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Grazie al digitale sarà possibile ridurre del 53% le emissioni complessive nello scenario europeo di neutralità carbonica al 2050, attraverso impatti diretti (18%) e indiretti (35%), considerando anche le azioni strategiche rese disponibili dall’AI. Le applicazioni dell’intelligenza artificiale si estendono all’intera filiera del settore energetico, dalla produzione al trasporto e alla distribuzione, fino al consumo finale.
Alcune di queste sono strettamente connesse alla transizione, mentre altre, pur offrendo notevoli opportunità di supporto alla decarbonizzazione, trovano impiego in ambiti differenti, come la manutenzione predittiva, che può essere applicata anche in contesti tradizionali come la gestione delle centrali termoelettriche. È questo uno dei temi al centro del Digitalization & Decarbonization Report 2024 redatto dall’Energy&Strategy della School of Management del politecnico di Milano, presentato il 30 gennaio a Milano.
Azioni strategiche basate sull’intelligenza artificiale
In particolare, sarà l’intelligenza artificiale a giocare un ruolo da protagonista, soprattutto perché “rappresenta uno strumento essenziale per affrontare le sfide legate all’intermittenza delle energie da fonti rinnovabilie per accelerare la loro integrazione nel sistema energetico” si legge a commento nella nota stampa, senza dimenticare la necessità di bilanciare i benefici dell’AI con gli alti consumi. Il rapporto, più nel dettaglio, si focalizza sulle tre azioni strategiche basate sull’AI che impattano sulla gestione della natura intermittente delle fonti energetiche rinnovabili:
- migliorare la previsione della generazione rinnovabile attraverso tecnologie avanzate di generation forecast;
- potenziare la capacità della rete elettrica di gestire gli sbilanciamenti con soluzioni per la grid stability;
- adattare il profilo di consumo a quello di produzione mediante l’implementazione di meccanismi di demand response.
L’analisi della prima applicazione, generation forecast, evidenzia la necessità di distinguere tra tecnologia fotovoltaica ed eolica, predominanti nel panorama delle energie rinnovabili. Per entrambe, gli algoritmi di ensemble, diversamente da altri, “si sono dimostrati particolarmente efficaci perché permettono di distinguere eventi strutturali da quelli contingenti, come giornate insolitamente soleggiate o ventose”. In generale, i casi di studio analizzati mostrano che l’intelligenza artificiale può migliorare l’accuratezza delle previsioni di generazione degli impianti rinnovabili di oltre il 30%, con benefici significativi per l’intero sistema.
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AI può migliorare previsioni sulla generazione rinnovabile
La seconda applicazione, grid stability, affronta la sfida complessa caratterizzata dalla varietà di fenomeni eterogenei, ciascuno dei quali richiede approcci specifici e interventi mirati. L’analisi ha evidenziato che i fenomeni di small-signalstability e voltage stability possono essere gestiti efficacemente mediante algoritmi di ensemble e modelli non lineari statici. Questi strumenti sono particolarmente adatti a catturare relazioni statiche tra variabili di sistema, offrendo previsioni affidabili in contesti relativamente stabili. Al contrario, i fenomeni di transient stability e frequency stability necessitano di modelli avanzati che incorporino la dimensione temporale: “Gli algoritmi sequenziali risultano efficaci per rappresentare l’evoluzione temporale di eventi critici, come oscillazioni o variazioni improvvise nella rete” viene evidenziato.
Con riferimento al contesto della demand response, quasi tutti gli algoritmi esaminati hanno dimostrato di poter supportare efficacemente applicazioni quali lo scheduling dei carichi, sia a livello individuale che aggregato, e la definizione di schemi ottimali di incentivi o prezzi: “Tuttavia, le performance e il livello di dettaglio fornito variano significativamente tra i diversi algoritmi, quindi va selezionata la soluzione più adatta” si legge a commento.
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ChatGPT consuma quanto il fabbisogno mensile di 7.000 famiglie
Studi dimostrano che i costi energetici dell’AI derivano principalmente dall’utilizzo dei modelli, ossia dall’inferenza, che rappresenta l’80-90% del workload nei data center, rispetto al 10-20% dell’addestramento. Più specificatamente, il training di un modello AI comporta un costo una tantum, mentre il suo utilizzo continua a consumare energia nel tempo. Ciò è dovuto al fatto che in media l’interazione con un modello Large language Models (Llm) richiede un consumo energetico di circa dieci volte superiore rispetto a quello necessario per una normale ricerca sul web. L’analisi prende come riferimento il caso di ChatGPT, che supera il miliardo di visite mensili: il suo consumo energetico stimato è di almeno 2,9 GWh al mese, una quantità di energia sufficiente per coprire i fabbisogni mensili di circa 7.000 famiglie italiane.
I dati storici indicano che la domanda di energia dei data center è raddoppiata tra il 2020 e il 2024 e si prevede che cresca ulteriormente del 137% entro il 2029. Questo aumento è trainato principalmente dalla richiesta di energia per supportare l’uso sempre più diffuso di modelli di intelligenza artificiale. A livello globale, la domanda aggiuntiva di energia per i data center legati all’AI è prevista pari a 716 TWh tra il 2024 e il 2029.
Per chiarire meglio il concetto, sono stati stimati i consumi energetici e le emissioni di CO2 associati all’utilizzo di un modello AI per la stesura di 1.000 report come il Digitalization & Decarbonization preso in esame. Ne risulta che l’energia totale consumata è di 197 kWh, pari a quella utilizzata da un’auto elettrica per percorrere circa 1.000 chilometri, con emissioni pari a 55 Kg di CO2 se il data center fosse situato in Lombardia. La maggior parte dei consumi è attribuibile alla generazione di immagini, seguita dalla generazione di testo, mentre altre attività come classificazioni, riassunto del testo e rilevamento di oggetti incidono in misura minore.
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