Violenza sulle donne, come funziona la legge a Malta

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Le polemiche per il rilascio del fidanzato di Claudia Chessa.

Sul rilascio da parte delle autorità maltesi e il ritorno ad Arzachena di Alessio Lupo Rivera, dopo le accuse di aggressione alla sua fidanzata, costretta a lanciarsi dal quarto piano di un hotel, in Gallura ora è polemica.

LEGGI ANCHE: Il fidanzato di Claudia sanzionato per la cocaina a Malta, ma è indagato dalla Procura a Tempio

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Mentre emergono in queste ore dettagli ancora più crudi dell’aggressione della 18enne, fino al tentativo di soffocamento con un cuscino, minacce di morte e anche torture, accuse sulle quali, dopo un esposto, la Procura di Tempio, ha avviato le indagini, in tanti si domandano il perché le autorità di Malta abbiano trattato questo caso con lassità, permettendo al ragazzo di tornare in Italia.

Alessio Lupo Rivera infatti è stato interrogato dal tribunale a Malta, dove avrebbe ammesso di aver fatto uso di cocaina aggredito la giovane fidanzata, ma è stato sanzionato e accusato di lesioni lievi. Gli è stata concessa una condizionale di due anni, ma sul corpo della giovane ci sono ferite gravi, non solo relative alla caduta. A Claudia Chessa, infatti, le sarebbero state strappate delle ciocche, ha segni di morsi, dovuti al tentativo di Lupo, in preda agli effetti delle sostanze, di staccarle a morsi le dita dei piedi. Ha ricevuto anche pugni sul petto. Vere e proprie sevizie, stando alle accuse.

Come funziona la protezione delle donne a Malta?

Sono in tanti in queste ore a farsi questa domanda. Malta è una delle nazioni dell’UE ad aver firmato e ratificato la Convenzione di Istanbul per l’eliminazione della violenza contro le donne, come hanno fatto l’Italia e altri paesi membri. In seguito a ciò ha adeguato il codice penale a tutela delle donne, allora ancora influenzato da una cultura di stampo cattolico.

Nel paese la violenza domestica è disciplinata dalla “Gender-Based Violence and Domestic Violence Act” del 2018, che mira a prevenire e combattere la violenza di genere e domestica, proteggendo le vittime e perseguendo i colpevoli. La legge prevede misure come ordini di protezione, supporto alle vittime e sanzioni penali per gli autori di violenza. Le pene vanno dalla reclusione per i casi più gravi, ai divieti di avvicinamento, come in Italia, fino ai programmi di riabilitazione o soltanto una multa in alternativa alla reclusione.

A differenza del “Codice Rosso” italiano (Legge n. 69/2019), che prevede una corsia preferenziale per le indagini e l’adozione di misure cautelari immediate in casi di violenza contro le donne, la legislazione di Malta non dispone di un meccanismo equivalente che garantisca una priorità simile nell’azione giudiziaria. Inoltre, il GREVIO ha evidenziato che Malta adotta un approccio neutrale rispetto al genere nella sua legislazione, il che potrebbe limitare l’efficacia delle misure di protezione per le donne.

Inoltre, diverse residenti straniere che vivono a Malta hanno riferito che si sentono meno protette rispetto alle cittadine maltesi, sopratutto dopo questo caso. Il paese ha, inoltre, una forte radice patriarcale, a causa della scarsa secolarizzazione, dove fino a pochi anni fa non c’era una legge che consentiva il divorzio, la violenza sessuale era un reato ”che colpisce il buon andamento delle famiglie”, la pillola era illegale e l’aborto volontario è ora legale, ma con la legge più restrittiva in Europa, anche in caso di stupro.

A differenza dell’Italia e altri paesi europei, dove il tema del femminicidio è spesso trattato nei mass media, c’è ancora tanta reticenza da parte della società maltese a parlare di violenze di genere e temi legati al femminismo e alla parità, anche se, come detto, negli ultimi anni anche Malta ha fatto alcuni progressi nei diritti delle donne. Tuttavia, la piccola nazione sul Mediterraneo, a causa della minore attenzione verso le donne vittime di violenza, è tra i paesi europei con la più alta incidenza di femminicidi.

Per quanto riguarda il caso la vicenda di Claudia Chessa, la polizia maltese sta indagando sull’ipotesi di “violenza domestica”, ma nonostante la gravità delle accuse, non è stato disposto un fermo prolungato, permettendogli di tornare in Italia. Questa decisione è stata oggetto di polemiche in Gallura. 

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