Energia elettrica e gas, stangata in arrivo per le imprese

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Stangata sulle bollette delle imprese. Nel 2025 il costo complessivo di luce e gas graverà sul sistema imprenditoriale italiano, tenendo conto delle attuali condizioni di mercato, per ulteriori 13,7 miliardi di euro rispetto al 2024, facendo così segnare un incremento del 19,2%. La spesa totale si stima possa raggiungere, quindi, gli 85,2 miliardi di euro: 65,3 miliardi per l’energia elettrica e 19,9 miliardi per il gas. Si tratta delle previsioni pubblicate dall’ufficio studi Cgia, Associazione artigiani e piccole imprese, di Mestre, secondo cui l’impennata dei costi energetici rischia di arrecare un danno economico all’intero sistema imprenditoriale italiano, più dei possibili dazi prospettati dal governo statunitense, con il rischio di una possibile fase di stagflazione. Parliamo, cioè, di quella fase economica in cui convivono stagnazione e inflazione. A oggi, infatti, non possiamo più contare sull’ombrello di quelle misure pubbliche adottate tra settembre del 2021 e gennaio del 2023 che hanno aiutato a contenere gli aumenti delle bollette sia per le famiglie che per le imprese (un totale di 92,7 miliardi di euro, secondo TEHA Group su dati Bruegel).

Gli analisti hanno basato le proprie elaborazioni sull’ipotesi di un prezzo medio dell’energia elettrica nel 2025 fissato a 150 euro per MWh e del gas a 50 euro per MWh, mantenendo un rapporto di tre a uno tra le due tariffe, come osservato nei bienni precedenti. In particolare, per quanto concerne i consumi energetici, si fa riferimento ai dati del 2023 con l’assunzione che essi rimangano costanti nei successivi due anni. Analizzando questo ulteriore onere, stimato in quasi 14 miliardi di euro per quest’anno, risulta che quasi 9,8 miliardi (+17,6% rispetto al 2024) riguarderebbero l’energia elettrica mentre i restanti 3,9 miliardi (+24,7%) il gas.

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Rincari più elevati al Nord

Considerato che la maggioranza delle attività produttive e commerciali sono collocate nel Nord Italia, a livello regionale i rincari relativi al 2025 di luce e gas interesseranno, in particolare, le aree che presentano i consumi maggiori, ossia la Lombardia con un aggravio di 3,2 miliardi di euro; l’Emilia Romagna con +1,6 miliardi; il Veneto con +1,5 e il Piemonte con +1,2. Pertanto, sull’incremento di costo previsto per quest’anno, 8,8 miliardi di euro (pari al 64% del totale) saranno in capo alle aziende settentrionali. Dalla lettura dei dati contenuti nel rapporto si rileva che la variazione di spesa rispetto all’anno scorso interesserà maggiormente l’energia elettrica rispetto al gas. Infatti, gli imprenditori pagheranno le bollette elettriche 9,8 miliardi in più rispetto ai dodici mesi precedenti, mentre per quanto riguarda il gas il rincaro sarà pari a 3,9 miliardi. Per l’elettricità gli incrementi più significativi riguarderanno sempre il Nord Italia; in particolare la Lombardia con 2,3 miliardi aggiuntivi, il Veneto con +1 miliardo e l’Emilia Romagna con +986 milioni. Il settentrione dovrebbe farsi carico di oltre il 61% dell’incremento di costo. Per quanto concerne il gas, invece, i costi aggiuntivi interesseranno soprattutto la Lombardia con +887 milioni; l’Emilia Romagna con +660 milioni e il Veneto con +480 milioni. Dei 3,9 miliardi di rincari relativi alle bollette del gas, 2,8 miliardi (pari al 70,8% del totale) dovrebbero gravare sulle imprese del Nord.

Conto più salato per le imprese italiane rispetto alla media europea

I paventati rincari si inseriscono in un contesto in cui le aziende italiane sono già piuttosto penalizzate rispetto alle imprese che operano in altri paesi europei. Infatti, nel corso del 2024, il costo dell’energia elettrica per le imprese, in Italia, con 100 euro per megawatt/h, si è rivelato significativamente superiore rispetto agli altri principali paesi del Vecchio Continente e alla media dell’Unione Europea. A certificarlo è un paper del Centro studi di Unimpresa secondo cui il gap tra Italia ed Europa continua a permanere nonostante, lo scorso anno, i costi dell’energia abbiano mostrato un miglioramento rispetto agli anni precedenti. In particolare, dal report si rileva che rispetto alla Francia (85 euro per megawatt/h) il costo italiano è maggiore del 15%; il divario si amplia ulteriormente confrontando l’Italia con la Germania (69 euro per megawatt/h), dove la differenza è del 31%; e con la Spagna (50 euro per megawatt/h), che presenta un costo inferiore del 50%.

Anche rispetto alla media Ue (76 euro per megawatt/h) l’Italia registra un costo maggiore del 24%. Quindi, numeri alla mano, gli analisti evidenziano che si è cristallizzata una progressiva stabilizzazione dei mercati energetici e un calo dei prezzi delle materie prime. Ma se, per esempio, la Spagna si conferma come il paese con il costo più basso, evidenziando il successo della sua strategia di transizione energetica, l’Italia rimane penalizzata, con costi superiori alla media continentale.

«Il divario nel costo dell’energia elettrica tra l’Italia e i principali paesi europei rappresenta un grave svantaggio competitivo per le nostre imprese, soprattutto in un contesto economico già fragile», commenta il vicepresidente di Unimpresa, Giuseppe Spadafora. «Mentre Francia, Germania e Spagna riescono a beneficiare di costi energetici significativamente più bassi, le aziende italiane continuano a pagare il prezzo di una struttura energetica inefficiente e fortemente dipendente dalle fonti fossili. Questa situazione penalizza non solo la competitività delle nostre eccellenze industriali, ma anche le piccole e medie imprese, cuore pulsante del nostro tessuto economico. Per ridurre i costi e garantire la sicurezza energetica del Paese, è necessario un piano strategico che preveda investimenti massicci non solo nelle fonti rinnovabili, ma anche nel nucleare. L’energia nucleare di ultima generazione rappresenta una soluzione concreta per assicurare una produzione stabile, sostenibile e competitiva, in linea con gli obiettivi di transizione energetica e con le esigenze del nostro sistema produttivo. Senza un intervento strutturale e deciso, il nostro sistema produttivo corre il rischio di subire un’ulteriore emorragia di competitività a vantaggio di altri Paesi europei che, al contrario, stanno investendo con decisione in politiche energetiche lungimiranti».

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