Nonostante il dato positivo del Pil 2024, il 70% della crescita cinese sarebbe da imputare alle vendite verso l’estero, una posizione non esattamente ideale per un Paese che presto potrebbe vedersi ridurre sensibilmente l’accesso al mercato statunitense
Produzione industriale e profitti aziendali sono in rallentamento, mentre il raffreddamento della crescita dei prezzi al consumo è un chiaro indice di sfiducia e di debolezza della domanda
Preso atto della debolezza della domanda interna e delle incertezze in materia di politica estera, la Conferenza Centrale sul Lavoro Economico ha ribadito la necessità di politiche proattive che rilancino i consumi delle famiglie e gli investimenti
Sul fronte monetario, la Conferenza si è impegnata ad adottare una politica “moderatamente espansiva”, con una decisa inversione di rotta rispetto all’approccio prudente che ha mantenuto a partire dal 2011
I segnali ondivaghi che arrivano da Washington sono stati accolti con ottimismo dai funzionari cinesi, ma le aziende si preparano al peggio e già spostano le scorte nelle proprie filiali internazionali per aggirare future tariffe
A complicare il quadro è arrivato il rilascio di DeepSeek, che ha messo in dubbio la sostenibilità dei modelli di sviluppo AI dei big della Silicon Valley e potrebbe far precipitare le relazioni tra Stati Uniti e Cina, proiettando le due superpotenze in una gara tecnologica
La Cina ha inaugurato l’anno del Serpente di Legno provando a incrinare il primato tecnologico della Silicon Valley attraverso il modello di intelligenza artificiale a basso costo messo a punto dalla piccola startup DeepSeek. Nonostante abbia ampiamente dimostrato di saper produrre tecnologie all’avanguardia, però, il sistema cinese è ancora alle prese con gravi problemi strutturali e crescenti tensioni sociali, proprio mentre si avvicina il momento decisivo della sfida commerciale con gli Stati Uniti.
Secondo quanto affermato dal presidente Xi Jinping nel suo discorso di inizio anno, i dati positivi sul Pil (+5% nel 2024) sarebbero in linea con i target politici e l’economia cinese si troverebbe oggi in una fase espansiva. Dietro all’ottimismo di queste dichiarazioni, però, si nasconderebbe un quadro più complesso: secondo molti commentatori, il traguardo sarebbe stato raggiunto solo grazie al rimbalzo del Pil registrato nel mese di dicembre sull’onda della crescita delle esportazioni, per lo più trainate dallo smaltimento delle scorte industriali prima dell’introduzione dei famigerati dazi Usa. Il 70% della crescita cinese nel 2024 sarebbe quindi da imputare alle vendite verso l’estero[1], non una posizione ideale per un Paese che presto potrebbe vedersi ridurre sensibilmente l’accesso al mercato statunitense. Sul fronte della domanda interna, poi, i settori che hanno performato meglio sono stati quelli che hanno beneficiato dei sussidi governativi, i cui effetti potrebbero però esaurirsi nel breve periodo.
Alcuni indicatori chiave dell’economia cinese sembrano segnalare una dinamica recessiva ancora in atto: produzione industriale e profitti aziendali sono in rallentamento, mentre il raffreddamento della crescita dei prezzi al consumo è un chiaro indice di sfiducia e di debolezza della domanda.
