Assegno divorzile. Revisione.
Corte di Cassazione Sezione 1 Civile Ordinanza 21 gennaio 2025 n. 1482 Data udienza 10 gennaio 2025 REPUBBLICA ITALIANA LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE PRIMA CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. GIUSTI Alberto - Presidente Dott. TRICOMI Laura - Consigliere Dott. CAPRIOLI Maura - Relatore Dott. RUSSO Rita Elvira Anna - Consigliere Dott. REGGIANI Eleonora - Consigliere ha pronunciato la seguente ORDINANZA sul ricorso iscritto al n. 22595/2023 R.G. proposto da: Ra.Gi., elettivamente domiciliato in LAQUILA VIALE FR.CR., presso lo studio dell'avvocato BO.GA. (Omissis) che lo rappresenta e difende Ricorrente Contro Ce.Ad. Intimato avverso DECRETO di CORTE D'APPELLO L'AQUILA n. 406/2022 depositata il 18/04/2023. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10/01/2025 dal Consigliere MAURA CAPRIOLI. FATTI DI CAUSA Ritenuto che: Con il decreto indicato in epigrafe la Corte d'Appello di L'Aquila ha accolto parzialmente il reclamo proposto da Ra.Gi. nei confronti di Ce.Ad., c avverso la decisione del Tribunale di Pescara limitatamente alle spese di causa rigettandolo nella parte in cui instava per l'aumento dell'assegno divorzile. Il giudice di appello riteneva non sussistente le condizioni che giustificavano una revisione dell'assegno divorzile nel senso richiesto dalla reclamante rilevando che la reclamante, a seguito della eredità ricevuta, aveva migliorato la propria situazione economica al netto delle spese sostenute per estinguere l'ipoteca giudiziale ed estinguere i pregressi debito. Ha comunque sottolineato che vi era la possibilità di fare richiesta di pensione sociale ove ne avesse maturato i requisiti. Osservava poi che la circostanza posta a base della richiesta di aumento dell'assegno (ossia la necessità di provvedere alla locazione di un immobile) non poteva dirsi sopravvenuta essendo già esistente sin dal 2012 e che comunque il soggetto onerato usufruiva di una modesta pensione ed aveva una figlia minore da mantenere. Avverso tale decreto Ra.Gi. propone ricorso per cassazione affidato a due motivi illustrati da memoria. Ce.Ad. non si è costituito rimanendo intimato. RAGIONI DELLA DECISIONE Considerato che: Con il primo denuncia la "violazione e/o falsa applicazione di legge (art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.) in relazione all'art. 112 cpc art. 324 e 738 cpc nonché art. 2909 c.c. violazione e/o falsa applicazione di legge (art. 360, comma 1, n.3, c.p.c.) in relazione alla legge n.898/1970, artt. 5 e 9. Error in procedendo. Omessa decisione per avere la Corte di appello omesso di decidere relativamente alle lamentate violazioni delle norme di cui agli artt. 112 cpc, 324 cpc, 730 cpc e 2909 c.c. proposte da parte dell'appellante senza alcuna ragione espressa. Si sostiene che l'oggetto del ricorso era limitato alla verifica delle condizioni che giustificano la revisione dell'assegno divorzile per la percezione da parte della beneficiaria di una pensione sociale. Il Giudice di merito, secondo la ricorrente, avrebbe invece delibato al di fuori del thema decidendum, procedendo ad uno scrutinio su aspetti della vicenda allo stesso precluso siccome non oggetto della domanda incorrendo nella violazione del principio di cui all'art. 112 cpc della corrispondenza tra chiesto e pronunciato che il Giudice è tenuto a rispettare. Il Tribunale di Pescara ha emesso una sentenza ultra petita del tutto incoerente con il petitum e con la causa petendi. Si lamenta poi che nel decreto impugnato non vi sarebbe alcun riferimento alle condizioni economiche delle parti al momento della sentenza di divorzio viene fatto dal Giudice del reclamo. La violazione di legge si rinviene alla stregua del fatto che non è stato eseguito alcun conforto tra le condizioni di cui alla sentenza n. 152/12 Tribunale di Pescara e le condizioni attuali. Si sostiene poi che il procedimento introdotto da Ce.Ad. innanzi al Tribunale di Pescara era identico ad altro promosso nel maggio 2021, proc n. 1357/2021 (all. sub b di cui al sotto fasciolo ex art. 369 cpc co 2, n.4), per le medesime ragioni e per le medesime richieste, che era stato rigettato dal Tribunale di Pescara in data 28.02.2022.