Trump Trade 2.0: l’unica certezza è America First

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AnalisiIl 20 gennaio si è insediata alla Casa Bianca la nuova Amministrazione Trump, inaugurando un periodo che promette di rinnovare l’approccio protezionistico degli Stati Uniti alla politica commerciale. Ma cosa dobbiamo aspettarci dalla Trump Trade Policy 2.0?

TRUMP TRADE AGAIN: L’INCERTEZZA AL CENTRO DELLA POLITICA COMMERCIALE

Con l’insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca il 20 gennaio si prevede un ritorno a una politica commerciale fortemente protezionistica, improntata sul principio di “America First“. Le dichiarazioni del rieletto Presidente, spesso accompagnate da toni provocatori, nei confronti sia degli alleati (come le richieste di aumentare le spese militari al 5% per i Paesi NATO), sia nei confronti dei competitors internazionali (Cina su tutti) riflettono una strategia negoziale basata sull’incertezza e sul leverage economico. In quest’ottica, le tariffs rappresentano uno strumento centrale per la nuova Amministrazione, che cercherà di portare i partner commerciali a tavoli di negoziati bilaterali favorevoli per gli Stati Uniti. Infatti, considerando anche le promesse elettorali, la storia di Donald Trump e il profilo dei consiglieri scelti, possiamo aspettarci che la politica commerciale degli Stati Uniti sarà tra le più protezionistiche da quasi un secolo, con i dazi doganali che giocheranno un ruolo centrale nell’agenda politica.
Durante la campagna elettorale, Trump ha promesso il 60% di tariffe su tutte le importazioni di beni provenienti dalla Cina e il 10% o 20% di tariffe globali per tutte le importazioni. “To me, the most beautiful word in the dictionary is tariff. And it’s my favorite word”, ha dichiarato the Tariff Man durante una intervista a metà ottobre all’Economic Club of Chicago.
Gli strumenti legislativi a disposizione dell’Amministrazione per introdurre le tanto discusse tariffe non mancano, come:

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  • l’International Emergency Economic Powers Act (IEEPA) del 1977, che consente al Presidente di imporre tariffe per affrontare qualsiasi minaccia alla sicurezza nazionale, alla politica estera o all’economia degli Stati Uniti;
  • la Section 232 del Trade Expansion Act del 1962, che autorizza il Presidente ad adottare dazi sulla base di una raccomandazione da parte del Segretario del Commercio – probabilmente Howard Lutnick – qualora le importazioni minaccino la sicurezza nazionale;
  • la Section 301 del Trade Act del 1974, che permette al Presidente di intraprendere azioni per rimuovere qualsiasi atto o policy di un Governo straniero che viola un accordo commerciale internazionale;
  • la Section 201 del Trade Act del 1974, che consente al Presidente, basandosi su valutazioni della Commissione per il Commercio Internazionale (ITC), di adottare delle misure temporanee di aumento dei dazi all’importazione per “facilitate efforts by the domestic industry to make a positive adjustment to import competition“.

Nonostante la chiara inclinazione verso l’approccio protezionistico, permangono diversi elementi di incertezza nella politica commerciale USA. Lo stesso Trump considera l’imprevedibilità una caratteristica distintiva della sua strategia. Tuttavia, ancora non sappiamo, per esempio, se e con quali tempistiche verranno introdotti i dazi doganali e quanto saranno elevati, se verranno applicati a tutti i Paesi Terzi, compresi i partner degli Accordi di Libero Scambio (FTAs) oppure solo ai Paesi che vantano surplus commerciali con gli Stati Uniti. Sotto il profilo economico-finanziario, si valuterà attentamente anche l’andamento dell’inflazione e il trend di rafforzamento del dollaro. Non meno rilevante sarà la controreazione dei Paesi Terzi colpiti, che potrebbero cercare dei negoziati diretti oppure rispondere con altre misure di trade defence, come ulteriori dazi di risposta sui beni USA.
Molto probabilmente la politica commerciale di Trump farà ricorso ai dazi quale strumento di pressione negoziale e leverage economico piuttosto che reali tariffe globali. In questo scenario possiamo aspettarci incontri bilaterali intensificati – come le recenti visite a Mar-a-Lago in Florida – piuttosto che uno shock economico tariffario uniforme, anche considerando i limiti costituzionali e che dieci partner rappresentano da soli oltre l’80% delle importazioni USA.
Il risultato è un quadro di incertezza generalizzata, con un solo elemento chiaro: America First.

