la prossima vittima dei dazi sarà l’Europa

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Mentre Messico, Canada e Cina devono difendersi dalla battaglia commerciale che farà male agli stessi statunitensi, l’Ue si prepara allo scenario peggiore. Preoccupata ma morbida

«Se imporrò dazi all’Unione europea? Assolutamente!». Mentre gli europei si affannano a cercare stratagemmi per disinnescare il presidente degli Stati Uniti – il lungo elenco di mosse distensive va dall’aumento del contributo alla difesa, all’acquisto di gas naturale liquefatto, passando per la deregolamentazione – intanto Donald Trump fa Donald Trump: l’accondiscendenza mostrata finora dall’Ue non lo placa, anzi. Lo convince ancor di più a puntare al massimo.

Questo sabato la Casa Bianca ha dato il via ai dazi contro Canada, Messico e Cina, noncurante degli allarmi provenienti dagli stessi osservatori statunitensi, che temono effetti controproducenti sull’inflazione oltre che danni per i consumatori americani. Ma Trump dice che le tariffs «ci renderanno più ricchi» e tira dritto.

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All’Europa ha fatto intendere che sarà il prossimo obiettivo, così a weekend iniziato un portavoce da Bruxelles ha ribadito quel che dovrebbe essere ovvio: che l’Ue è «pronta a difendere i propri interessi». Nel frattempo da noi il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, ha riferito la sua «preoccupazione».

I passi dell’Ue

Se l’Europa vuole evitare una guerra commerciale, allora deve comprare di più dagli Stati Uniti, aumentare le spese per la difesa e allentare le regole europee. A dirlo non è stato Donald Trump – o perlomeno non solo – bensì il ministro degli Esteri del governo Meloni, sovranista coi “goods” (con le merci) degli altri. Nell’intervista con il bollettino brussellese Politico, Antonio Tajani fa il ventriloquo dei desideri trumpiani.

Prima ancora che il nuovo presidente si insediasse, era chiaro a tutti che avrebbe cercato canali di interlocuzione coi singoli governi – come infatti è avvenuto invitando Giorgia Meloni all’inaugurazione – invece che con l’Ue, perché quando si tratta di negoziare l’Unione fa la forza.

Subito dopo l’insediamento di Trump, lo slovacco Maroš Šefčovič, che è ormai un veterano della Commissione europea e che da vicepresidente esecutivo ha oggi la delega proprio al Commercio, ha riferito che Bruxelles è pronta a negoziare.

Nel frattempo Ursula von der Leyen stessa, dopo una lunga fase di afonia e di dichiarazioni morbidissime verso la nuova amministrazione – con Musk che inneggiava a AfD, lei continuava a ripetere che «si è più forti insieme» – attende ora un incontro con il presidente Usa.

Quest’ultimo sostiene che l’Ue abbia «trattato gli Usa in modo terribile» ma è vero semmai il contrario: i segnali di avvicinamento da parte dell’Ue si sono moltiplicati, e vanno proprio nella direttrice che Trump (e Tajani) invoca.

Non appena il magnate ha vinto le elezioni, dal summit di Budapest von der Leyen ha offerto che l’Ue compri maggiori quantità di gas naturale liquefatto dagli Usa (in linea con quel «comprare di più dagli Usa» che dice Tajani). Poi come «messaggio al mondo» (ovvero agli Usa) ha segnalato che Bruxelles è iperattiva nel cercare di rafforzare rapporti commerciali con chiunque oltre agli Usa: appena concluso il dossier Mercosur, von der Leyen benedice l’India e apre persino alla Cina, cercando di persuadere Trump con i mezzi che ha (la competenza esclusiva della Commissione sul commercio Ue) che è meglio usare le buone maniere.

Quanto all’aumento delle spese militari, von der Leyen spinge in questa direzione già dalla fine del suo primo mandato, e questo lunedì i capi di stato e di governo europei si incontreranno appositamente a Bruxelles per discutere di come incrementare la difesa, e come finanziare l’operazione.

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Nel frattempo la premier danese ha già intrapreso un tour lampo a Parigi, Berlino e Bruxelles, nella convinzione che spingere su più difesa possa anche disinnescare le tensioni sulla Groenlandia salvando a tutti la faccia; una strategia indirettamente confermata da quanto fonti Nato hanno appena fatto filtrare all’agenzia tedesca Dpa: l’Alleanza considera di aumentare la sua presenza nell’Artico per persuadere Trump a «non insistere sulla Groenlandia».

Trump all’attacco

E poi c’è l’altro zuccherino per Trump (che potrebbe però rivelarsi un boccone amaro per gli europei): il piano di deregolamentazione, presentato dalla Commissione sotto la veste di «shock di semplificazione», all’interno della strategia sulla «competitività».

Ma il presidente non conosce buone maniere, come si è visto dalla sua scelta di indicare Andrew Puzder come ambasciatore degli Usa in Ue: antiabortista, spregiudicato con donne e lavoratori, disposto a tutto per il profitto, talmente controverso che neppure negli Usa la sua nomina a segretario al lavoro era passata nel 2017, il suo profilo è un messaggio di guerra spedito dal presidente a Bruxelles.

E dall’altra parte non c’è più Jean-Claude Juncker, che da presidente della Commissione Ue era riuscito a equilibrare i rapporti di forza e a portare Trump a uno stop alle ostilità (commerciali) nell’estate 2018. Adesso è presidente von der Leyen, abituata ad assecondare Washington più che alla linea dura: prima ancora del ritorno di Trump, Politico l’ha definita «la presidente americana».

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