Per quel che riguarda la sanatoria edilizia, gli interventi abusivi realizzati in totale difformità o privi del permesso di costruire si valutano in base all’articolo 36 del dpr 380/2001, che dispone l’obbligatorietà, per ottenere il permesso in sanatoria, della conformità urbanistica ed edilizia dell’opera sia al momento della realizzazione che a quello della presentazione dell’istanza. Le variazioni essenziali rientrano invece nella sanatoria semplificata del DL Salva Casa, con regolarità edilizia ‘prima’ e urbanistica ‘dopo’.
Ci sono sanatorie possibili e altre impossibili: dipende sempre dall’accertamento di conformità, sia esso classico o semplificato, che va a incidere sulla possibilità di ottenere il permesso in sanatoria e di regolarizzare determinati abusi edilizi.
La sanatoria semplificata del Salva Casa
Il Decreto Salva Casa, con l’introduzione dell’art.36-bis al Testo Unico Edilizia, ha semplificato le procedure in caso ai abusi ‘lievi’, ovverosia le parziali difformità, le variazioni essenziali e le opere realizzate in assenza di SCIA, che oggi sono sanabili se conformi alle regole edilizie al momento della realizzazione dell’intervento (cioè prima) e a quelle urbanistiche al momento di presentazione dell’istanza (cioè dopo).
La doppia conformità classica
Ma quando siamo di fronte a interventi realizzati in totale difformità o privi del permesso di costruire, allora dobbiamo rifarci al ‘vecchio’ articolo 36, che dispone l’obbligatorietà, per ottenere il permesso in sanatoria, della conformità urbanistica ed edilizia sia prima che dopo.
Stesso dicasi per i casi riferiti alla previgenza del DL Salva Casa, ai sensi della quale, però, si potrebbe poi pensare di presentare un’altra istanza, in un secondo momento, per vedere se è possiible regolarizzare l’abuso.
Il caso: ristrutturazione edilizia senza permesso di costruire
Nellas sentenza 18/2025 del TAR Abruzzo si dibatte su alcuni lavori di ristrutturazione edilizia realizzati su un immobile in totale assenza di permesso di costruire.
Gli interventi consistono nella divisione dapprima in due unità immobiliari, una per ciascun piano, avvenuta nel 1974 mediante ampliamento delle stesse, nell’eliminazione della scala comune interna di collegamento tra il piano terra e il primo piano, nella realizzazione di una scala esterna per l’accesso al primo piano e nel successivo frazionamento del piano terra in due unità immobiliari, avvenuto nel 1984, con mutamento di destinazione d’uso dei locali adibiti a garage-magazzino.
I ricorrenti, per queste opere, hanno quindi presentato domanda per il rilascio del permesso di costruire in sanatoria ex art.36 del Testo Unico Edilizia.
Ma il comune ha respinto la domanda, in quanto la soluzione progettuale proposta non è risultata conforme alle previsioni urbanistiche vigenti.
Il tempo trascorso non inficia il diniego di sanatoria
Il TAR evidenzia che l’accertamento della carenza del requisito della doppia conformità, richiesto dall’articolo 36 del d.P.R. 380/2001 quale presupposto per il rilascio del titolo edilizio in sanatoria, determina dunque che il provvedimento impugnato, in quanto adottato all’esito dell’esercizio di un potere vincolato, non avrebbe potuto assumere un contenuto di segno contrario.
Peraltro, si sottolinea come il provvedimento con cui viene negato l’accertamento di conformità delle opere, stante la sua natura vincolata, non esige l’individuazione di un pubblico interesse diverso dal mero ripristino della legalità violata e impone, in ogni caso, l’adozione del diniego di conformazione delle stesse, a prescindere dalla distanza temporale che intercorre con la realizzazione dell’abuso e dall’estraneità dell’attuale titolare dell’immobile alla realizzazione dell’abuso, in capo al quale non si forma un affidamento legittimo, meritevole di essere tutelato, alla conservazione delle opere abusivamente realizzate.
Se manca la doppia conformità, niente sanatoria
Il motivo decisivo per il diniego di sanatoria è comunque collegato alla tipologia delle opere: infatti, la realizzazione di tre unità abitative in luogo dell’unica unità abitativa autorizzata con la licenza edilizia del 31 dicembre 1954, la trasformazione della destinazione d’uso del garage e del deposito ubicati al piano terra, la rimozione della scala interna di collegamento tra i due piani della medesima abitazione e la sua sostituzione con una nuova scala esterna per l’accesso al primo piano nonché l’ampliamento dei locali destinati a cucina, ubicati nel lato nord-est dell’edificio, rappresentano una variante essenziale al progetto originariamente assentito, tale da modificare non solo la superficie, la cubature e il prospetto dell’edificio ma anche la destinazione d’uso di parte dell’immobile, con conseguente aggravio del carico urbanistico della zona.
Per tale ragione, contrariamente a quanto sostenuto dalla parte ricorrente, le predette variazioni essenziali, apportate al progetto inizialmente approvato, avrebbero dovuto essere autorizzate con il rilascio di un titolo in sanatoria, che è mancato a causa dell’accertamento della non rispondenza delle opere realizzate alla disciplina edilizia e urbanistica vigente, poiché l’ampliamento dei locali adibiti a cucina e la distanza minima tra fabbricati non rispettano gli articoli 1.6.5, comma 2, 1.6.4, comma 2, e 1.6.2, comma 5, delle NTA al PRG.
Il ricorrente si è limitato infatti ad affermare che l’ampliamento della superficie, pari a circa 9 mq per ciascuno dei due piani, non avrebbe dovuto essere autorizzato all’epoca della sua realizzazione, individuata in data anteriore al 1963, dalla Commissione Edilizia Comunale, ma dalla semplice apposizione di un visto da parte del Sindaco, e che la violazione delle distanze tra edifici è stata realizzata dai proprietari frontisti che hanno costruito successivamente in violazione delle stesse, senza tuttavia nulla addurre in relazione all’attuale contrasto delle opere di ampliamento realizzate con la vigente disciplina edilizia e urbanistica.
Variazioni essenziali: oggi c’è la sanatoria semplificata! Ma occhio alla conformità urbanistica ‘oggi’
Il caso è comunque al limite: se si fosse verificato oggi, in vigenza del Salva Casa, si sarebbe potuta presentare una richiesta di permesso in sanatoria semplificata, visto che siamo nel campo delle variazioni essenziali ex art.32 del dpr 380/2001, che prevedono appunto la possibilità di procedere con l’art.36-bis.
La stessa non sarebbe comunque stata accolta perché manca la regolarità urbanistica al momento di presentazione dell’istanza (cioè oggi), condizione necessaria anche procedendo col nuovo tipo di accertamento di conformità.
LA SENTENZA E’ SCARICABILE IN ALLEGATO
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