Xylella, le strategie naturali funzionano

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Lasciandosi Grottaglie alle spalle, percorrendo la provinciale 72 verso nord si rischierebbe di perdere l’orientamento raggiungendo l’azienda Curtimaggi senza un navigatore satellitare. Immersa in una foresta di ulivi centenari la si potrebbe riconoscere dal verde delle chiome, insolito da vedere in quest’area di Puglia, in provincia di Taranto, zona infetta. Quando arriviamo, la raccolta delle olive è iniziata da una settimana.

«STIAMO RACCOGLIENDO 120 QUINTALI di olive al giorno e il frantoio ha bisogno di 300 quintali per lavorare 8 ore consecutivamente – lamenta Angelo D’Urso, 29 anni – ma non riusciamo a trovare personale. Abbiamo tre scuotitori fermi». Angelo rappresenta la quinta generazione di un’azienda che dagli anni 90 produce olio di oliva extravergine biologico estratto a freddo nel frantoio aziendale alimentato da pannelli fotovoltaici. Il capostipite è Franco D’Urso che da ragazzo ha scartato il lavoro all’Italsider di Genova, e dai 20 ettari iniziali oggi gestisce un’azienda di oltre 500, tra uliveto e seminativo. I suoi figli, Angelo e Rosa, neanche se la ricordano la campagna senza i disseccamenti che hanno stravolto il paesaggio. Eppure hanno scelto di rimanere. Studiano lui scienze agrarie e lei economia aziendale all’Università della Basilicata.

I SINTOMI DEL DISSECCAMENTO i D’Urso iniziano a vederli nel 2018 e su disposizione dell’Arif (l’Agenzia regionale incaricata dei monitoraggi trova Xylella) sono costretti a espiantare le piante positive e tutte le altre, anche non infette, nel raggio di 100 metri, 80 secolari. Da quando il territorio è dichiarato infetto e non è più soggetto all’obbligo d’espianto i D’Urso non hanno più eradicato. Mentre Coldiretti di Taranto scrive che «fra gennaio 2019 e dicembre 2020 il batterio rafforza la sua presenza mortale nel Brindisino e in provincia di Taranto, per raggiungere a fine 2022 la provincia di Bari», Angelo D’Urso in quegli anni apre un’azienda tutta sua di 50 ettari tra oliveto, vigna e seminativo. Sembra una favola questa dei D’Urso. Ma come mai Curtimaggi ce l’ha fatta? E’ l’unico esempio virtuoso in questa regione?

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«NOI ESEGUIAMO DELLE PRATICHE agronomiche di minima lavorazione del terreno che teniamo in inerbimento parziale, ariamo non troppo in profondità anche per limitare l’evapotraspirazione, abbiamo già poca acqua», spiega Angelo D’Urso. «Dal 2017 seguiamo il protocollo di Marco Scortichini che già sperimentava alternative rispetto alla strategia di abbattimento».

MARCO SCORTICHINI E’ UN FITOPATOLOGO del Crea, il Consiglio per la Ricerca in Agricoltura e l’analisi dell’economia agraria. Si occupa di malattie delle piante da circa 40 anni, tra i massimi esperti di Xylella in Italia, nel 2004 incaricato dall’Eppo, l’Organizzazione Europea per la protezione delle piante, di redigere un protocollo di diagnosi per intercettare focolai in Europa. Dal 2014 porta avanti sperimentazioni di cura degli olivi in Puglia proponendo l’irrorazione della chioma con un biofertilizzante a base di zinco, rame e acido citrico. «Il problema di Xylella Fastidiosa in Puglia è che quando è stato intercettato era già presente su circa 8-10mila ettari di oliveti nella zona di Gallipoli, che corrisponde a circa 1 milione di olivi. In questi casi l’eradicazione non è più possibile, è meglio cercare di adottare strategie di convivenza».

LA VALIDITA’ DEL PROTOCOLLO è stata verificata nel laboratorio di risonanza magnetica nucleare dell’Università del Salento, Dipartimento di Ecotekne, dove il professore Franco Fanizzi ha campionato le foglie delle piante trattate e non trattate di tre cultivar, Cellina di Nardò, Ogliarola Salentina e Leccino riscontrando che «pur rimanendo le piante infette, l’integratore usato permette loro di sopravvivere e rimanere produttive». Un’ ulteriore conferma è arrivata dai rilevamenti satellitari effettuati dai fisici dell’Istituto per l’inquinamento atmosferico del Cnr di Bari. Lo studio è stato pubblicato su Nature nel 2023.

NELLO STESSO ISTITUTO DI RICERCA, il Cnr di Bari, una branca, quella dell’Istituto per la protezione sostenibile delle piante, sostiene la linea dell’eradicazione del batterio tramite l’abbattimento delle piante. Singolare che il decisore politico non consideri un confronto tra posizioni.

