Il sospetto di una lotta tra vescovi dietro il caso Cipriani

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È guerra nella Chiesa in Perú. La notizia data dal quotidiano spagnolo El País sull’esistenza di un’accusa di abusi sessuali attribuiti al cardinale Juan Luis Cipriani Thorne sta provocando un vero terremoto. Il corrispondente vaticano Iñigo Domínguez ha riferito che l’arcivescovo emerito di Lima è stato accusato di aver toccato e baciato un minorenne (all’epoca dei fatti aveva tra i 16 e i 17 anni) nel 1983. La presunta vittima, ora ultracinquantenne, ha denunciato l’episodio in una lettera scritta al Papa nel 2018 a cui è seguita l’imposizione di misure disciplinari al cardinale successivamente alla sua rinuncia al governo dell’arcidiocesi nel 2019.

Una circostanza confermata dalla Sala Stampa della Santa Sede che ha spiegato come «dopo l’accettazione della sua rinuncia da arcivescovo di Lima» a Cipriani sia stato «imposto un precetto penale con alcune misure disciplinari relative alla sua attività pubblica, al luogo di residenza e all’uso delle insegne» da lui accettato e firmato.

Il direttore della Sala Stampa Matteo Bruni ha inoltre precisato che «benché in occasioni specifiche siano stati accordati alcuni permessi per venire incontro a richieste dovute all’età e alla situazione familiare del cardinale, allo stato attuale, tale precetto risulta essere ancora in vigore».

Un chiarimento arrivato dopo che El País aveva denunciato il conferimento pubblico di una decorazione all’arcivescovo emerito da parte del sindaco di Lima, Rafael López Aliaga avvenuto il 17 gennaio.

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Da parte sua, il cardinale non ha negato l’esistenza delle sanzioni, ma ha contestato la veridicità dell’accusa. I fatti riportati da Domínguez, secondo Cipriani, «sono completamente falsi». «Non ho commesso alcun crimine né ho abusato sessualmente di nessuno, né nel 1983, né prima o dopo», si è difeso il porporato peruviano. Non solo: il primo esponente dell’Opus Dei ad entrare nel Sacro Collegio ha raccontato nel comunicato, probabilmente con una certa stizza: «nell’agosto 2018 sono stato informato che era arrivata una denuncia che non mi è stata consegnata. Successivamente, senza essere stato ascoltato, senza aver saputo di più e senza che si aprisse un processo, il 18 dicembre 2019 il Nunzio Apostolico mi ha comunicato verbalmente che la Congregazione per la Dottrina della Fede mi aveva inflitto una serie di pene limitando il mio ministero sacerdotale e chiedendo che avesse una residenza stabile fuori dal Perù. Mi è stato anche chiesto di rimanere in silenzio, cosa che ho fatto finora».

Cipriani, però, ci ha tenuto a mettere i puntini sulle “i” anche sui divieti imposti da Roma e che Bruni ha ricordato essere ancora in vigore. Il presule, infatti, ha scritto che «il 4 febbraio 2020 ho avuto un’udienza con Papa Francesco e il Santo Padre mi ha permesso di riprendere i miei compiti pastorali. Questo lo dimostra la mia vasta attività pastorale svolta in questi anni, predicazione di ritiri spirituali, amministrazione dei sacramenti, ecc. In questi anni fuori Lima ho vissuto a Roma dedicandomi ai miei compiti di cardinale membro del Dicastero per le Cause dei Santi fino al compimento degli 80 anni, quando mi sono ritirato da ogni occupazione nella curia romana e mi sono trasferito a Madrid».

Dunque, nessuna disobbedienza alla Santa Sede come lasciava intendere l’articolo di El País supportato in qualche modo dalla dichiarazione della Sala Stampa. Ma a Cipriani non è andata giù la fuga di notizie che potrebbe avere origine proprio in Vaticano. «È grave – ha scritto il porporato – che vengano pubblicate parzialmente informazioni che sembrano provenire da documenti riservati dalla Santa Sede che nemmeno io ho in mio possesso» ricordando, inoltre, come «purtroppo non è la prima volta che un cardinale viene accusato falsamente, con racconti pieni di dettagli scabrosi». Un probabile riferimento alla vicenda di cui è stato vittima il cardinale George Pell in Australia.

