Il 27 gennaio 1945 – esattamente 80 anni fa – i cancelli del campo di sterminio di Auschwitz furono abbattuti dall’esercito sovietico, liberando 9.000 prigionieri. Un momento storico che segnò simbolicamente la fine del genocidio perpetrato dai nazisti durante la Seconda Guerra Mondiale. Per questo motivo, dal 2005 – in Italia già dal 2000 – questa data è stata designata dagli Stati membri delle Nazioni Unite come “Giornata della Memoria”. Una ricorrenza che invita il mondo intero a riflettere e a mantenere vivo il ricordo della Shoah: un lutto universale per l’umanità che non può e non deve essere dimenticato, non solo per chi ne portò le ferite sulla propria pelle, ma soprattutto per le generazioni future.
Il passato torna a parlare attraverso le parole di chi visse l’orrore dei campi di concentramento, ma assume una forza ancora più dirompente grazie alle immagini. Come affermò Susan Sontag nel suo saggio Davanti al dolore degli altri, le fotografie degli ebrei deportati non si limitano a documentare, ma congelano l’orrore in un istante eterno. E il cinema, con i suoi film e documentari, ha saputo amplificare questa potenza visiva, offrendoci alcuni dei racconti più toccanti e indimenticabili sulla tragedia dell’Olocausto.
Attraverso il grande schermo, la memoria diventa un ponte tra passato e presente, un invito a ricordare per non dimenticare.
I film da non perdere stasera in tv
Jojo Rabbit (Rai Movie 24, ore 17.30)
Anche se trasmesso nel tardo pomeriggio, Jojo Rabbit merita senza dubbio di essere visto. Questo film rappresenta un’impresa tutt’altro che semplice: coniugare umorismo e leggerezza con una tragedia immensa come lo sterminio degli ebrei. Un’impresa che richiede il genio di maestri come Charlie Chaplin ne Il grande dittatore o Roberto Benigni in La vita è bella. A riuscirci con altrettanto successo è stato il regista neozelandese Taika Waititi, che firma questa opera al tempo stesso brillante e toccante.
La storia è ambientata nella Germania degli ultimi giorni del Terzo Reich. Joannes Betzler, un bambino di dieci anni, è vittima di un’adorazione cieca e ingenua per il nazismo, spinta al punto di avere come amico immaginario una caricatura grottesca di Adolf Hitler. Jojo, soprannominato “Rabbit” per il suo rifiuto della violenza e la sua goffaggine durante gli allenamenti della gioventù hitleriana, si trova improvvisamente a confrontarsi con una verità che sconvolge il suo piccolo mondo: sua madre Rosie nasconde in casa una giovane ragazza ebrea, Elsie. Inizialmente spaventato e ostile, Jojo scoprirà in Elsie una figura che cambierà radicalmente il suo modo di vedere il mondo, proprio mentre il Terzo Reich si avvia al collasso.
Taika Waititi, che oltre a dirigere il film ne firma la sceneggiatura e interpreta l’assurdo Hitler immaginario, riesce a fondere con maestria due registri apparentemente opposti. La prima parte del film, leggera e ironica, si intreccia perfettamente con una seconda più intima e malinconica, senza che vi siano cesure percepibili. Il risultato è uno script che gli è valso il Premio Oscar 2020 per la sceneggiatura non originale. Gran parte del merito va anche a un cast straordinario, in cui spiccano il giovanissimo Roman Griffin Davis, impeccabile nel ruolo del protagonista, e Thomasin McKenzie, che interpreta con grande delicatezza la determinata Elsie. Tra gli altri, brillano Scarlett Johansson, perfetta nel ruolo di Rosie, una madre amorevole e coraggiosa; Sam Rockwell, che dà vita a un capitano nazista tanto cinico quanto disilluso; e i brillanti contributi di Rebel Wilson e Stephen Merchant.
