un rapporto di denuncia al Parlamento europeo

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Traffico di Stato” è un Rapporto di indagine e raccolta di testimonianze che documenta la prassi con cui la Guardia Nazionale tunisina vende esseri umani di origine subsahariana alle milizie libiche, in occasione di violente deportazioni di massa, la presentazione dell’indagine al Parlamento europeo avvenuta il 29 gennaio nel pomeriggio è stata ospitata in diretta sul profilo facebook di Baobab Experience. L’incontro del 29 gennaio è avvenuto alla presenza degli Europarlamentari Cecilia Strada, Leoluca Orlando e Ilaria Salis, i quali sono intervenuti per discutere sulle responsabilità dell’Unione Europea e dei singoli stati nell’esposizione alla morte e alla schiavitù delle persone in viaggio, così come sullo statuto di “paese sicuro” assegnato alla Tunisia e al suo ruolo di partner e beneficiario economico nella gestione della frontiera esterna della UE. Il Rapporto è il lavoro di un gruppo di ricerca internazionale che ha deciso di anonimizzarsi sotto uno pseudonimo collettivo al fine di tutelare la sicurezza e l’incolumità fisica dei colleghi, supportati anche da Asgi, Border Forensics e Onborders dal punto di vista giuridico, cartografico e scientifico.

Foto satellitare di un campo di detenzione libico

“Oro Nero”: una Tratta di Stato finanziata dalla UE

La presentazione ha dato voce alle vittime di espulsione verso la Libia da parte di poliziotti e militari dello stato tunisino in un periodo di tempo che va da giugno 2023 a novembre 2024. Queste violazioni dei diritti umani hanno potuto realizzarsi grazie a finanziamenti con risorse dei singoli stati membri in seguito all’accordo fra UE e Tunisia. I ricercatori hanno usato il termine “Tratta di Stato” per descrivere la vendita di esseri umani alla frontiera da parte di apparati di polizia e militari tunisini e l’espressione metaforica “Oro Nero” per indicare la condizione della popolazione nera migrante che è vista come una risorsa economica da sfruttare. Le operazioni di cattura, prive di qualsiasi tipo di procedura legale, presentano questi elementi ricorrenti:

  • un criterio di racial profiling: il bersaglio è sempre la popolazione nera, di ogni nazionalità e senza limiti di età;
  • la sistematica sottrazione di denaro e beni personali da parte di personale in uniforme, senza alcuna registrazione di quanto sequestrato;
  • l’impossibilità di accedere a operatori legali poiché i soggetti catturati non godono di un’esistenza giuridica individuale tanto che vengono loro requisiti i documenti di identità e successivamente distrutti.
  • le perquisizioni, molestie di tipo sessuale e ripetute percosse fisiche costituiscono la prassi nei luoghi di concentramento, insieme alla mancanza di cibo, acqua e indumenti.

“Mi hanno arrestata il 20 agosto, a Sfax sulla strada di Mahdia. Stavo aspettando un bus. È passato un veicolo della Guardia Nazionale e mi hanno caricata senza chiedermi documenti né nulla” riferisce una testimone di fronte al Parlamento europeo e prosegue: “Nel furgone c’erano altre 7 donne che mi hanno detto anche loro di essere state brutalizzate, che gli era stato rubato il telefono e i soldi. Mi hanno messo le mani nelle tasche, avevo 150 dinari e me li hanno presi, insieme al mio telefono. Ci hanno portato al commissariato e gli uomini ci hanno picchiato con un manganello”.

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I prigionieri, legati con fascette di plastica, alle mani e ai piedi, vengono trasportati su autobus verso la Libia e il viaggio si conclude con la loro consegna ai corpi militari tunisini che operano alla frontiera dove dispongono di una rete di campi di detenzione. In linea di massima, il tempo di trattenimento varia da meno di un giorno fino ad un massimo di 30 giorni. I soggetti catturati sono scambiati con denaro, hashish e carburante e tra questi ci sono uomini, bambini e donne; quest’ultime hanno un valore di mercato superiore. Il centro dove converge questa tratta di esseri umani risulta essere la prigione di Al Assah, sotto la tutela della LBG, la Guardia di frontiera libica, uno dei soggetti beneficiari del programma dell’Unione Europea di assistenza e formazione alla gestione del confine.

Questa violazione sistematica dei diritti umani di migranti e rifugiati in Libia, già nota e documentata da altri rapporti di autorevoli agenzie internazionali, ha recentemente attirato l’attenzione dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, il quale ha annunciato di aver avviato un’indagine sulla presenza di fosse comuni nel deserto alla frontiera tunisino-libica. Questa decisione è stata accolta con favore dalle organizzazioni umanitarie. “E’ meglio un’amara verità che una dolce bugia, e questa è la verità dietro le politiche dell’Unione Europea e dei governi europei” dichiara l’Europarlamentare Cecilia Strada, “ecco cosa c’è dietro l’esternalizzazione delle frontiere. Quando sentite dire: “Ah ma noi grazie a questi accordi abbiamo ridotto il numero di morti in mare. Se non partono non muoiono!”, ora sapete cosa c’è dietro: una gabbia nel deserto”.

Alessandro Masseroni
(30gennaio2025)

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