Serbia. Si dimette il premier Vucevic, tra proteste e scandali di corruzione

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di Giuseppe Gagliano

Si è dimesso il primo ministro serbo Milos Vucevic, un gesto che segna un nuovo capitolo di instabilità politica per la Serbia, un Paese scosso da mesi di proteste e accuse di corruzione endemica. L’annuncio, arrivato a seguito di un’aggressione a Novi Sad ai danni di manifestanti, ha messo in luce una crisi istituzionale che si trascina da anni, radicata nelle fragilità di un sistema politico dominato dal presidente Aleksandar Vucic.
Le proteste contro il governo sono iniziate il 1 novembre dopo il tragico crollo di una tettoia nella stazione ferroviaria di Novi Sad, che ha causato la morte di 15 persone. Questo incidente, oltre a rappresentare una tragedia umana, è diventato il simbolo della cattiva gestione e della corruzione che molti cittadini attribuiscono agli anni di potere di Vucic e del suo partito, il Partito Progressista Serbo (SNS).
Secondo i manifestanti il crollo non è stato un semplice incidente, bensì il risultato diretto di anni di mala gestione, appalti truccati e un sistema di controllo incapace di garantire la sicurezza delle infrastrutture. La tettoia, completata nel 2022 come parte di un progetto di modernizzazione ferroviaria, era stata costruita da una compagnia legata a un oligarca vicino al partito di governo. I lavori, secondo diversi rapporti, erano stati conclusi in fretta e senza rispettare gli standard di sicurezza.
Questo episodio ha scatenato proteste in tutto il Paese, con migliaia di persone che sono scese in piazza per chiedere non solo le dimissioni del governo, ma anche riforme profonde per combattere la corruzione dilagante.
Lunedì scorso a Novi Sad un gruppo di manifestanti è stato aggredito da uomini presumibilmente usciti dalla sede locale del Partito Progressista Serbo. Questo evento ha aggravato ulteriormente le tensioni, alimentando le accuse di collusione tra il governo e gruppi violenti utilizzati per intimidire gli oppositori.
Milos Milos Vucevic, in carica da meno di un anno, ha citato questo episodio come ragione principale delle sue dimissioni, affermando che la violenza è “inaccettabile in un Paese che si definisce democratico”. Tuttavia le sue parole non hanno convinto i manifestanti, che vedono in Vucevic una figura subordinata a Vucic, considerato il vero detentore del potere in Serbia.
Aleksandar Vucic, presidente della Serbia dal 2017 e primo ministro dal 2014 al 2017, è il principale bersaglio delle critiche. Durante il suo mandato il Paese ha vissuto una crescita economica moderata, ma al prezzo di un aumento della concentrazione del potere e di una riduzione degli spazi democratici.

Diversi scandali hanno colpito il governo Vucic negli ultimi anni. Tra i casi più emblematici:
1. Il caso delle autostrade gonfiate: Nel 2020, un’indagine giornalistica ha rivelato che milioni di euro erano stati sottratti durante la costruzione di un’autostrada strategica che collegava Belgrado al Montenegro. I contratti erano stati assegnati a società legate a politici del Partito Progressista Serbo, con costi gonfiati del 30% rispetto ai progetti originali.
2. Il traffico d’armi: Nel 2019, un’inchiesta aveva scoperto che l’azienda pubblica Krusik, specializzata nella produzione di armi, vendeva armi a prezzi agevolati a società private vicine a Vucic, che poi le rivendevano a prezzi maggiorati a paesi in guerra come lo Yemen.
3. I legami con gli oligarchi: Uno degli aspetti più controversi del governo Vucic è il rapporto con una rete di oligarchi che controllano settori strategici dell’economia serba, dai media alle infrastrutture. Questi imprenditori, in cambio di favori e appalti pubblici, sostengono il governo con campagne mediatiche e finanziamenti elettorali.

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Con le dimissioni di Vucevic la Serbia entra in una fase di incertezza politica. La scelta del prossimo primo ministro, o l’eventuale convocazione di elezioni anticipate, sarà cruciale per determinare il futuro del Paese. Tuttavia, molti analisti ritengono che, senza una riforma strutturale del sistema politico ed economico, le dimissioni di Vucevic rappresentino solo un cambio superficiale.
Le proteste infatti non si limitano a chiedere le dimissioni di singoli leader, ma richiedono un cambiamento sistemico. La sfiducia verso le istituzioni è palpabile, e molti cittadini vedono il sistema politico attuale come irrimediabilmente corrotto.
La crisi serba è un monito per gli alleati occidentali, che spesso vedono Vucic come un interlocutore chiave nei Balcani, soprattutto per le sue promesse di stabilizzare la regione e di avvicinare la Serbia all’Unione Europea. Tuttavia, la concentrazione del potere e la corruzione endemica rappresentano un rischio non solo per la Serbia, ma per l’intera stabilità della regione balcanica.
Mentre la Serbia naviga in un mare di incertezze, una cosa è chiara: la pazienza dei cittadini nei confronti di un sistema corrotto e inefficiente sta rapidamente finendo. La domanda ora è se il sistema politico serbo sarà in grado di rispondere a questa richiesta di cambiamento o se continuerà a perpetuare lo status quo, alimentando ulteriormente le tensioni sociali e politiche.



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