Cari arbitri italiani, i compensi vanno dichiarati tutti fino all’ultimo centesimo, compresi quelli percepiti all’estero per le gare internazionali. Suona più o meno così la nota ufficiale che il nuovo presidente dell’Aia Antonio Zappi ha appena inviato agli associati: un richiamo all’ordine pesante, un’interpretazione chiara per mettere fine agli equivoci e al fenomeno dei “fischietti evasori”.
Il caso è esploso in autunno quando, come rivelato dalla Repubblica, decine di direttori di gara e assistenti, dopo essere stati beccati dal Fisco a seguito di un esposto alla Finanza, sono stati costretti a ricorrere al cosiddetto ravvedimento operoso per sanare la propria posizione. Tra i coinvolti anche nomi di altissimo livello, come il designatore Gianluca Rocchi o Daniele Orsato.
Si tratta di una situazione che è andata avanti per anni (le contestazioni risalgono al periodo 2018-2022, ma è probabile sia accaduto anche prima), proliferata in un vuoto interpretativo. Il punto è questo: in Italia i gettoni sono tassati alla fonte, proprio perché si tratta di rimborsi e non di un vero e proprio compenso, dato che gli arbitri fino ad oggi non sono mai stati inquadrati come lavoratori. Perciò tutti credevano (o hanno voluto credere, era più conveniente), che lo stesso valesse anche per gli emolumenti percepiti all’estero, ad esempio per le partite Uefa e Fifa, oppure per le gare che i fischietti italiani – considerati ancora e nonostante tutto un’eccellenza – vengono chiamati talvolta ad arbitrare in giro per il mondo da federazioni minori. Così evidentemente non era, se è dovuta intervenire addirittura l’Agenzia delle Entrate contestando la mancata dichiarazione di questi redditi.
Si tratta di uno scandalo, vista la diffusione del fenomeno (parliamo di decine di tesserati) e la portata dei nomi coinvolti, che è stato permesso per anni e anche una volta scoperto sembra essere stato messo a tacere dalle istituzioni: la Procura federale col suo solito ritardo ha aperto un’inchiesta, dei cui sviluppi però ad oggi non si hanno notizie. Né altri provvedimenti sono stati presi, nonostante il codice etico sia chiaro e per un arbitro, che dovrebbe incarnare il rispetto delle regole, è davvero paradossale incappare in problemi fiscali: il campionato continua a essere diretto nell’indifferenza generale da un designatore potenzialmente a rischio deferimento.
Ma che si tratti di “un tema che impone la massima attenzione” (e forse tuttora attuale, come lasciano intendere queste parole) lo scrive proprio il nuovo numero uno dei fischietti, Antonio Zappi, che ha indirizzato a tutti gli associati una nota riservata: “Mi è necessario rammentare – si legge nel documento – che i compensi percepiti per tale attività, tanto quanto quelli relativi ad ogni altra attività internazionale Uefa, debbano ordinariamente essere tassati dagli arbitri percettori nei propri Paesi di residenza fiscale”. È la stretta finale su un fenomeno che è andato avanti troppo a lungo e su cui finalmente l’Aia si è pronunciata, facendo chiarezza una volta per tutte: d’ora in poi i fischietti non potranno più fare i furbi.
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