Negli ultimi mesi diversi cavi sottomarini nel Mar Baltico sono stati danneggiati o distrutti, ma incidenti simili si sono verificati anche in precedenza. A ottobre 2023, un gasdotto finlandese e due cavi dati che collegano Svezia, Estonia e Finlandia sono stati danneggiati: gli investigatori finlandesi hanno affermato di aver identificato imbarcazioni operanti nell’area in cui si è verificato il danno alla conduttura e al cavo l’8 ottobre, identificandone due, una nave battente bandiera russa e una di proprietà cinese. Il danno al cavo svedese-estone, riportato nello stesso giorno, è avvenuto subito al di fuori delle acque territoriali e della Zona Economica Esclusiva (ZEE) della Svezia, e le indagini preliminari del governo di Stoccolma riportano che il danneggiamento è stato apportato “mediante forza esterna o manomissione”.
A metà novembre 2024, altri due cavi sottomarini nel Mar Baltico sono stati danneggiati, uno tra Finlandia e Germania, l’altro tra Svezia e Lituania. Anche in questa occasione, i sospetti sono stati rivolti alla Russia, che si ritiene abbia eseguito il sabotaggio con l’aiuto della nave cinese “Yi Peng 3”. All’inizio di dicembre del 2024, sono state segnalate due nuove rotture di cavi nelle connessioni internet tra Svezia e Finlandia: inizialmente si sospettava un sabotaggio, ma successivamente questa ipotesi è stata ufficialmente smentita dalla polizia finlandese. Il giorno di Natale, si è verificata una nuova rottura di cavi sottomarini. Gli occhi si sono puntati sulla petroliera “Eagle S”, battente bandiera delle Isole Cook e ritenuta appartenente alla flotta ombra russa, che potrebbe aver trascinato intenzionalmente l’ancora per decine di chilometri sul fondale marino, danneggiando i cavi tra Finlandia ed Estonia. Nei giorni successivi, le forze di difesa estoni hanno annunciato che era stata lanciata un’operazione nel Mar Baltico per proteggere il cavo sottomarino “Estlink 1”, e la NATO ha fatto sapere che la sua presenza militare nel Mar Baltico sarebbe aumentata.
Il 26 gennaio 2025, nonostante l’ampliamento dell’operazione NATO di sorveglianza dei cavi sottomarini, è stato riferito che almeno un cavo dati tra Lettonia e l’isola svedese di Gotland era stato danneggiato nella ZEE svedese.
È guerra ai cavi?
Cosa sta succedendo in quelle acque di frontiera tra blocco occidentale e Russia? Siamo davanti a una “guerra ai cavi”? Secondo il Washington Post (WP), che cita fonti non precisate dei servizi di sicurezza USA e UE, si tratterebbe di eventi accidentali e non intenzionali. Questa posizione rifletterebbe un consenso tra i servizi di sicurezza statunitensi ed europei, secondo alti funzionari di tre Paesi coinvolti nelle indagini in corso su quella serie di incidenti in cui sono state interrotte linee energetiche e di comunicazione critiche sui fondali marini. Il WP riferisce che le indagini, che hanno coinvolto gli Stati Uniti e una mezza dozzina di servizi di sicurezza europei, non hanno portato a nessuna indicazione che le navi sospettate di trascinare le ancore sui fondali marini interrompendo i cavi lo abbiano fatto intenzionalmente o su ordine di Mosca. Invece, sembra che le prove raccolte finora, tra cui comunicazioni intercettate e altre informazioni riservate, indichino si tratti di incidenti causati da equipaggi inesperti o da imbarcazioni mal tenute.
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Insomma, secondo i servizi di sicurezza alleati, non c’è stata intenzionalità e quindi nessun sabotaggio architettato dalla Russia, sebbene, sottolineano, le indagini siano ancora in corso. Eppure c’è chi non la pensa così: Eric Ciaramella, ricercatore senior del Carnegie Endowment for International Peace che in precedenza ha prestato servizio nell’intelligence statunitense occupandosi di Russia, ha affermato che “è difficile escludere una campagna russa concertata quando i servizi segreti [di Mosca] stanno cercando di assassinare dirigenti aziendali tedeschi e appiccano incendi in fabbriche in tutta Europa”.