(all. sub a di cui al sotto fasciolo ex art. 369 cpc co 2, n.4) sicchè sul medesimo si sarebbe formata l'autorità di cosa giudicata ex art. 324 cpc che, come è noto, copre il c.d. dedotto e deducibile. Si afferma che nella fattispecie concreta la Corte territoriale non avrebbe valutato se le condizioni esistenti all'epoca per la concessione dell'assegno divorzile fossero cambiate e in che misura e se quindi sussistessero i "giusti motivi sopravvenuti" per revocare l'assegno divorzile. In conclusione, la Corte di Appello avrebbe operato una nuova valutazione del tutto svincolato dalla sentenza di divorzio in aperta violazione dell'art. 9 L. n. 898/1970. Con un secondo motivo si deduce la violazione e/o falsa applicazione di legge (art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.) in relazione all'art.132 n.4 cpc, per contraddittoria e/o apparente motivazione in relazione ai fatti indicati. Violazione e/o falsa applicazione di legge (art. 360, comma 1 n.4) per violazione dell'art. 115 cpc. violazione e/o falsa applicazione di legge (art. 360, comma 1, n. 3 cpc) in relazione all'art. 3, comma 6, legge n. 335/1995 in materia di assegno sociale. Si sostiene che la Corte di appello infatti date le rilevate premesse avrebbe dovuto giungere ad altra e ben diversa conclusione anzicchè dare vita ad una motivazione, oltre che estremamente sintetica, del tutto incoerente e contraddittoria con i fatti e la valutazione posta a fondamento dell'iter motivazionale. Si osserva sul punto che la Corte di Appello, malgrado prenda atto che la somma di Euro 20.500,00, residuata al netto della restituzione dei prestiti, sarebbe stata sufficiente per vivere solamente per i successivi due anni, giunge tuttavia in maniera del tutto illogica irrazionale a sostenere che le condizioni patrimoniali della Ra.Gi. sarebbero migliorate a tal punto da giustificare, nella sostanza, la conferma del provvedimento impugnato. Si deduce poi che il giudice del reclamo in ordine alla valutazione delle condizioni reddituali del Ce.Ad. sarebbe incorso nella violazione dell'art 115 c.p.c. affermando che quest'ultimo godrebbe di una modesta pensione (Euro 10.000,00) laddove in sede di verbale di udienza del 05.12.2022 (all. sub c di cui al sotto fascicolo ex art. 369 cpc co 2, n.4) innanzi al Tribunale di Pescara nel giudizio Rgvg n. 2068/2022 aveva dichiarato di percepire complessivamente la somma di euro1.300,00 mensili al netto dell'assegno riconosciuto alla Ra.Gi. pari ad Euro 300,00 mensili e nella sentenza n. 152/12 risulta che Ce.Ad. è titolare di un reddito da lavoro pari ad Euro 1.350,00 netti e di una rendita INAIL di Euro 777,00 mensili con ciò incorrendo nel vizio di travisamento della prova. Il primo motivo è fondato sotto il profilo della violazione di legge essendo gli altri motivi relativi al prospettato vizio di ultra-petizione e di giudicato cautelare inammissibili per difetto di specificità. Sotto quest'ultimo aspetto è orientamento consolidato di questa Corte che, in tema di ricorso per cassazione, sono inammissibili, per violazione dell'art. 366, comma 1, n. 6, c.p.c., le censure fondate su atti e documenti del giudizio di merito qualora il ricorrente si limiti a richiamare tali atti e documenti, senza riprodurli nel ricorso ovvero, laddove riprodotti, senza fornire puntuali indicazioni necessarie alla loro individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta presso la Corte di cassazione, al fine di renderne possibile l'esame, ovvero ancora senza precisarne la collocazione nel fascicolo di ufficio o in quello di parte e la loro acquisizione o produzione in sede di giudizio di legittimità (tra le altre, Sez. 2, Ord. 13531 del 2023, che menziona "Cassazione civile sez. un., 27/12/2019, n.34469; Cassazione civile sez. III, 09/04/2013, n.8569"). Nel caso in esame l'esposizione in fatto, contenuta nel ricorso introduttivo del presente giudizio, è carente, non dando atto specificamente di quel che è accaduto nel corso del giudizio di merito in primo e secondo grado e del contenuto degli atti e delle decisioni del Tribunale con particolare riferimento alle ragioni dell'impugnazione spiegata dall'odierno ricorrente, il quale non ha puntualmente indicato il contenuto dei documenti richiamati all'interno delle censure, segnalando la loro presenza negli atti del giudizio svolto nei gradi di merito, individuandoli altresì nella loro collocazione nonché riportandone alcuni estratti. In tal modo non si consente alla Corte di avere una chiara e completa cognizione sia del fatto sostanziale sotteso alla controversia sia della dinamica processuale. Ciò posto relativamente al dedotto vizio di violazione di legge occorre ricordare che la definitività dei provvedimenti adottati in sede di divorzio, anche con riferimento all'assegno divorzile, va intesa come assistita da un giudicato rebus sic stantibus, per cui il giudice, in sede di procedimento avente a oggetto la loro revisione, non può procedere a una diversa ponderazione