Si chiama capacity market e, come lascia intendere la locuzione inglese, è un meccanismo di mercato che permette di garantire la disponibilità energetica necessaria per soddisfare la richiesta di energia. Insomma, i grandi operatori vengono pagati dallo Stato per assicurare che in un tempo futuro, qualora gli venisse chiesto, forniscano energia. Si badi bene, Eni ed Enel ricevono fondi a prescindere se poi dovranno o meno erogare energia, basta che «assicurino il loro impegno». L’Italia è uno dei sei paesi, compresi Francia e Regno Unito, dove il capacity market è attivo, mentre altri otto, a partire dalla Germania, ci stanno seriamente pensando.
IL PROBLEMA E’ CHE NEI NOSTRI CONFINI questo strumento è ancora profondamente ancorato ai combustibili fossili, come rileva uno studio del centro ricerche Aurora realizzato per la rete europea Beyond Fossil Fuels, il quale mette in evidenza che dal 2022 il capacity market italiano è ammontato a 16 miliardi di euro, di cui circa l’84% destinato alle centrali a combustibili fossili.
TUTTO CIO’ IMPLICA CHE SOLAMENTE due miliardi di euro sono stati stanziati per fonti pulite di flessibilità come batterie e sistemi di accumulo. I fondi destinati alle centrali a gas sarebbero sufficienti per installare pannelli solari per due milioni di famiglie in tutta Italia. Se dalle nostre parti il problema è quanto mai evidente, lo studio, che ha analizzato i pagamenti effettuati attraverso questi meccanismi in tutti e sei i paesi, dimostra come in assoluto il capacity market sia strutturato per favorire le centrali a combustibili fossili rispetto alle tecnologie pulite, offrendo contratti a lungo termine che vincolano i consumatori ai mercati degli idrocarburi, quanto mai volatili.
IN EUROPA, I MECCANISMI DI CAPACITA’ hanno aggiunto 87 miliardi di euro alle bollette dal 2018, con la stragrande maggioranza di questa cifra (oltre il 70%) destinata agli operatori di centrali inquinanti. Solo il 21% del totale è andato a sistemi di accumulo, interconnessioni e risposte della domanda.
IL REGNO UNITO E’ STATO IL PRIMO PAESE europeo a implementare un mercato della capacità nel 2014 e ha speso di più in sussidi computati nelle bollette dal 2018. Regno Unito e Italia hanno speso le somme maggiori per sovvenzionare le centrali a gas (circa 11 miliardi di euro ciascuno). La Polonia ha erogato oltre 10 miliardi di euro per gas e carbone.
A CAUSA DALLA SUA DIPENDENZA DAL GAS, l’Italia registra alcuni dei prezzi dell’elettricità più alti in Europa e ha la più alta percentuale di sussidi del capacity market destinati alle centrali a gas rispetto ad altri paesi.
LE CENTRALI A GAS POSSONO USUFRUIRE di contratti che hanno la durata di 15 anni, il che significa che i contribuenti continueranno a sovvenzionare questi impianti inquinanti fino al 2040, se non oltre. Nel rapporto di Aurora si documenta come in tutta Europa i capacity market abbiano vincolato i paesi che lo praticano a «contare» su almeno 30 GW di capacità a gas, incompatibile con gli obiettivi climatici.
GLI ATTIVISTI DI BEYOND FOSSIL FUELS chiedono una riforma del sistema, con un reindirizzamento dei fondi verso soluzioni prive di combustibili fossili come l’accumulo di energia e la flessibilità della domanda, che possono contribuire a proteggere famiglie e industrie dai futuri shock dei prezzi del gas.
«L’ELEVATA DIPENDENZA DELL’ITALIA dal gas per la produzione di energia ha contribuito all’aumento dei prezzi energetici, minando la competitività industriale del paese» ha dichiarato Juliet Phillips, attivista di Beyond Fossil Fuels. «Reindirizzando i sussidi dai combustibili fossili e aumentando gli investimenti in fonti di flessibilità prive di combustibili fossili, l’Italia può posizionarsi come leader mondiale nell’energia pulita, riducendo al contempo le bollette energetiche. Esortiamo il paese a cogliere questa opportunità» ha aggiunto Phillips.
MA, A DISPETTO DI ALCUNI PROGRESSI sul fronte delle rinnovabili, alcuni segnali non lasciano ben sperare. È esemplificativo al riguardo il progetto della nuova centrale a gas di Ravenna, per cui Enipower, controllata da Eni, ha annunciato di voler chiedere i fondi del capacity market. L’ennesima opera «agevolata» da un sistema pubblico che potrebbe continuare a privilegiare i combustibili fossili anche in futuro, quando non saranno più necessari per soddisfare il fabbisogno energetico del paese. Rimane poi un altro dato di fatto incontrovertibile: a fronte di un eccesso di potenza installata, le bollette restano tra le più care d’Europa.
APPARE QUINDI EVIDENTE CHE E’ ARRIVATO il momento di dire basta a nuovi sussidi per le centrali a gas e ai profitti garantiti per aziende che ritardano la transizione. Ma il governo Meloni non sembra essere intenzionato a cambiare questo trend.
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