TORNANDO AL PRODOTTO PROPOSTO da Scortichini occorre dire che non è miracoloso di per sé, «perché funzioni è fondamentale la cura della pianta e del terreno, altrimenti non funziona correttamente» spiega Angelo D’Urso. L’importanza dello stato di salute del terreno risulta da uno studio dell’Università della Tuscia, Disseccamento rapido dell’olivo: influenza di aspetti agronomico-colturali, nutrizionali, fitosanitarie e microbiologici condotto dall’agronomo Mauro Giordani, con il tutoraggio di Giorgio Mariano Balestra, ricercatore della Facoltà di Agraria. Lo studio del 2019 ha dimostrato che oliveti con minori sintomi di disseccamento hanno un tasso di sostanza organica e di attività microbica maggiore, rilevando nella rizosfera, la zona intorno alle radici delle piante poco disseccate una presenza di batteri genere bacillus che promuovono la crescita delle piante, totalmente assenti nei terreni fortemente compromessi dove erano presenti invece ceppi del genere Gaiella, «estremamente indicativi di terreni degradati» spiega Giordani.

L’IMPORTANZA DEI BATTERI MICROBICI che intervengono sulla rizosfera è alla base del protocollo di cura di Marco Nuti, professore emerito di microbiologia all’Università Sant’Anna di Pisa e Giusto Giovannetti biologo del Centro Colture Sperimentali di Aosta che dal 2015 hanno iniziato a sperimentare in zona infetta mediante l’inoculazione di una concentrazione elevata di bioti microbici che migliorano la salute del terreno riattivando la funzione metabolica degli ulivi in grado di sopportare meglio i fattori di stress. Entrambi, come Scortichini, fanno parte di un team di scienziati e tecnici che a Ostuni in Valle D’Itria, province di Bari, Brindisi e Taranto, da tre anni applicano «protocolli di intervento su 38 olivi positivi al batterio killer che tanto killer non è – dice il coordinatore Giorgio Doveri, chimico farmaceutico – perché ora gli alberi stanno bene, producono, uno si è addirittura negativizzato, Xylella non è più presente».

BASTEREBBE PER ATTIRARE L’ATTENZIONE della Regione, tanto più che i ricercatori hanno invece riscontrato aggressioni di altri patogeni come il Rodilegno, la Zeuzera pyrina, lo Pseudomonas che procura la rogna, presenza di nematodi, microscopici vermicelli che sfaldano le radici. E invece nulla si muove. Su questi alberi è applicato il protocollo del chimico Giovanni Pergolese, esperto in biotecnologie sui terreni che prevede un primo trattamento disinfettante a base di candeggina industriale, calce e zolfo, e un secondo di concimazione e fertilizzazione fogliare con un consorzio di microrganismi che proteggono la pianta dai parassiti. Di base le buone pratiche agricole, seguite anche da Pippi, agricoltore della provincia di Lecce, a Montesano Salentino che mostra alberi verdi nel bel mezzo del grigiore diffuso.

Da anni Pippi utilizza il NuovOlivo, un composto di estratti di piante di macchia mediterranea esterificate in presenza di acidi grassi e distribuito sulla chioma delle piante dopo un’attivazione con bicarbonato di sodio. Confezionato dall’ingegnere biochimico Luigi Botrugno, anche lui dello Smi, è stato sperimentato con la supervisione di Giovanni Bruno, ricercatore presso il Dipartimento di scienze del suolo delle piante e degli alimenti dell’Ateneo barese, su diversi terreni. Il protocollo ha ottenuto un’importante pubblicazione sulla rivista scientifica internazionale Agronomy, eppure è stato bocciato dall’Osservatorio Fitosanitario regionale e dal Cnr di Bari. «Se pretendiamo che NuovOlivo debelli Xylella, certo non lo fa – dice serafico il professor Bruno – davanti ad una malattia non si può pensare di eliminare il patogeno, ma di mettere la pianta nelle condizioni di tornare a vegetare nonostante».

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UN ALTRO PROTOCOLLO CURATO dall’agronoma Emanuela Sardella, anche lei dello Smi, il Nutrixgold, si basa su un concime fogliare biologico, con 89 elementi nutrienti e polvere di roccia ottenendo risultati su terreni di diversa tipologia e olivi di diversa età e varietà. Per Salvatore Infantino, direttore dell’Osservatorio Fitosanitario della Regione Puglia «non basta una foglia verde. Mi aspetterei che questi metodi fossero saggiati anche da una verifica economica che verifichi la competitività delle aziende coinvolte».

NEL 2021 L’OLIO DI OLIVA EXTRAVERGINE di oliva Curtimaggi ha vinto 5 premi internazionali: il Leone d’Oro International, il Dubai Olive Oil Competition, l’Olive Japan international e il New York International Olive Oil Competition, riconosciuto anche migliore olio biologico al Biol International Price che si tiene ad Andria dal 1996.

*** Questa inchiesta è stata sviluppata con il supporto di JournalismFund Europe



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