«Dreams on a Pillow», la Palestina com’era

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Uno degli obiettivi principali di Dreams on a Pillow è mostrare com’era la Palestina prima dell’attacco sionista del 1948», ci racconta Rasheed Abueideh durante una videochiamata. «Questa terra non è un campo di battaglia, ma un luogo meraviglioso, pieno di cultura, di storia, di bellezza». Nella sua prima intervista rilasciata a il manifesto un anno fa, Abueideh ci aveva raccontato di essere al lavoro su un progetto videoludico dedicato alla Nakba (letteralmente «disastro» o «catastrofe») del 1948.

Come a suo tempo per Liyla & the Shadows of War, da lui pubblicato nel 2016 e basato sugli eventi della Guerra di Gaza del 2014, la spinta decisiva è arrivata dalle violenze in corso in Palestina, che hanno avuto un impatto concreto anche sulla vita personale di Abueideh, che vive a Nablus, in Cisgiordania. «Il numero di colonie israeliane in questa zona aumenta di giorno in giorno», racconta. Il tragitto per arrivare fino alla sua attività – una torrefazione di noci – è diventato sempre più pericoloso. Abueideh ha così deciso di tornare a sviluppare videogiochi a tempo pieno per dedicarsi al suo progetto dedicato alla Nakba, ma trovare finanziamenti in maniera tradizionale si è rivelato impossibile. «Non è facile, per un publisher, decidere di supportare un videogioco di questo tipo», spiega. «In Dreams on a Pillow si parlerà dell’attacco sionista sulla Palestina, di genocidio, di pulizia etnica. Molte aziende hanno paura di prendere posizione».

Insieme al resto del team al lavoro sul prototipo – Rami Ismail (Project Advisor), Samer Abbas (Producer), Jules Merkle (Environmental Artist), Gada Jermy (Character Artist), Ahmad Mostafa (Game Programmer), Omar Gilani (Environmental Artist), Salwa Najim (Artist) e Islam Alaghbar (Concept Artist) – Abueideh ha deciso di tentare una strada diversa: quella del finanziamento dal basso mediante la piattaforma LaunchGood, focalizzata in maniera particolare su progetti provenienti dal mondo islamico. LaunchGood fornisce un supporto importante alle campagne di raccolta fondi che partono dal territorio palestinese, essendovi numerose problematiche burocratiche e bancarie legate allo status della zona, de facto occupata illegalmente per larga parte da Israele.

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Quando abbiamo intervistato Abueideh, la campagna di raccolta fondi per la realizzazione di Dreams on a Pillow era ancora in corso. A inizio gennaio è stato raggiunto l’obiettivo di finanziamento di 190.000 euro; a metà mese, alla conclusione della campagna, il progetto ha largamente superato la soglia di 200.000 euro. Numerosi i messaggi di supporto da parte delle oltre tremila persone che hanno supportato economicamente il progetto. C’è chi cita i versi di una poesia del poeta persiano Sa’di di Shiraz, riportati su un tappeto donato dal popolo iraniano e appeso su un muro dell’atrio del palazzo dell’ONU a New York: «Tutti gli esseri umani sono parte di un telaio,/ Poiché tutti, inizialmente, vennero dalla medesima essenza./ Quando il tempo arreca dolore a un arto/ Gli altri arti non possono rimanere in riposo./ Se non provi nulla dinanzi alla miseria altrui/ Non puoi essere definito come un essere umano». Un utente anonimo spera che Dreams on a Pillow serva a promuovere l’empatia verso il popolo palestinese: «Possa questo videogioco generare comprensione e pace per la nazione palestinese», scrive.

Nei programmi di Abueideh, per la realizzazione della versione completa di Dreams on a Pillow sarà necessaria una somma pari a circa mezzo milione di dollari. Quanto raccolto tramite LauchGood servirà a creare una parte consistente dei livelli di gioco, pianificando tutto il resto. Grazie a questa versione avanzata del videogioco, il team potrà chiedere finanziamenti addizionali, potendo partire da una base ben più solida. Il lancio di Dreams on a Pillow dovrebbe avvenire alla fine del 2026.

Si tratta di un progetto ben più ambizioso rispetto a Liyla & the Shadows of War, che pure aveva ottenuto una forte attenzione a livello internazionale. «L’idea che ha portato al progetto di Dreams on a Pillow nasce da una storia popolare palestinese», racconta Abueideh. «È basata sulla vera storia di dolore delle madri della Palestina, costrette a lasciare forzatamente le loro case nel 1948». Una storia che oggi si ripete.

Incrociando elementi provenienti dai videogiochi d’avventura e di genere stealth, il team desidera raccontare da un lato la giovinezza di Omm in Palestina negli anni Trenta del Novecento, dall’altro gli eventi della Nakba del 1948, con una particolare focus sulle aree del villaggio di Tantura e della città di Haifa. «Vogliamo smentire l’idea secondo cui nel 1948 la Palestina fosse una terra senza popolo per un popolo senza terra», spiega Abueideh. I bozzetti delle varie fasi del gioco mostrano la vivacità dei centri cittadini e la bellezza del mare cristallino, in un tripudio di colori caldi, in forte contrasto con la palette cromatica fredda scelta per rappresentare la Palestina all’epoca della Nakba.

Questo dualismo è presente anche nel gameplay. In Dreams on a Pillow si alterneranno fasi di sopravvivenza – Omm dovrà compiere un lungo viaggio dal villaggio di Tantura per fuggire in Libano – e sogni, durante i quali la protagonista ripercorrerà gli anni della sua giovinezza in Palestina. Il nome del gioco trae ispirazione dal cuscino che, nella storia popolare di Omm, la donna porta con sé in seguito all’attacco sionista sul villaggio di Tantura: a causa del trauma subito, Omm è convinta che sia il suo bimbo neonato. In determinati momenti del gioco, la protagonista dovrà posare il cuscino per risolvere enigmi ambientali e poter così proseguire, ma restare per troppo tempo lontana da esso la porterà ben presto a perdere la sua lucidità. Gestire saggiamente la relazione tra Omm e il cuscino sarà vitale per assicurare la sopravvivenza della giovane madre nel gioco. «Il cuscino è anche simbolo del sogno di serenità del popolo palestinese» afferma Abueideh. «Un popolo che vuole tornare a inseguire i suoi sogni».



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