la Corte europea condanna l’Italia – Ambient&Ambienti

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Con una sentenza storica la Corte europea dei diritti umani ha condannato lo Stato Italiano per non aver fatto nulla e aver taciuto di fronte agli scarichi pericolosi e alle morti

 

“La sentenza della Corte europea dei diritti umani è uno spartiacque. Da oggi niente più sarà come prima. Da oggi si parlerà di un prima e di un dopo”.

Il parroco di Caivano Don Maurizio Patriciello

Il parroco di Caivano, don Maurizio Patriciello commenta questa sentenza che, da molti anni, forse lui per primo, stava aspettando: “il mio primo, commosso, pensiero va a voi, bambini, che senza averne colpa, avete dovuto pagare un prezzo altissimo all’ingordigia e alla prepotenza di tanta gente affamata di denaro e di potere; a voi, giovanissimi genitori costretti a dire addio troppo presto alle vostre famiglie. Quante lacrime, quanta rabbia, quanta sofferenza, quante speranze, quanti funerali”. Troppo il dolore che non verrà mai colmato, tante le vite spezzate senza potere fare nulla, ma ora forse una luce in fondo a questo tunnel degli orrori si sta vedendo.

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La Corte europea dei diritti umani (Cedu) condanna l’Italia per aver messo a rischio la vita degli abitanti della Terra dei Fuochi, dove oggi vivono 2,9 milioni di persone e dove gli scarichi illeciti di rifiuti pericolosi e le morti continuano incessantemente ed inesorabilmente ad esistere. Ha dato ragione alle quarantuno istanze collettive presentate nel 2015 da più di 3.500 persone e da cinque organizzazioni con sede in Campania. Molte di queste persone hanno visto morire figli, fratelli, nipoti, si sono ammalati.

Ha riconosciuto la violazione degli articoli 2 (Diritto alla vita) e 8 (Diritto al rispetto della vita privata e familiare) della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, ma anche dell’articolo 10, che sancisce il diritto a essere correttamente informati, segnalando che le autorità italiane, a conoscenza dello scarico, dell’interramento e dell’incenerimento di rifiuti pericolosi sul loro territorio, in modo illegale, non avevano fornito loro alcuna informazione al riguardo.

Una sentenza storica. Ma non basta ancora. La Cedu ha stabilito che il governo ha due anni di tempo per sviluppare una strategia correttiva, mettere in piedi un sistema di monitoraggio che sia indipendente e una piattaforma di informazione pubblica, affrontare e arrestare il fenomeno dell’inquinamento nella “terra dei Fuochi”.

LEGGI ANCHE: Scarico abusivo di reflui industriali e gestione illecita di rifiuti, sequestrato impianto nella Terra dei Fuochi

“Terra dei fuochi” è un termine che non ha mai promesso nulla di positivo

La zona comunemente chiamata “Terra dei fuochi”

“Terra dei fuochi” è un’espressione nata negli anni 2000 per indicare una vasta area situata nell’Italia meridionale, che si estende in Campania, a cavallo tra la provincia di Caserta e l’allora provincia di Napoli, in relazione all’interramento di rifiuti tossici e rifiuti speciali, alla presenza di numerose discariche abusive sparse sul territorio, e all’innesco di numerosi roghi di rifiuti, che diffondono diossina e altri gas inquinanti nell’atmosfera. La presenza di rifiuti abusivi è correlata con un incremento significativo dell’incidenza di specifiche patologie, e della mortalità per leucemie e altri tumori, nella popolazione di tutti (anche se i risultati non sono mai stati resi noti).

L’espressione apparve per la prima volta nel 2003, quando fu usata nel Rapporto Ecomafie di quell’anno curato da Legambiente. In seguito è stata utilizzata dallo scrittore napoletano Roberto Saviano nel libro Gomorra, come titolo dell’undicesimo e ultimo capitolo.

Legambiente ha coniato il termine Ecomafia per il suo rapporto, raccogliendo le denunce che arrivavano dai circoli presenti sul territorio – “Si sono succeduti 12 governi nazionali e 5 a livello regionale senza trovare un ‘vaccino’ efficace. Chiediamo che in quei territori venga da subito attuata la sentenza” commentano Stefano Ciafani e Mariateresa Imparato rispettivamente presidente nazionale e regionale di Legambiente.

