Musk lancia X Money, il portafoglio digitale nato da una partnership di X con Visa che consentirà agli utenti di X di spostare fondi tra i conti bancari tradizionali e il loro portafoglio digitale ed effettuare pagamenti peer-to-peer istantanei
Il day after della deflagrazione di DeepSeek nelle Borse mondiali e nel cuore dei colossi dell’intelligenza artificiale (AI) della Silicon Valley che ha minato la presunzione di superiorità tecnologica americana rispetto alla Cina, porta reazioni che non sono di panico ma di riflessione: non dichiarazioni bellicose (sempre possibili perché alcuni avevano attribuito i successi della startup cinese allo sfruttamento illegale di tecnologie Usa mentre altri avevano parlato di un caso costruito mediaticamente dal regime di Pechino per gettare nello scompiglio il nucleo strategico delle industrie americane), ma il riconoscimento che il nuovo modello low cost rappresenta un progresso reale e che, quindi, è tempo di rimboccarsi le maniche.
La sveglia alle imprese americane
Dopo Marc Andreessen, che, come abbiamo scritto ieri, è stato il primo a suonare l’allarme, parlando di Sputnik moment per l’America, è toccato a Sam Altman, capo dell’apripista OpenAI che sta investendo cifre imponenti nello sviluppo dei modelli successivi al ChatGpt lanciato due anni fa, riconoscere che quelli ottenuti da DeepSeek sono «progressi impressionanti». Subito dopo è sceso in campo lo stesso presidente Donald Trump che, anziché premere sul tasto della contrapposizione col grande avversario strategico, ha affermato che quanto avvenuto deve dare la sveglia alle imprese americane, spingendole a raddoppiare gli sforzi per innovare e competere con le compagnie di Pechino.
La settimana scorsa, appena arrivato alla Casa Bianca, Trump aveva tenuto a battesimo Stargate, un investimento da 500 miliardi di dollari di OpenAI, Oracle e SoftBank per lo sviluppo di infrastrutture e data center per l’intelligenza artificiale. Ora, nel raddoppiare gli sforzi, bisognerà anche verificare se quei piani vanno nella direzione giusta o se, seguendo la strada imboccata da DeepSeek, non si possano ottenere risultati altrettanto ambiziosi investendo molto meno.
I problemi geopolitici e di sicurezza
Per gli Stati Uniti tutto questo crea un problema geopolitico di supremazia tecnologica, sempre più in discussione, e uno di sicurezza: se da anni si discute di una messa al bando di TikTok qualora rimanga di proprietà cinese per il rischio di sfruttamento dei dati dei 170 milioni di utenti americani da parte del regime di Pechino e di alterazioni a fini politici dei messaggi diffusi dalla piattaforma social, gli stessi problemi tornano, in modo forse ancor più incalzante, con DeepSeek. Chiede molti dati a chi si registra e, nel rispondere alle domande degli utenti, censura le risposte su questioni — come le libertà politiche o la repressione dei disordini della Tienanmen — “silenziate” dal Partito comunista cinese.
L’atteggiamento più “morbido” di Trump
Ma, anche se in passato il partito repubblicano, e lo stesso Trump, sono stati perfino più duri dei democratici nel confronto con Pechino, ricorrendo anche a una retorica aggressiva, per ora il neopresidente sta scegliendo un atteggiamento più morbido, probabilmente nella prospettiva di un negoziato complessivo con Xi Jinping che tenga insieme TikTok, dazi, fentanyl, il riequilibrio di scambi commerciali oggi enormemente sbilanciati a favore della Cina e, ora, anche l’AI. Lo si è visto già con la questione di TikTok: nel suo primo mandato Trump aveva deciso di metterla al bando con un suo ordine esecutivo mentre ora vuole, invece, salvarla. Per riconoscenza (“mi ha portato il voto dei giovani”) e per evitare l’impopolarità e i danni economici che deriverebbero dalla disattivazione di una rete sociale che per molti è diventata un modo essenziale di connettersi col mondo, mentre per altri è addirittura un canale insostituibile per svolgere un’attività economica.
La joint venture paritetica tra imprese cinesi e americane
L’intreccio DeepSeek-TikTok è emerso ieri quando Trump, oltre a recepire l’avanzata della startup cinese come un progresso positivo che deve «spingere le imprese Usa a essere focalizzate come un raggio laser», ha ribadito di puntare, per la rete social cinese, a un compromesso basato sulla creazione di una joint venture paritetica tra imprese cinesi e americane. Nei giorni scorsi si è parlato di vari pretendenti, a partire dalla X di Elon Musk, ma ieri Trump ha confermato che è scesa in pista anche Microsoft. Ed ha auspicato che anche altri gruppi si facciano avanti in modo da creare un’asta al rialzo. Per dimostrare ai cinesi che possono guadagnare molto da un accordo mentre, in caso di rottura e messa al bando, la Casa Bianca avrebbe contraccolpi negativi, ma i padroni di ByteDance perderebbero tutto. E di recente la holding cinese, fin qui contraria a cessioni, ha aperto al negoziato con la dichiarazione possibilista di un suo consigliere d’amministrazione americano: Bill Ford, presidente del fondo General Atlantic.
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Il portafoglio digitale
Intanto Elon Musk, soddisfatto per lo smacco subito dal suo avversario Sam Altman e attento agli sviluppi su TikTok, apre un nuovo fronte di attività in campo finanziario lanciando un portafoglio digitale (forse utilizzabile anche per le criptovalute) e un sistema di pagamento peer-to-peer denominato X Money Account e gestito attraverso la rete di Visa, che consentirà agli utenti della sua rete sociale X (ex Twitter) di effettuare pagamenti istantanei attraverso questi digital wallet anziché attraverso i tradizionali conti bancari.
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