Sull’ingresso principale della sede dell’Unrwa a Gerusalemme Est c’era ieri una bandiera israeliana, o almeno è rimasta lì qualche ora, appesa sul cancello da un militante della destra israeliana. Un modo per proclamare una presunta vittoria, quella che Israele ritiene di aver ottenuto costringendo l’agenzia dell’Onu che assiste milioni di profughi palestinesi ad abbandonare la zona Est occupata della città. Oggi due leggi votate a fine ottobre dalla Knesset entrano in vigore. Oltre a chiudere le attività dell’Unrwa a Gerusalemme, vietano agli israeliani qualsiasi contatto e cooperazione con l’agenzia. In questo modo sarà limitata fortemente l’assistenza umanitaria a 2,5 milioni di profughi palestinesi in Cisgiordania e Gaza.
Intorno al quartier generale dell’Unrwa ieri non ci sono state le temute manifestazioni dell’estrema destra israeliana. Tre mesi fa, quando le leggi furono approvate, gruppi di ultranazionalisti si radunarono intorno agli edifici dell’agenzia invocando l’evacuazione immediata e diedero fuoco a cespugli. Nella sede ieri non c’era nessuno, qualche guardia. I 25 funzionari stranieri già mercoledì hanno raggiunto Amman. Tra questi Jonathan Fowler, responsabile per la comunicazione. Assicura che l’Unrwa farà il possibile per continuare le sue attività. La preoccupazione immediata è per i profughi di Gerusalemme Est più fragili. «70mila rifugiati ammalati e bisognosi di cure perdono da un giorno all’altro l’assistenza specialistica gratuita a cui avevano accesso e non so se potranno riceverla da altre fonti», avverte. Fowler ricorda che le scuole dell’Unrwa a Gerusalemme accolgono un migliaio di palestinesi. «Non sappiamo cosa dire a questi ragazzi e ai loro genitori».
Chi garantirà servizi, istruzione e sanità ai profughi al posto dell’Unrwa è l’interrogativo che sollevano le associazioni della società civile e gli individui che hanno presentato il ricorso contro le leggi della Knesset respinto mercoledì dalla Corte suprema israeliana. Israele sostiene che il suo ministero per Gerusalemme avrebbe completato i preparativi per sostituire le Nazioni unite. Cosa di cui non pochi dubitano. I pericoli più concreti sono per l’assistenza sanitaria. I profughi con ogni probabilità dovranno entrare nel sistema sanitario israeliano e affrontare costi elevati. Ma al momento nessuno ha una risposta. Di certo c’è solo che i palestinesi di Gerusalemme negli elenchi dell’Unrwa non riceveranno più i farmaci gratuitamente.
L’Unrwa a Gerusalemme Est ha offerto la maggior parte dei suoi servizi nel campo profughi di Shuafat. Che è sotto la giurisdizione municipale, ma fisicamente è separato dalla città dopo la costruzione del Muro da parte di Israele. Di fatto il campo ora è in territorio cisgiordano, sebbene i suoi abitanti siano residenti a Gerusalemme. In totale 788 studenti palestinesi sono iscritti nei sette istituti scolastici dell’Unrwa, di cui circa 650 in tre scuole nel campo profughi. Secondo il ministero per Gerusalemme «nell’immediato» questi studenti saranno «sistemati in scuole vicine alle loro case» che però sono dall’altra parte del Muro. Cosa che li obbligherà ogni giorno a dover passare per uno dei posti di blocco israeliani più intasati e rigidi tra quelli che danno accesso a Gerusalemme. Quindi, affermano ancora le autorità israeliane, «nel medio periodo», otto mesi, sorgerà una scuola con «aule mobili» (container) all’interno del campo. Poi sarà costruito un «campus educativo». Progetti a cui i palestinesi credono poco.
Mazen Abulhadi, 49 anni, insegnante nel campo di Shufat, ha studiato grazie all’Unrwa e da adulto ha scelto di far parte del suo sistema educativo. «Per me l’Unrwa è stata come una madre», ci dice «mi ha seguito, curato, protetto. E mi ha anche dato un lavoro. Come profugo non avrei potuto ottenere di più». Per Israele, invece, l’agenzia «collabora» con Hamas a Gaza, i suoi 13.000 dipendenti palestinesi sarebbero in gran parte sostenitori del movimento islamico e, ha denunciato un anno fa, alcuni di essi hanno preso parte all’attacco del 7 ottobre 2023. Accusa che il capo dell’Unrwa, Philippe Lazzarini, ha seccamente respinto. Una serie di indagini, tra cui una guidata dall’ex ministro degli Esteri francese, Catherine Colonna, pur registrando «problemi legati alla neutralità dell’Unrwa», allo stesso tempo hanno sottolineato che Tel Aviv non ha fornito prove a sostegno della sua accusa principale.
L’impatto più grave che si teme dopo l’entrata in vigore delle leggi israeliane riguarda la consegna degli aiuti umanitari a Gaza, dove l’Unrwa è l’agenzia più grande. I suoi camion hanno bisogno del coordinamento con le autorità israeliane per entrare ed uscire dalla Striscia. Ciò non è più possibile a causa dei contatti vietati. «E in Cisgiordania non sappiamo come andrà» spiega Jonathan Fowler «nessuno ci ha detto se i nostri automezzi verranno fermati e se il nostro personale non avrà più libertà di movimento. In questo limbo a pagare saranno solo i profughi».
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