Napoli, la polizia sgombera i lavoratori GLS in protesta contro lo sfruttamento

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A Napoli e provincia va avanti da mesi la lotta di 58 lavoratori GLS, licenziati per aver chiesto il rispetto dei propri diritti. Uno scenario distopico, che si aggiorna di settimana in settimana a suon di repressione. L’ultimo episodio, in ordine cronologico, è avvenuto mercoledì scorso, quando il picchetto al magazzino di Gianturco, quartiere industriale di Napoli, è stato sgomberato dalla polizia. Contestualmente un coordinatore provinciale del SI Cobas è stato condotto in Questura e denunciato per resistenza e violenza privata. Lo stato di agitazione va avanti, con i lavoratori sostenuti da diversi movimenti e associazioni locali, parti della rete Liberi/e di lottare – Fermiamo il DDL 1660.

Martedì sera, con l’inizio dello sciopero nazionale della filiera dei trasportatori indetto dai Cobas, riguardante i dipendenti di SDA, Bartolini e GLS, è partita anche una mobilitazione provinciale a sostegno dei 58 lavoratori licenziati. Questi ultimi, insieme a decine di solidali, hanno bloccato i principali magazzini di TEMI, a Gianturco e Frattamaggiore. La mattina seguente il picchetto nel quartiere industriale di Napoli è stato caricato e sgomberato dalla polizia. Un evento commentato, insieme al fermo del coordinatore provinciale Peppe D’Alesio, dal SI Cobas a L’Indipendente: «Il fronte delle lotte operaie della logistica è da anni, al di là dei colori dei governi nazionali, dai decreti-sicurezza di Salvini, il primo fronte dell’attacco repressivo dello Stato alla classe lavoratrice e ai movimenti sociali con una potenzialità anticapitalistica – come del resto ha riconosciuto lo stesso ministro della polizia Piantedosi. Non a caso, è stato l’unico comparto della classe proletaria a reagire anche contro la legge liberticida, da Stato di polizia, che il governo Meloni vuole varare con il DDL ex-1660».

Alla chiamata di solidarietà lanciata dai Cobas hanno risposto da tutta Italia, da Genova a Roma, passando per Piacenza, Milano, Brescia: all’alba di mercoledì i lavoratori di Bartolini hanno bloccato il magazzino di Orbassano (Torino). A San Pietro Mosezzo, in provincia di Novara, i corrieri GLS hanno incrociato le braccia per tutta la mattinata. La mobilitazione nazionale ha dunque colpito la Federazione Italiana Trasportatori (FEDIT) dove fa più male, dritto al profitto.

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La TEMI, di proprietà del gruppo Tavassi, lavora in franchising con GLS, gestendone per Napoli e provincia il servizio di trasporto e spedizione delle merci. Lo schema è quello tipico dell’imprenditoria italiana, cioè ad appalto. Proprio le aziende in appalto del gruppo Tavassi, due mesi fa, hanno licenziato 58 lavoratori. «La loro unica “colpa” – sottolinea l’ala napoletana del SI Cobas – è quella di aver denunciato pubblicamente le condizioni di sfruttamento, sotto-salario e illegalità di ogni tipo in cui erano costretti a lavorare quotidianamente». Gli ex dipendenti hanno denunciato turni spezzati massacranti, dalle 5 del mattino fino a mezzogiorno e dalle 16 alle 22, con una pausa di quattro ore, che per molti vuol dire pranzare senza rincasare a causa delle distanze. 13 ore di lavoro, per un impegno che di fatto copre i tre quarti della giornata, sei giorni su sette. Si configura un sistema da oltre 300 ore lavorative mensili, a fronte di uno stipendio di 1300 euro netti (per una paga oraria di circa 4 euro), che non rispetta il diritto basilare a un riposo giornaliero di 11 ore continuative. Parte dei licenziati lavorava inoltre stabilmente con un contratto interinale – un tipo di rapporto di lavoro attraverso cui le aziende ricevono una prestazione senza offrire un’assunzione vera e propria.

La pressione su Tavassi e sulla filiera FEDIT, arricchitasi del fronte nei magazzini di SDA e Bartolini, ha come obiettivo immediato la difesa della libertà di scioperare e il reintegro dei lavoratori licenziati, guadagnando allo stesso tempo terreno, forza e consenso per il rinnovo dei contratti di secondo livello. Questi ultimi «hanno permesso a migliaia di lavoratori in tutta Italia di ottenere il riconoscimento dei ticket, dei passaggi automatici livello in base all’anzianità, dei premi di risultato, del pagamento di indennità di disagio per i turni spezzati e così via. Gli accordo-quadro di secondo livello sono ormai scaduti e non è stata manifestata alcuna volontà da parte padronale di procedere a un loro rinnovo ed adeguamento», ha commentato l’organizzazione sindacale a L’Indipendente. Con l’approvazione del disegno di legge repressione alle porte, Napoli, territorio oppresso dal lavoro nero e dallo sfruttamento, batte un colpo per rivendicare la crucialità dello sciopero e del dissenso nella tutela dei diritti.

[di Salvatore Toscano]






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