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Fig. 1 – L’UE si prepara a fare i conti con le promesse di Donald Trump

LE CHIAVI DELLA POLITICA COMMERCIALE USA: ONSHORING, DAZI E DECOUPLING DALLA CINA

Per comprendere meglio le dichiarazioni di Donald Trump è necessario analizzare le motivazioni sottostanti. Il report “Trump Trade 2.0” pubblicato lo scorso dicembre dal think tank statunitense Center for Strategic & International Studies (CSIS) sottolinea che, tra le motivazioni principali, l’Amministrazione Trump punta a favorire i processi di onshoring. Trump vorrebbe infatti ridurre la produzione all’estero destinata al mercato statunitense e contrastare i fenomeni di delocalizzazione per ottenere vantaggi economici. Inoltre, la nuova Amministrazione statunitense vorrebbe adottare misure a sostegno della produzione nazionale, anche in settori che hanno perso competitività rispetto alla concorrenza straniera (come nel caso delle tariffe dell’acciaio adottate da Trump nel 2017). Questa politica potrebbe comportare un aumento dei costi per i produttori americani, riducendo la competitività delle esportazioni statunitensi e impattando negativamente sui consumatori interni.
Secondo una visione basata sui principi di reciprocità e correttezza, Trump punterebbe a ridurre il deficit commerciale sia sul piano bilaterale che globale, percepito, lato US, come una “perdita”. I dazi possono, in alcuni casi, alterare i saldi commerciali a favore del soggetto che li adotta.
L’introduzione dei dazi doganali, o anche la sola minaccia, potrebbe essere utilizzata come effetto leva per accordi commerciali più vantaggiosi o per ottenere un maggiore accesso ai mercati esteri, come nel caso della Cina. L’approccio negoziale potrebbe anche offrire opportunità per gli esportatori statunitensi di lavorare con l’Amministrazione per affrontare le barriere che limitano le esportazioni degli USA. In altri casi, la minaccia di tariffe sarebbe funzionale anche all’invio di un messaggio politico forte, in linea con la tutela degli interessi nazionali di Washington.
Un caso specifico riguarda il rapporto con la Cina. Le recenti restrizioni imposte dal Bureau of Industry & Security (BIS) sulle esportazioni di advanced computing semiconductors mostrano una crescente tendenza alle misure di “decoupling from China”. Tuttavia, il rischio di uno scontro troppo duro con Pechino è dato dall’adozione di tariffe così elevate da rendere il commercio con la Cina economicamente meno favorevole, così da annullare i “vantaggi” delle entrate economiche dei dazi.

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Fig. 2 – Che atteggiamento adotterà Ursula von der Leyen nei confronti di Trump?

L’UE E LE SFIDE DELLA TRUMP TRADE POLICY: IMPATTI E STRATEGIE PER IL VECCHIO CONTINENTE

Dal punto di vista europeo, l’UE è leader globale nella gestione degli Accordi di Libero Scambio (FTAs), che consentono alle merci con origine preferenziale UE di essere esportate senza l’applicazione di dazi doganali. Nel 2023 il valore degli scambi commerciali dell’UE superava, anche grazie alla rete di 42 accordi in vigore con 74 partner globali, i 2.300 miliardi di euro.
Sebbene l’UE non abbia un FTA con gli Stati Uniti, l’introduzione di dazi più elevati sui prodotti di origine UE, o su determinati beni provenienti dagli Stati membri, potrebbe generare ingenti conseguenze sia sul piano economico e politico, che sui flussi commerciali. Gli Stati Uniti rappresentano, infatti, il principale partner commerciale dell’UE, con esportazioni pari a 502,3 miliardi di euro e una bilancia commerciale positiva di 155,8 miliardi.
Alla luce di queste sfide, le aziende europee e globali devono con priorità identificare come la Trump Trade Policy 2.0 possa influenzare gli attuali flussi di business. Diventa cruciale valutare i rischi e gli impatti economici, nonché sviluppare strategie di adattamento flessibili. Considerando l’influenza delle decisioni politiche sulle attività commerciali, le Società possono anche far sentire la propria voce attraverso programmi di advocacy, chiedendo esenzioni o specifici obiettivi in sede di negoziati.
Per affrontare queste sfide in modo efficace, le società dovrebbero attenzionare i propri flussi commerciali e ottimizzare i processi di trade compliance, ponendosi le domande sulla base dei flussi internazionali – di import e di export – e adottando strategie adeguate a mitigarne gli impatti. Tra gli strumenti a disposizione ci sono attività sia di pianificazione e scenari, sia strumenti specifici come, ad esempio, First Sale Rule, Drawbacks, Temporary Import under Bond (TIB) e la possibilità di sfruttare gli Accordi di Libero Scambio (FTAs) in vigore con altri Paesi.
Tariffs represent part of the new normal of greater uncertainty in geopolitics and trade”.

Riccardo Cima

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Photo by RoadTripGuys is licensed under CC BY-NC-SA



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