Il commento di WWF

“La sentenza della Corte Europea dei diritti dell’uomo sulla Terra dei Fuochi richiama con forza il nostro governo alle proprie responsabilità. Il diritto a vivere in un ambiente sano e a non ammalarsi deve diventare la priorità delle istituzioni, di quelle stesse istituzioni che per troppo tempo hanno colpevolmente sottovalutato una bomba ambientale innescata da illegalità e criminalità organizzata. Non ci sono più scuse per non agire nei confronti di un’emergenza ambientale di proporzioni mastodontiche: chiediamo alle istituzioni di rispettare quanto disposto dalla Corte e di avviare immeditatamente un piano straordinario di bonifica e contrasto ai crimini ambientali, con azioni concrete per tutelare la salute e l’ambiente e restituire ai cittadini di quest’area, troppo a lungo martoriata da un inquinamento criminale, un futuro più sicuro”. È questo il commento del WWF Italia alla storica sentenza, aggiungendo che “continueremo nel monitoraggio del territorio attraverso i propri volontari e a tutelare con ogni mezzo a propria disposizione il diritto alla salute e alla vita, affinché la Terra dei Fuochi si trasformi da un simbolo di abbandono e di inadempienza ad un esempio di riscatto, di impegno civico e legalità”. Bene ma occorre continuare a lottare affinché anche questa sentenza non rimanga vuota.

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Let’s do It e Libera Campania: appello alle istituzioni per una vera giustizia ambientale

Una delle tante immagini che testimoniano lo stato della terra dei fuochi (foto Vincenzo Viglione)

Il presidente di Let’s do It! Italy, Vincenzo Capasso, che ha partecipato al procedimento con un intervento di terzi presentato dal Forum di Newcastle per i Diritti Umani e la Giustizia Sociale, guidato dalla dott. ssa Raffaella D’Antonio, ha sempre sostenuto la necessità di un quadro giuridico più efficace per combattere i crimini ambientali e garantire il diritto a un ambiente sano: “La sentenza della CEDU conferma una verità che le nostre comunità denunciano da anni: l’inazione dello Stato ha permesso alla criminalità organizzata di devastare il nostro territorio, mettendo a rischio la vita di milioni di persone. Ora l’Italia non ha più alibi: ha due anni per sviluppare una strategia globale e mettere in campo azioni concrete per fermare questa emergenza” – afferma – “Le prove scientifiche hanno già dimostrato il legame tra il disastro ambientale in Campania e l’aumento dell’incidenza di malattie oncologiche e malformazioni. Ora chiediamo che il governo agisca con urgenza e trasparenza per bonificare i territori contaminati e per garantire un monitoraggio indipendente della situazione”, Let’s do It! Italy lancia, infine, un appello alle istituzioni affinché vengano finalmente adottate misure efficaci per contrastare il degrado ambientale e garantire il diritto alla salute dei cittadini della Terra dei Fuochi. “Non possiamo permettere che questa sentenza resti solo un documento: deve tradursi in azioni concrete per proteggere le nostre comunità e prevenire ulteriori danni irreversibili”, conclude Capasso.

“La condanna dell’Italia da parte della Corte europea dei diritti dell’uomo certifica quello che denunciamo da anni: l’assenza di giustizia ambientale è una ferita aperta nella Terra dei Fuochi. Per troppi anni lo Stato ha chiuso gli occhi mentre la criminalità organizzata avvelenava il nostro territorio, mettendo a rischio la salute di milioni di cittadini”, dichiara Mariano Di Palma, referente di Libera Campania, aggiungendo come “Non basta più la retorica delle bonifiche mai attuate: ora servono interventi concreti, una strategia chiara e un’assunzione di responsabilità immediata. Giustizia ambientale significa proteggere le persone prima degli interessi economici e criminali. Ogni giorno perso è una condanna per chi vive in queste terre. Come Libera Campania chiediamo un piano straordinario di bonifica, il rafforzamento degli strumenti di contrasto ai crimini ambientali e un’informazione trasparente per le comunità colpite”.

Occorre concludere con le toccanti frasi di Don Maurizio Patriciello: “Mi assumo anch’io la responsabilità del male fatto alla nostra terra alla nostra gente. Forse avrei potuto fare di più e meglio. Non è il momento, però, questo, di essere stupidamente orgogliosi o di parte, né di giocare a fare lo scaricabarile, ma di abbassare, con umiltà, la testa e chiedere perdono. A coloro che adagiammo nelle bare e a chi, in questo momento, sta lottando in un reparto di oncologia. Al nostro popolo e a quelli che verranno dopo. E promettere, davanti a Dio e agli uomini: «Mai più! Non succederà mai più». 

Non possiamo che unirci a questo dolore e a questa speranza.





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