carcere messinese.
Il decreto di perquisizione ha riguardato anche altre quattro persone, indagate a piede libero o agli arresti domiciliari. L’attività investigativa coordinata dalla Dda di Messina è stata svolta congiuntamente dai carabinieri e dalla polizia penitenziaria.
L’inchiesta, con 34 indagati, spiega la Procura in una nota, «riguarda un gruppo di persone che si ritiene, allo stato, essersi associate fra di loro, al fine di compiere una pluralità di comportamenti volti all’introduzione, nella medesima struttura carceraria, di telefoni cellulari e sostanze stupefacenti potendo contare sulla disponibilità di alcuni agenti della polizia penitenziaria». Le investigazioni preliminari, infatti, prosegue la Dda di Messina, «hanno consentito di ricostruire una fitta rete di comunicazioni telefoniche tra detenuti e l’ambiente esterno e una consistente attività di consumo e cessione di stupefacente tra i detenuti».
La Procura spiega che la comunicazione della notizia è legata «alla sua rilevanza pubblica e alla eco che ne potrebbe conseguire» e serve anche a «scongiurare il rischio di divulgazione di informazioni non corrette, di generalizzazioni o enfatizzazioni, in funzione del rispetto dei diritti degli indagati» e anche per rispetto di «coloro che, quotidianamente, svolgono il loro lavoro con dedizione e professionalità».
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