L’Unione europea deve fare un grande passo avanti. Anche sulla difesa

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L’Europa deve agire con autonomia, rifiutando la scorciatoia semplicemente di aumentare la spesa militare dei paesi membri, ma finalmente agendo insieme con una comune strategia, aprendo una nuova stagione per un processo mai riuscito di costruzione di un modello di difesa europeo

Donald Trump vuole costruire un nuovo ordine mondiale non fondato su regole condivise e istituzioni sovrannazionali ma sulla forza. La forza delle nazioni, la forza di grandi soggetti economici e imprenditoriali.

Dalla fine della Seconda guerra mondiale, in occidente, lo scontro è stato tra idee diverse che si confrontavano “nella” democrazia. Oggi questa destra individua “la” democrazia come parte del problema e causa della paura nei confronti del futuro che attanaglia miliardi di persone.

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Del resto, per anni parlando dei giovani si è detto: questa è la prima generazione del Dopoguerra che vivrà peggio dei propri padri. La realtà è molto peggiore. Anche i padri cominciano a vivere peggio e ambizioni o diritti che si pensavano acquisiti in realtà sono in discussione.

Per questo l’impostazione di Trump e non solo di Trump, che vuole sovvertire le regole, è cosi popolare. Perché seppur fondata su un discorso distruttivo, a volte sull’odio, genera un atteggiamento individualistico: dal cambiamento, “per me” , forse qualche beneficio ci sarà. Un illusione certo, ma che è figlia della paura, per l’esplodere violento di processi di globalizzazione economica che le tutele e diritti li hanno spazzati via “de facto” lasciando miliardi di persone nell’angoscia di non riuscire a vedere nessun domani.

Antiglobalismo egoistico

Dopo il crollo del muro di Berlino è diventato più fragile un antiglobalismo solidaristico, che ambiva a cambiare il mondo in meglio, contro i blocchi contrapposti e ha preso forma un antiglobalismo egoistico, che individua nel rifugio delle nazioni, una illusoria forma di protezione.

Partendo da questa fragilità e frammentazione si è aggregata intorno a Trump, per dirla con le parole del presidente Joe Biden, «una pericolosa oligarchia di potere, tecnologie e ricchezza» che punta a sostituire la scala di valori, regole e forme della convivenza che si erano affermati in occidente dopo gli orrori della seconda guerra mondiale.

È la pratica di una forma moderna e inedita di dominio del più forte. A questo occorre reagire con orgoglio e passione.

In questo scenario torna di incredibile attualità l’Europa come possibile speranza. Quella parte di occidente che invece continua a credere nei valori del multilateralismo, della democrazia, dello stato di diritto, della libertà e della forza dell’uguaglianza. Ma l’Europa deve cambiare, radicalmente. Il processo di integrazione raggiunto che ci ha permesso di arrivare fino qui, oggi risulta drammaticamente insufficiente. Occorre un coraggioso passo in avanti verso l’Europa politica e l’apertura di percorsi di integrazione comune su molti temi: la casa, la salute, o una politica industriale europea.

Il tema della difesa

Tra questi temi si impone il tema della difesa. Sicurezza non è solo più spesa militare, ma è anche una più forte politica estera comune, un rilancio della diplomazia come strumento di dialogo e prevenzione dei conflitti, lo sviluppo degli scambi commerciali anche come strumento di condivisione e di una pacifica convivenza nel mondo tra le diversità. Ma oltre a questo Trump ha già avvertito che gli Usa non garantiranno più la copertura per le spese per la difesa e per il bilancio della Nato.

L’Europa deve agire con autonomia, rifiutando la scorciatoia semplicemente di aumentare la spesa militare dei paesi membri, ma finalmente agendo insieme con una comune strategia, aprendo una nuova stagione per un processo mai riuscito di costruzione di un modello di difesa europeo. Non solo spesa nazionale o spesa comune, ma anche un sistema che può svilupparsi dall’avvio di progetti comunitari, di strumenti nuovi per acquisti europei che portino a una armonizzazione e razionalizzazione della spesa.

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Il Fondo comune di cui si parla ha senso se ha questi obiettivi, intervenire anche su forme di difesa integrata nei settori più tecnologicamente avanzati a cominciare dai droni o in generale la difesa aerea. Dobbiamo superare la situazione nota per cui il 78 per cento degli acquisti dei paesi membri è indirizzato ad aziende fuori dalla Ue il 63 per cento degli Stati Uniti spingendo verso lo sviluppo dell’industria comune per sistemi europei di difesa.

Accanto a questo occorre dare un nuovo grande impulso al rilancio della politica dell’aerospazio europeo. Utile non solo per la difesa, ma grazie al trasferimento tecnologico, per modernizzare molti settori dell’industria europea a cominciare dall’automotive.

L’Europa dunque non può limitare il suo ruolo a quello di commentatore delle scelte del presidente Trump, deve avere la forza e il coraggio di fare un grande passo in avanti. Gli esempi non mancano accadde ai tempi dell’euro, poi l’allargamento a est in ultimo nel periodo del Covid con gli acquisti unici dei vaccini e poi l’emissione di eurobond per Next generation Eu. Oggi ci attende una nuova sfida.

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