A stonare con la narrazione di un’economia in crescita è soprattutto il ritmo con cui si susseguono gli annunci di iniziative di politica economica da parte del governo, tanto che alcuni critici hanno persino messo in discussione la veridicità dei dati sul Pil. Per il Dragone si prospetta un 2025 all’insegna di misure straordinarie, in continuità con le politiche espansive attuate nel 2024. Le linee guida del piano sono state definite dalla Conferenza Centrale sul Lavoro Economico, che, preso atto della debolezza della domanda interna e delle incertezze in materia di politica estera, ha ribadito la necessità di politiche proattive che rilancino i consumi delle famiglie e gli investimenti, supportando specifiche filiere. Si prevede, ad esempio, l’emissione di nuovi titoli di Stato speciali per favorire il rinnovo dei macchinari da parte delle aziende, finanziando l’acquisto di attrezzature intelligenti e “green” o la modernizzazione delle flotte di navi, camion e macchine agricole. Saranno, inoltre, intensificate le politiche di trade-in, che offrono incentivi ai consumatori per sostituire i prodotti vecchi, misure che nel 2024 si sono concentrate quasi esclusivamente su elettrodomestici ed automobili, ma che nel 2025 dovrebbero essere estese ai dispositivi elettronici e ai prodotti per la ristrutturazione e l’arredamento degli immobili.
Sul fronte monetario, la Conferenza si è impegnata ad adottare una politica “moderatamente espansiva”, come accaduto nel periodo 2008-2010 per rilanciare l’economia dopo la crisi finanziaria globale, compiendo una decisa inversione di rotta rispetto all’approccio prudente che ha invece mantenuto a partire dal 2011.
Per avere un’idea più chiara delle risorse che il governo cinese stanzierà per finanziare i sussidi, bisognerà aspettare il Congresso Nazionale del Popolo di marzo, durante il quale verranno svelati i target fiscali per l’anno corrente. Secondo le anticipazioni di Reuters[2], potrebbe essere annunciato l’aumento del disavanzo di bilancio dal 3% al 4% del Pil, che corrisponde a una capacità di spesa pubblica extra di circa 1,3 trilioni di yuan, che potrebbe arrivare a 2 trilioni considerando le emissioni di BOT fuori bilancio (circa 264 miliardi di euro).
Una riserva consistente, che allargherebbe le spalle del Dragone in vista delle tensioni commerciali con gli Usa, all’indomani della minaccia di Trump di imporre un dazio del 60% sulle importazioni dalla Cina, oltre a un dazio aggiuntivo del 10% se la Cina non dovesse riuscire a frenare le esportazioni di Fentanyl. Il semplice annuncio da parte del neopresidente Usa che queste misure potrebbero essere implementate già a partire da febbraio è bastato per far crollare la Borsa di Shanghai e indebolire lo Yuan. I segnali ondivaghi che arrivano da Washington sono stati accolti con ottimismo dai funzionari del governo cinese, ma le aziende si preparano al peggio e già spostano le scorte nelle proprie filiali internazionali per aggirare future tariffe.
A complicare il quadro è arrivato il rilascio di DeepSeek, il cui sviluppo è stato indirettamente favorito dalle restrizioni alle esportazioni di processori di ultima generazione: non potendo contare sui costosi macchinari utilizzati da Google, Meta e OpenAI, i ricercatori di DeepSeek hanno sviluppato un modello più efficiente e low cost, che ha messo in dubbio la sostenibilità dei modelli di sviluppo AI dei big della Silicon Valley. La vicenda dimostra quanto sia difficile imbrigliare il commercio globale e potrebbe far precipitare le relazioni tra Stati Uniti e Cina, proiettando le due superpotenze in una gara tecnologica che rischia di inasprirsi sull’onda delle voci che accusano DeepSeek di essersi impossessata dei modelli di OpenAI per sviluppare la propria tecnologia.
Nel frattempo, la Cina è alle prese con tensioni sociali crescenti e atti di violenza che sono indicatori febbricitanti di un disagio sempre più diffuso. Il Partito ha espresso preoccupazione per il dilagare di questi fenomeni e lo stesso Xi Jinping è intervenuto sul tema, chiedendo ai governi locali misure straordinarie per impedire il proliferare di questi eventi e per intensificare i controlli su istituzioni sociali e luoghi di lavoro.
Di fronte a queste sfide interne ed esterne, il 2025 sarà un anno decisivo per la Cina, ma siamo convinti che il Paese abbia tutte le carte in regola per riscrivere il proprio futuro, consolidando il suo ruolo di guida dell’economia globale.
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