delle pregresse condizioni economiche delle parti, né può prendere in esame fatti anteriori alla definitività del titolo stesso o che comunque avrebbero potuto essere fatti valere con gli strumenti concessi per impedire tale definitività, potendo considerare solo fatti successivi alla formazione del predetto giudicato. Una volta accertata, in fatto, la sopravvenienza di circostanze potenzialmente idonee, con riferimento alla fattispecie concreta, ad alterare l'assetto economico stabilito tra gli ex coniugi al momento della pronuncia sulle condizioni del divorzio, quale presupposto necessario per l'instaurazione del giudizio di revisione dell'assegno, il giudice deve, poi, procedere alla valutazione, in diritto, dei "giustificati motivi" che ne consentono la revisione sulla base del "diritto vivente", tenendo conto della interpretazione giurisprudenziale delle norme applicabili corrente al momento della decisione (Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 1645 del 19-01-2023). La revisione dell'assegno divorzile, infatti, richiede la presenza di "giustificati motivi" e impone, prima di tutto, la verifica di una sopravvenuta, effettiva e significativa modifica delle condizioni economiche degli ex coniugi sulla base di una valutazione comparativa delle rispettive situazioni reddituali e patrimoniali. Ove, pertanto, le ragioni invocate per la revisione siano tali da giustificare la revoca o la riduzione dell'assegno divorzile, è indispensabile accertare con rigore l'effettività dei mutamenti e verificare l'esistenza del nesso di causalità tra gli stessi e la nuova situazione economica instauratasi (Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 354 del 10-01-2023). Nel caso di specie, la Corte d'Appello ha statuito che: 1) la modifica in peius delle condizioni risale all'anno 2012 e comunque non era stata delibata dal Tribunale con riferimento all'istanza di aumento dell'assegno; 2) poteva darsi per acclarata la percezione di una quota dell'appartamento gravato da ipoteca giudiziale di Euro 10.000,00; 3) la cessione della quota da parte della reclamante aveva fruttato l'importo di Euro 20.500,00, al netto delle spese sostenute per la cancellazione dell'ipoteca ed estinzione dei relativi debiti ,importo questo sufficiente a vivere per due anni; 4) la reclamante poteva far richiesta di ottenere la pensione sociale in presenza dei relativi requisiti; 5) la richiesta di aumento del canone locatizio posto a base della domanda di revisione della misura dell'assegno non rappresentava un fatto sopravvenuto; 6) il reclamato che è tenuto a provvedere ad una figlia minore dispone di una modesta pensione. La Corte di merito non ha operato una corretta valutazione né delle condizioni patrimoniali e reddituali delle parti, rispetto a quelle esistenti al momento della pronuncia attributiva dell'assegno divorzile sotto il profilo delle condizioni patrimoniali (mobiliari e immobiliari) di entrambe le parti e neppure ha verificato la sussistenza di "gravi motivi" per disporre la revisione dell'assetto economico post divorzile, valutando la sostenibilità dell'assegno in essere da parte dell'obbligato all'attualità. Non è dato comprendere le ragioni per le quali una entrata di Euro 20.500,00 (legata alla cessione della quota ereditaria) considerata dal giudice di merito sufficiente a coprire le esigenze della beneficiaria per due anni, sia in grado di sopperire al mancato introito correlato alla percezione di un assegno divorzile. Alla stregua delle considerazioni sopra esposte il ricorso va accolto nei limiti sopra precisati e rinviato alla Corte d'Appello, in diversa composizione, al fine di valutare la sussistenza dei giustificati motivi, procedendo alla comparazione tra la situazione patrimoniale degli ex coniugi al momento del divorzio e della richiesta revisione tenendo conto di tutte le disponibilità economiche di cui ciascuno dei coniugi attualmente dispone ivi compresa la pensione sociale di cui gode la ricorrente alla luce degli indirizzi già espressi da questa Corte(11797 2021). P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso nei limiti di cui in motivazione; cassa la decisione impugnata e rinvia alla Corte di appello di L'Aquila, in diversa composizione, anche per le spese di questa fase. Dispone che, in caso di diffusione, siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti menzionati nell'ordinanza, a norma dell'art. 52 D.Lgs. n. 196 del 2003. Così deciso in Roma il 10 gennaio 2025. Depositato in Cancelleria il 21 gennaio 2025.
29-01-2025 20:22
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