Ciad, la perenne instabilità tra terrorismo, elezioni e posizionamento internazionale

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In 3 Sorsi Il Ciad sta affrontando uno dei periodi più complicati della propria storia, tra la persistente minaccia terroristica e il mutamento degli equilibri regionali. In un momento di instabilità come questo si aprono nuove possibilità per Cina e Russia.

1. L’INSTABILE CONTESTO CIADIANO

Il Ciad negli ultimi anni ha affrontato numerosi eventi che ne hanno messa a dura prova la tenuta: la ribellione nel nord del Paese iniziata nel 2016 e che nel 2021 ha visto un intensificazione dei combattimenti in seguito a una offensiva governativa, gli effetti dei conflitti in Libia e in Sudan all’interno del proprio territorio e il sempre presente problema del terrorismo islamista. In questo contesto il 20 aprile del 2021 il presidente Idris Déby venne ferito a morte durante un agguato ribelle, portando alla fine del suo Governo trentennale. In seguito alla sua morte, suo figlio Mahamat venne nominato presidente ad interim in attesa delle elezioni. Il risultato del voto a maggio del 2024 ha visto un netto dominio di Mahamat, che ha ottenuto il 60% tra le contestazioni sia dei rivali politici, sia degli osservatori internazionali. La notte dell’8 gennaio, poi, il palazzo presidenziale è stato attaccato da un gruppo di venti uomini armati. All’inizio si era subito pensato a un tentativo da parte di Boko Haram di eliminare fisicamente il Presidente, ma nelle ore successive il ministro degli Esteri ciadiano ha fornito rassicurazioni, affermando che gli assalitori fossero solamente dei giovani sotto effetto di alcool e droghe armati di machete, forse eterodiretti.

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Fig. 1 – Il Presidente Mahamat Idriss Déby Itno durante la campagna elettorale per le presidenziali

2. IL PERENNE PERICOLO ISLAMISTA

A 10 mesi dalle elezioni il Paese sta affrontando una situazione securitaria complessa, in particolare a causa dei recenti attacchi di Boko Haram, dell’ISWAP (Stato Islamico della Provincia dell’Africa Occidentale) e dell’AQMI (al-Qaida nel Maghreb Islamico), con i primi due maggiormente presenti nel Paese. Questi gruppi, che si combattono anche spesso tra loro per il predominio dell’area, nonostante il contrasto dei vari eserciti dei saheliani riescono ancora a portare avanti azioni importanti, causando la morte di migliaia di civili e militari in tutta la regione. In particolare Boko Haram, nonostante il ridimensionamento negli ultimi anni grazie alla cooperazione tra Benin, Camerun, Ciad, Niger e Nigeria, ha mostrato di sapersi adattare al nuovo contesto e ora conduce con rinnovata efficacia azioni di guerriglia e attentati suicidi. La problematica che emerge quando si affrontano i gruppi islamisti nel Sahel è che alla limitazione di uno corrisponde quasi sempre la creazione o l’espansione di un altro, come accaduto con lo Stato Islamico dell’Africa Occidentale (ISWAP), nato dalle dinamiche interne di Boko Haram e poi resosi completamente autonomo. Questo a conferma di quanto sia importante non considerare le organizzazione terroristiche come dei monoliti, ma più come un insieme di gruppi differenti che temporaneamente e per varie motivazioni rispondono a una leadership comune. Tale caratteristica rende molto complicata una definitiva sconfitta del jihadismo, a causa della parziale decentralizzazione del processo decisionale e della possibilità anche per piccole formazioni di effettuare azioni in relativa autonomia. 

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Fig. 2 – Soldati ciadiani di ritorno nella capitale N’Djamena dopo una missione contro Boko Haram in Nigeria

3. IL RITIRO DELLA FRANCIA E L’INGRESSO DI RUSSIA E CINA

Il fallimento nella gestione del problema securitario, accompagnato da un forte sentimento anticoloniale e ormai anche antioccidentale ampiamente diffuso tra la popolazione saheliana, ha spinto il Governo di Mahamat Déby (sulla scia dei Paesi limitrofi) a espellere a sorpresa le forze militari francesi a dicembre. Poche settimane dopo il ministro degli esteri cinese Wang Yi ha intrapreso il tradizionale tour di inizio anno toccando NamibiaRepubblica del Congo, Nigeria e lo stesso Ciad. N’Djamena è importante per la Repubblica Popolare per le materie prime strategiche e come mercato per l’esportazione. Il commercio e l’estrazione delle materie prime necessitano però di un contesto più stabile e sicuro per prosperare. Non è da escludersi pertanto che all’estromissione della presenza francese coincida un ingresso dell’Africa Corps russo (ex Gruppo Wagner) e di compagnie di sicurezza cinesi, oltretutto già attive in varie parti del Continente. Nonostante i tentativi di normalizzazione, il panorama del Ciad resta fortemente instabile, presentando tuttavia diverse opportunità che Cina e Russia sono pronte a cogliere, investendo maggiori risorse a partire dal settore della sicurezza.

Daniele Atzori

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