La comunicazione interna d’impresa nella sostenibilità


di Valerio Zafferani*

Giunti al termine del processo operativo di sostenibilità strategica, seguendo il percorso descritto nei precedenti undici articoli, il lavoro è tutt’altro che terminato. E, da un certo punto di vista, dedicare massima attenzione a questo step finale è fondamentale: ossia la sua comunicazione.

Oscar Farinetti, patron di Unieuro prima e Eataly poi, sostiene che il marketing lo ha inventato la gallina perché dopo aver fatto l’uovo (il prodotto) fa coccodè (lo comunica). E cosa ci sarebbe di più inefficace, dopo aver ideato e messo in pratica un processo di questo tipo, nel non comunicarlo con la corretta enfasi e coinvolgimento verso i propri pubblici di riferimento?

Iniziamo, quindi, col dividere i pubblici di riferimento in due macro aree: target interni e target esterni; in questo articolo mi dedicherò ad analizzare la comunicazione diretta ai primi. Già è stato messo in luce, in precedenti articoli, come tra i rischi che le aziende corrono nel non investire nella sostenibilità strategica ci sia la possibilità di considerare in modo marginale e non centrico le nuove generazioni, sia come dipendenti o partner dell’impresa che come clienti. Abbiamo visto come oggi soprattutto la Generazione Z, e anche in parte i Millennials, soppesano le loro decisioni, sia in termini commerciali che di occupazione lavorativa e disponibilità del proprio tempo libero, considerando il tema della sostenibilità in senso ampio.

Per questo motivo la comunicazione interna diventa cruciale. Infatti un’azienda che mette a sistema i criteri ESG per raggiungere gli SDGs ha una grande opportunità nel comunicare internamente alla sua struttura tali risultanze. Sarebbe inutile ridurre tale comunicazione ad un documento che nessuno legge, o peggio, che nessuno utilizza come “nord” per le azioni da metter in atto nell’attività lavorativa. Sembrerebbe infatti che il processo sia stato messo in atto solo per compliance normativa o, peggio, per moda. E, visti gli ultimi risultati elettorali americani, le aziende che oggi si ritirano dalla corsa, perché si focalizzano sull’andamento politico piuttosto che su una visione di lungo periodo, altro non fanno che alimentare il dubbio che la pratica “sostenibilità” non sia che pura speculazione. Un grave errore che, appunto, può essere fugato partendo dalla comunicazione interna. Ma per ottenere ciò l’azienda deve comunicare in modo coinvolgente. Cosa vuole dire?

Analizziamo il contesto: iperveloce, incerto, dov’è richiesto fare di più con meno risorse e quindi, in una sola parola, complesso. Cosa potrebbe significare la realtà aziendale in questo contesto? Sicuri debba rappresentare esclusivamente un luogo necessario al sostentamento economico? Ragioniamoci su.

Se l’impresa inizia a considerarsi come un ambiente in cui le relazioni sociali sono un punto basilare per poi sviluppare business, piuttosto che avere una visione novecentesca del tempo/lavoro, ecco che il coinvolgimento a cui accenno inizia a prender forma. È indubbio, come già sottolineato più volte, che il profitto è alla base ditale ragionamento ma è altresì vero che è cambiato l’approccio al denaro da parte dei più giovani. Non è più prospettabile come nei decenni scorsi un percorso di carriera lineare che porti le persone a crescere professionalmente in modo concomitante all’aspetto economico. Quel tipo di società non esiste più. E allora le aziende devono riflettere e rendersi operative su questi aspetti di coinvolgimento delle generazioni più giovani; perché è con loro che si genera innovazione, uscendo da quei luoghi comuni che sono oramai chiacchiere da bar, pur se rese virali da social network che facendo da cassa di risonanza sembrano rappresentare una quota voce importante.

Le aziende possono quindi tentare di ricoprire quel ruolo di corpo intermedio tra istituzioni e cittadini che negli ultimi anni è stato messo in crisi dalla disintermediazione e che, per quanto abbia degli aspetti positivi, ha lasciato un vuoto di competenza e un senso di smarrimento nelle persone a cui vengono a mancare dei punti di riferimento. L’opportunità che si prospetta per le aziende diventa quindi intrigante e la creazione di un eco-sistema che le renda sostenibili nel tempo è un obiettivo sfidante ma concreto. Ciò non è pensabile senza una comunicazione mirata a coinvolgere le persone che, a vario titolo, ruotano attorno all’impresa.

Ecco, quindi, come attività di gamification che aiutino a comprendere le dinamiche di sostenibilità risultano efficaci. Per gamification intendiamo l’utilizzo di elementi e tecniche di creazione di giochi rappresentati in ambienti non ludici. Esempi possono essere l’utilizzo dei mattoncini Lego piuttosto che attività culinarie o costruzione e cura di piccoli orti aziendali fino a giochi di ruolo rappresentati con carte o oggetti di legno e così via. L’elenco non è esaustivo e lascia molo spazio alla creatività. Coinvolgere la popolazione aziendale in attività di questo tipo stimola e genera interesse su un particolare tema fino ad influenzare positivamente il comportamento delle persone e dirigere l’azienda laddove si vuole.

Creare un codice etico, un documento di sostenibilità, un manifesto che rappresenta lo spirito aziendale e farlo coinvolgendo tutta la popolazione d’impresa è la chiave di volta per uscire dalle speculazioni e rendere l’azienda un luogo attrattivo che stimoli e generi innovazione. Come non ricordare “The Cluetrain Manifesto”, documento scritto nel 1999 e suddiviso in 95 tesi, che rappresentava un invito all’azione per tutte le imprese che operano all’interno di ciò che si proponeva di essere un nuovo mercato interconnesso, appunto internet e la digitalizzazione dei mercati. Visionario e romantico il documento scritto da Levine, Locke, Searls e Weinberger era un esempio di come le aziende avrebbero dovuto iniziare a ragionare in ottica di eco-sistema piuttosto che in regime solitario, sostenendo che il mercato è conversazione. Il documento anticipava l’idea che la conoscenza che si sarebbe sviluppata negli anni a venire avrebbe portato ad un’economia della comunicazione. Cosa che poi si è realizzata.

Comunicare internamente è quindi un arte che ogni azienda dovrebbe imparare a mettere in atto perché, fuor di retorica, le persone coinvolte e giustamente stimolate sono il fondamento di ogni successo.


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* ESG innovation manager per l’Umbria, consulente e formatore per la sostenibilità strategica, con esperienza nel settore del marketing e della comunicazione. Dopo aver operato come imprenditore nel settore dei prodotti naturali per 15 anni, ha canalizzato la sua attenzione per la sostenibilità focalizzandosi sulle politiche ESG. Nel 2021 ha debuttato come autore con il suo primo libro, ‘Quanto Basta’ (Intermedia Edizioni), che esplora la relazione con la clientela. Attualmente sta lavorando al suo secondo libro. Ha conseguito la laurea in scienze dell’amministrazione presso l’università di Siena e ha arricchito la sua formazione con tre master presso la 24 Ore Business School: gestione e strategia d’impresa, marketing e comunicazione, HR e sostenibilità. È anche l’anchorman del programma YouTube ‘Un’ora con…’, dove conduce interviste con professionisti ed imprenditori per promuovere la cultura aziendale e sociale.

Valerio Zafferani



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