Ecco come è scattato l’arresto del torturatore libico, che girava con un passaporto caraibico e un visto decennale per gli Stati Uniti
Il torturatore libico capo della polizia tripolina e del centro di detenzione di Mitiga, Osama Almasri, accusato di crimini contro l’umanità già a partire dal 2011, girava l’Europa con un passaporto caraibico, in virtù del quale aveva ottenuto, a novembre, anche un visto decennale di ingresso negli Stati Uniti.
La circostanza era nota da luglio alla Germania, e solo a lei, dove il 45enne ha passato tre giorni a metà gennaio, prima di arrivare in Italia e innescare una crisi internazionale con il suo arresto.
Alle autorità di Berlino la Corte penale aveva infatti inviato una sorta di segnalazione senza indicazioni di intervento, che è poi diventata un obbligo di arresto la notte tra 18 e 19 gennaio, quando Almasri era da poche ore in Italia e un funzionario tedesco aveva informato di questo spostamento la stessa Corte.
I dettagli emergono dalla ricostruzione fatta da polizia e intelligence e sulla quale il governo terrà il punto nello scontro già in atto con la Cpi. E convincono il governo, Giorgia Meloni lo ha detto nel video di due giorni fa, che si sia deciso di catturarlo soltanto quando si è avuta la certezza che fosse entrato nel nostro Paese.
Lo scontro con la Cpi
Ecco perché in queste ore, e in vista dell’informativa al Parlamento della prossima settimana, si rimettono in fila le date. Il generale atterra a Fiumicino il 6 gennaio e rimane nella zona transiti, diretto a Londra. Viaggia con un passaporto del Commonwealth of Dominica, condividendo con sole altre 71 mila persone la cittadinanza del paradiso naturale e fiscale tra Guadalupa e Martinica. Molte altre volte Almasri, che risulta avere anche documenti turchi, è stato in Europa. Per le spese usa un bouquet di carte di credito estere, inclusa una britannica, e a Londra, tra le altre cose, si reca in un noto studio legale.
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Da Londra a Torino via Bonn e Monaco
Il suo ingresso nell’area Schengen è del 13 gennaio, viaggiando in treno sotto il canale della Manica e poi in Francia con destinazione finale Bruxelles. Da qui, in auto, va in Germania. A Bonn e a Monaco di Baviera, dove acquista un Rolex da 9 mila euro e, il 15, noleggia una Mercedes da riconsegnare a Fiumicino cinque giorni dopo. Si muove con tre accompagnatori, che vengono fermati assieme a lui per un controllo dalla polizia tedesca lungo il viaggio.
Si è detto che Almasri venga allora lasciato andare perché, come è vero, la richiesta di arresto della Cpi, risalente al 2 ottobre, non è stata ancora esaminata e su di lui, dunque, non ci sono pendenze.
Ma la stessa Cpi ha già inserito il 10 luglio il nome del generale nei canali ufficiali della cooperazione tra Stati membri con una «nota blu» diretta alla sola Germania, e non visibile agli altri Paesi, finalizzata alla raccolta di informazioni su dati e documenti di viaggio, telefoni e mezzi di pagamento e contatti di Almasri, con richiesta di informarne l’Ufficio del procuratore e l’invito a non mettere in allarme il libico, che ha in quella fase lo status di testimone. La «sorveglianza discreta» viene recepita nei database tedeschi il 4 novembre.
La segnalazione passata da «blu» a «rossa»
Quella stessa nota viene poi estesa il 18 gennaio anche a Belgio, Regno Unito, Austria, Svizzera e Francia, con analoghe indicazioni. Qualche ora prima, il referente per la sicurezza dell’Ambasciata italiana a l’Aia ha intanto contattato il coordinatore dell’unità crimini internazionali del Viminale per comunicare di aver ricevuto una richiesta di cooperazione dalla Cpi.
La stessa sera il funzionario della Corte fornisce al coordinatore italiano i contatti di un agente della polizia criminale tedesca, che ha già trasmesso alla Corte le informazioni sul possibile arrivo in Italia del libico. Lo stesso agente tedesco trasmette poi all’Italia una scheda riassuntiva degli accertamenti effettuati in Germania.
Passa qualche altra ora e alle 22,55 la Cpi chiede al Segretariato generale Interpol di Lione di sostituire la nota «blu» con una «rossa» che obbliga all’arresto. Alle 3 del mattino del 19 la nota viene validata. La Digos scopre che Almasri, come emerge dalla banca dati, è stato controllato quella mattina a bordo della Mercedes. Si risale così alla prenotazione nell’albergo dove il generale torna dopo Juve-Milan. All’alba scatta l’arresto e il fermo degli altri tre libici, per favoreggiamento ed espulsi dal prefetto.
L’arresto e il rimpatrio
Almasri invece va in cella al «Lorusso e Cutugno», a disposizione della Corte d’appello di Roma, competente per i casi internazionali. I magistrati rilevano la «irritualità» dell’arresto ai fini dell’estradizione, sottopongono, come da procedura, il caso al ministro della Giustizia Nordio ma ne ottengono solo silenzio. Almasri è libero e viene rimpatriato.
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