La Bussola di Von der Leyen sulla competitività è senza bussola

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Cosa c’è e cosa non c’è nella bussola della competitività presentata da von der Leyen. L’approfondimento di Sergio Giraldo tratto dalla newsletter Out.

 

Mercoledì scorso Ursula von der Leyen, accompagnata da Stéphane Séjourné, Vicepresidente esecutivo della Commissione per la prosperità e la strategia industriale (sic), ha presentato la cosiddetta “bussola della competitività” per l’Unione europea, una sorta di piano per recuperare quella che viene considerata la grande assente dell’economia europea: la competitività. Dopo venticinque anni di deflazione salariale, Mario Draghi la scorsa primavera avvisò Berlino per interposta Bruxelles: il sistema di conquista dei mercati internazionali a base di bassi salari e compressione della domanda interna non funziona più. Si tratta del celebre discorso in cui Draghi disse questo:

Microcredito

per le aziende

 

Dopo la presentazione del rapporto sulla competitività dello stesso Draghi a settembre, ecco arrivare ora la declinazione pratica delle indicazioni dell’ex presidente italiano della BCE (e qualcosina arriva anche dal compitino che fece Enrico Letta sul mercato unico)

Nella presentazione, molti slogan, molta propaganda, ma la bussola indica sempre la direzione sbagliata: “Sul Green Deal manteniamo la rotta”, ha detto von der Leyen in conferenza stampa:

C’è lo stesso obiettivo, ma vogliamo raggiungerlo meglio e più velocemente e per questo dobbiamo ridurre la complessità. La modernizzazione, la mobilità guidata dal software, l’elettrificazione, dell’industria automobilistica sono i mercati del futuro, ma per arrivarci cerchiamo di essere meno complessi, meno complicati e più veloci.

Dunque, sempre diretti contro l’iceberg, ma meglio e, soprattutto, più velocemente.

La bussola si basa su tre linee principali. La prima è l’innovazione, per la quale la Commissione proporrà le iniziative “AI Gigafactories” e “Apply AI” per guidare lo sviluppo e l’adozione industriale dell’intelligenza artificiale in settori chiave. Ci sarà anche una strategia dedicata alle start-up e per esse verrà creato un regime giuridico europeo comune (il ventottesimo). Spazio (dicono) a tecnologie quantistiche, robotiche, spaziali e biotecnologie.

Il secondo principio cardine è la decarbonizzazione (sempre lei), ma questa volta “basata sulla competitività”. Nella pratica questo significa che la Commissione cercherà di abbassare i costi dell’energia con un Affordable Energy Action Plan (sarà molto interessante scoprirlo), mentre istituirà regimi speciali (di esenzione, si suppone) per chimica, acciaio e metalli. Un pacchetto Clean Industrial Deal promuoverà la decarbonizzazione dell’industria mentre un altro provvedimento si occuperà di snellire i processi autorizzativi.

Terzo principio, la riduzione delle dipendenze eccessive e aumento della sicurezza. Come non essere d’accordo con questo titolo. Però poi, nel concreto: saranno promosse iniziative di espansione delle partnership per il commercio e gli investimenti puliti per aiutare a garantire la fornitura di materie prime, energia pulita, carburanti per trasporti sostenibili e tecnologie pulite da tutto il mondo. Sul mercato interno, negli appalti pubblici sarà inserita la preferenza europea per settori e tecnologie critici.

Questi tre pilastri sono completati da cinque abilitatori orizzontali:

Microcredito

per le aziende

 

  1. Semplificazione: una proposta Omnibus attesa per il mese prossimo semplificherà la rendicontazione della sostenibilità, la due diligence e la tassonomia. Qui occorre sbrigarsi, perché le aziende stanno già lavorando ai bilanci 2024 per i quali servirà la rendicontazione da direttiva CSRD. L’obiettivo è di ridurre di almeno il 25% l’onere amministrativo per le aziende e di almeno il 35% per le PMI (cosa voglia dire esattamente questo si vedrà).
  2. Abbassare le barriere al Mercato unico: una strategia orizzontale per il Mercato unico modernizzerà il quadro di governance, rimuovendo le barriere intra-UE e impedendone la creazione di nuove.
  3. Finanziamento della competitività. Argomento delicatissimo: la Commissione presenterà un’Unione europea del risparmio e degli investimenti per creare nuovi prodotti di risparmio e investimento, fornire incentivi per il capitale di rischio e garantire che gli investimenti fluiscano senza problemi in tutta l’UE. Qui vale la pena notare che non si parla espressamente di unione dei capitali, ma di risparmi e investimenti. Possiamo immaginare a strumenti finanziari ad hoc studiati per attrarre l’interesse delle famiglie.
  4. Promuovere competenze e posti di lavoro di qualità. La Commissione presenterà un’iniziativa per costruire un’Unione delle competenze (titoli di studio, formazione).
  5. Un migliore coordinamento delle politiche a livello UE e nazionale. La Commissione introdurrà uno strumento di coordinamento della competitività , che collaborerà con gli Stati membri per garantire l’attuazione a livello UE e nazionale di obiettivi politici UE condivisi, identificare progetti transfrontalieri di interesse europeo e perseguire riforme e investimenti correlati.

Insomma, tante parole per dire tre cose: l’Ue non cambia, resta la nevrosi regolatoria (a meno di credere alla favola dei burocrati che semplificano), resta il Green Deal.

Resta soprattutto l’illusione tutta germanica che creando una cornice di regole la realtà cambi e si infili in quel quadro esattamente come vuole Berlino (ehm, Bruxelles). Questa è la cifra distintiva dell’Unione europea: la convinzione che se una cosa non esiste, sia sufficiente regolarne le condizioni per generarla. Questo perché l’Ue è una burocrazia, che in sé non ha altro che una idea procedurale del mondo, perché non deve fare altro che attuare l’indirizzo politico dettato da Berlino.

Dunque, la bussola dell’Ue non potrà mai indicare una direzione che assomigli ad un nord, cioè ad un reale sviluppo. Il fatto stesso che vi sia l’esigenza di creare una “bussola” è indice del fallimento dell’Unione europea.



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