Lo scoop de El País però è stata anche l’occasione per un regolamento di conti interno all’episcopato peruviano. Contro Cipriani, infatti, si è schierato apertamente il suo successore a Lima, il cardinale Carlos Castillo Mattasoglio. Allievo di Gustavo Gutiérrez, Castillo fu uno dei professori allontanati dall’insegnamento della teologia nella Pontificia Università Cattolica del Perù per volere dell’allora arcivescovo Cipriani che considerava le sue posizioni non abbastanza ortodosse.

Dopo aver preso il suo posto nel 2019, Castillo ha sentito il bisogno di attaccare il predecessore una volta uscita la notizia de El Paìs e in una “Lettera al Popolo di Lima” ha scritto «dato che negli ultimi mesi, dopo indagini serie e precise, esistono persone e istituzioni che si rifiutano di riconoscere la verità dei fatti e delle decisioni prese dalla Santa Sede, invitiamo tutti a ragionare attraverso un percorso di conversione che implichi l’abbandono delle vane giustificazioni, l’incarico e il rifiuto della verità, che, quando viene umilmente accettata, ci rende tutti liberi». L’attuale arcivescovo è poi passato ad esaltare il lavoro di Francesco sulla gestione abusi, cadendo in contraddizione: è stato proprio il Papa, infatti, a permettere al suo predecessore di tornare ad esercitare le sue attività pastorali.

La presa di posizione di Castillo sembra avere tutta il sapore della vendetta, ma non è rimasta isolata perché la Conferenza episcopale peruviana ha poi sentito il bisogno di accodarsi con una dichiarazione in cui viene riconosciuta «la saggia decisione del Santo Padre di unire giustizia e misericordia, accettando che l’arcivescovo emerito di Lima lasciasse il ministero episcopale al compimento dei 75 anni e imponendogli alcune limitazioni ministeriali».

Cipriani non è rimasto in silenzio ed ha voluto replicare a questi affondi dei suoi confratelli spiegando che «in entrambi i casi la mia reazione è stata di sorpresa e dolore per l’ingiustizia con cui danno per scontati fatti non provati sul mio conto» ed ha precisato, probabilmente in risposta a Bruni che aveva evidenziato la sua accettazione delle sanzioni imposte, di aver «firmato, dichiarando nello stesso tempo per iscritto che l’accusa era assolutamente falsa» lamentando anche di non aver potuto difendersi. La reazione dell’episcopato peruviano di fronte alla grave accusa contro il suo esponente più famoso ha provocato disorientamento tra i fedeli.

La rivelazione shock è uscita su El País proprio pochi giorni dopo una difficile assemblea plenaria dei vescovi peruviani che ha visto l’elezione a sorpresa come nuovo presidente di monsignor Carlos García Camader, vescovo della “piccola” Lurín. Camader, consacrato vescovo da Cipriani e già suo ausiliare a Lima,  ha avuto la meglio proprio sul cardinale Castillo, il grande favorito della vigilia a cui è costata cara la difesa dell’opera blasfema María Maricón destinata ad essere ospitata dall’ormai “sua” Pontificia Università Cattolica del Perù. 

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La triste vicenda tira in ballo ancora una volta la credibilità della Chiesa e il rispetto delle vittime accertate di abusi commessi da membri del clero. Si vedrà se l’accusa contro Cipriani troverà riscontri e se il cardinale avrà modo – come chiede – di difendersi, ma intanto le tempistiche e le modalità dell’uscita della notizia già provocano polemiche. Le informazioni sono uscite dal Vaticano? E se sì, perché proprio ora? 




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