In effetti, qualche sospetto viene anche a noi, semplicemente guardando le statistiche sui danneggiamenti ai cavi sottomarini.
Cosa dicono le statistiche
Cerchiamo quindi di fornire qualche dato, in modo da capire se davvero si tratti di casualità oppure no. Innanzitutto, dal rapporto 2024/2025 del Submarine Telecom Forum, sappiamo che la maggior parte dei danneggiamenti (36,3%) è avvenuta nella vasta regione australo-asiatica, mentre la vasta regione EMEA (Europe, Middle East, Africa) è al secondo posto (28,7%) seguita dalle americhe (20,3%). Nulla di strano: le regioni indicate sono quelle con la più alta concentrazione di cavi sottomarini, per cui la probabilità di danneggiamenti è statisticamente più alta.
Per quanto riguarda la causa dei danneggiamenti, la parte sulle telecomunicazioni sottomarine del Routledge Handbook of Ocean Resources and Management, afferma che le analisi dei registri di guasto mostrano che poco più del 70% di tutti i guasti derivano da attività umane, in particolare pesca e ancoraggio delle navi. I danni causati da fenomeni naturali come le frane sottomarine tendono a essere inferiori al 10%, ma possono essere localmente più elevati nelle regioni soggette a pericoli geologici, in particolare lungo la Cintura di Fuoco del Pacifico. I guasti derivanti da malfunzionamento dei componenti hanno una media a lungo termine del 7%, ma negli ultimi due decenni si è scesi sotto il 5, riflettendo la maggiore affidabilità dei cavi. Circa il 20% dei guasti è classificato come “sconosciuto”, ovvero non vi è alcuna prova conclusiva sulla causa del guasto, come la presenza di attrezzi da traino o solchi nel fondale marino prodotti da un’ancora trascinata.
Per quanto riguarda il numero dei cavi danneggiati, il Submarine Telecom Forum riporta che dal 2015 al 2024 si sono registrati un totale di 237 guasti noti (cioè resi pubblici dalla stampa) ai cavi in più regioni del mondo e la maggior parte di essi deriva da attività umane, come l’ancoraggio e le operazioni di pesca. Interessante notare, però, che nel rapporto se tra il 2015 e il 2023 l’andamento dei “guasti” è rimasto piuttosto costante, con oscillazioni che variano tra un minimo di 15 (2023) e un massimo di 33 (2020), nel 2024 sono stati registrati 46 casi: un picco determinato proprio dagli ultimi eventi citati a inizio della nostra trattazione.
Motivazioni che non convincono
Il Forum sottolinea come questo balzo degli “incidenti” probabilmente sia stato determinato dalla maggiore attenzione mediatica successiva al taglio dei cavi sottomarini nel Mar Rosso (marzo 2024), ma la sicurezza delle condutture sottomarine è stata al centro dei media sin dal sabotaggio ai gasdotti Nord Stream nel 2022, pertanto il picco del 2024 resta alquanto sospetto.
Del resto, il sabotaggio di cavi sottomarini è una delle principali attività ostili in quella vasta “zona grigia” dei conflitti per la facilità di messa in atto, la difficile attribuzione di intenzionalità e un rapporto costi/benefici favorevole: si possono fare danni ingenti e inabilitanti con poche risorse già presenti, come appunto arare il fondale marino con un’ancora “dimenticata” calata. Siamo quindi davvero sicuri che quanto accaduto recentemente nel Mar Baltico sia da imputare ad attività casuale dovuta a imperizia? Difficile pensarlo. Più facile pensare che questa versione sia stata formulata ad hoc data la volontà statunitense di congelare le ostilità con la Russia, quindi creando un clima politico meno teso rispetto agli ultimi anni.
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