Voli spaziali ed effetti sugli astronauti, lo studio dell’università di Padova: stress e capacità cognitive alterate

Effettua la tua ricerca

More results...

Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors
Filter by Categories
#finsubito

Microcredito

per le aziende

 


di
Michela Nicolussi Moro

La ricerca dell’ateneo durante la missione Galaxy 01: «Abbiamo registrato un netto calo dei livelli circolanti di dopamina»

Finanziamenti e agevolazioni

Agricoltura

 

Dopo il lancio, avvenuto il 17 gennaio, di due satelliti prodotti da aziende vicentine, il Veneto torna in orbita con lo studio condotto dal professor Gerardo Bosco, docente del Dipartimento di Scienze Biomediche all’Università di Padova, e dalla professoressa Simona Mrakic-Sposta del Cnr di Milano inerente gli effetti della navigazione nello spazio sulla salute degli astronauti. La ricerca, condotta su tre piloti dell’aviazione per la prima volta protagonisti del volo suborbitale commerciale «Galaxy 01», ha scoperto cosa accade al rientro sulla Terra, cioè modificazioni di rilevanti parametri biologici, calo della dopamina, aumento dei livelli di cortisolo e stress sistemico.

Le tecniche innovative

Ricorrendo a tecniche innovative come il prelievo di campioni di saliva attraverso una piccola salivette, i ricercatori hanno dimostrato che anche una permanenza nello spazio piuttosto breve (come i 60 minuti della missione «Galaxy 01») sia sufficiente ad alterare negli astronauti, una volta rientrati, i livelli di molecole essenziali per il controllo della risposta allo stress o delle capacità cognitive. «Abbiamo registrato un netto calo dei livelli circolanti di dopamina, implicata nel controllo del movimento volontario e di risposte emotive, accompagnato da un aumento del brain-derived neurotrophic factor, la proteina che presiede al controllo dello sviluppo delle cellule nervose, al loro mantenimento e funzionamento, soprattutto in condizioni di stress, e alla comunicazione tra le cellule nervose stesse — spiega il professor Bosco —. Queste alterazioni suggeriscono un’iniziale risposta allo stress ed è emerso anche un aumento significativo dei livelli di cortisolo, ormone rilasciato in condizioni di affaticamento, tensione e logorio fisico e/o mentale». «Lo studio rivela che il volo suborbitale induce una diminuzione dei fattori normalmente in grado di prevenire l’aumento dei livelli circolanti e tissutali di radicali liberi dell’ossigeno — aggiunge la professoressa Mrakic-Sposta —. E quindi inducono condizioni che nel tempo potrebbero portare a uno stress ossidativo generalizzato. Abbiamo inoltre scoperto un incremento di particolari molecole implicate nell’innesco e propagazione della risposta infiammatoria».




















































Uno dei piloti della missione «Galaxy 01» è Angelo Landolfi, componente del Servizio sanitario dell’Aereonautica militare e docente a contratto dell’Università di Padova, che spiega: «Non è da sottovalutare come i fattori indicati potrebbero causare uno stress sistemico e l’alterazione della funzione cognitiva a fronte di ripetute esposizioni a voli suborbitali». Gli autori rimarcano che, pur trattandosi di uno studio pilota eseguito su soli tre astronauti, maschi quarantenni, è uno dei primi sforzi compiuti per individuare i possibili fattori di rischio legati a missioni nello spazio, soprattutto se prolungate o ripetute in brevi lassi di tempo. Il lavoro, pubblicato sulla rivista «Military Medical Research», assume particolare importanza anche perché ormai navigare nello spazio non è più un privilegio riservato ad astronauti professionisti ma si sta allargando sempre di più ai civili. I quali potrebbero però affrontare l’esperienza senza aver ricevuto l’addestramento necessario nè l’acclimatazione ad ambienti estremi. La diffusione di «space flight» pone dunque nuovi interrogativi riguardo le risposte biologiche nell’organismo dei navigatori dello spazio, siano ben addestrati o astronauti dell’ultima ora.

Ma c’è di più: «È nostro auspicio — concludono i ricercatori — che i nostri dati, ottenuti in una finestra temporale relativamente breve (72 minuti tra preparazione, volo e atterraggio, ndr) e in grado di indicare un incipiente stato di stress ossidativo e infiammatorio, possano da fare da guida a studi futuri, condotti in soggetti coinvolti in missioni spaziali più prolungate o ripetute nel tempo. Potrebbero evidenziare più in dettaglio le ripercussioni a livello cerebrale e periferico dell’esposizione alla microgravità e ad altre modifiche fisiche dovute alla navigazione nello spazio, focalizzandosi sulla possibile insorgenza di malattie acute e croniche».

Iscriviti alla newsletter del Corriere del Veneto

Dilazioni debiti fiscali

Assistenza fiscale

 

29 gennaio 2025

Contributi e agevolazioni

per le imprese

 



Source link

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Assistenza per i sovraindebitati

Saldo e stralcio

 

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Source link