La Tregua (La 7, ore 22.05)
Quando la Seconda Guerra Mondiale giunge al termine, un gruppo di deportati viene liberato dal lager di Auschwitz dall’Armata Rossa. Tuttavia, senza punti di riferimento o una direzione precisa, questi uomini e donne si trovano sbandati, uniti solo dalla comune ricerca di un ritorno a casa. Tra loro ci sono polacchi, cechi, francesi e italiani. Gli italiani, in particolare, si affidano a un connazionale che si improvvisa mediatore con i russi, dando il via a un lungo e difficile viaggio verso la libertà. Nel gruppo c’è Primo Levi, che si muove insieme a compagni come Cesare, l’estroverso del gruppo, e figure emblematiche come Daniele, Ferrari, Unverdorben e D’Agata. Insieme attraversano l’Europa centrale, percorrendo a piedi e sui treni di fortuna strade incerte, spesso illudendosi di aver trovato la via giusta, altre volte sopraffatti dallo sconforto per un traguardo che sembra irraggiungibile. Mentre cercano di ricostruire una vita tra le macerie di un continente devastato, riaffiorano in rapidi e dolorosi flashback gli orrori del lager, che Primo non riesce a dimenticare. Sopravvissuto, si ritrova a fare i conti con un senso di colpa opprimente, alimentato dall’incredulità di poter tornare a una normalità ormai irrecuperabile. L’ultima tappa del viaggio è Torino, dove Primo ritrova la madre e la sorella. Seduto nella tranquillità della sua stanza, davanti alla macchina da scrivere, tenta di rievocare quella tragedia passata, ma il peso del suo vissuto rimane insostenibile.
Tra le molteplici testimonianze sulle atrocità dei lager nazisti, quella di Primo Levi è una delle più profonde e struggenti. Pubblicato nel 1963, La tregua non è solo un resoconto degli eventi, ma un grido di dolore contro l’annientamento della coscienza umana, una riflessione sul senso di sconfitta e sul pessimismo radicale che l’esperienza della Shoah ha lasciato nei sopravvissuti. Levi, incapace di elaborare del tutto il trauma, pose fine alla sua vita nel 1987, lasciando dietro di sé un’eredità preziosa e terribile. Il film di Francesco Rosi ripropone fedelmente l’odissea di questi disperati, trasformandola in un viaggio visivo e narrativo di grande intensità. Al centro di tutto c’è la figura di Primo, guida e voce che vuole far arrivare ai posteri sia le parole del libro che le immagini del film.
Il pianista (Cielo, ore 21.15)
Tra i capolavori più intensi e toccanti di Roman Polański, Il pianista è una straordinaria opera che nel 2002 si aggiudicò numerosi premi Oscar, tra cui quello per il Miglior Attore Protagonista ad Adrien Brody. Il film è tratto dall’autobiografia del musicista polacco Władysław Szpilman, una testimonianza straordinaria di resilienza e sopravvivenza durante gli anni più bui della Seconda Guerra Mondiale.
Nel 1939, la Polonia viene invasa dalle truppe naziste, e Szpilman (Brody), come molti suoi concittadini ebrei, è costretto a vivere nel ghetto di Varsavia. La sua vita cambia drammaticamente quando riesce miracolosamente a sfuggire alla deportazione. Rifugiandosi tra le case distrutte e abbandonate, Szpilman lotta per sopravvivere, vivendo mesi di solitudine e paura. La svolta arriva con l’incontro inaspettato di un capitano tedesco (Thomas Kretschmann), che, affascinato dalla sua musica, decide di aiutarlo, innescando una relazione che cambierà il destino del pianista.
Il film si distingue per la sua crudezza, che restituisce in maniera diretta e dolorosa la brutalità della persecuzione nazista, ma anche per la poesia che pervade le sequenze dedicate alla musica, vero filo conduttore della storia. Polański, con estrema sensibilità, esplora le reazioni degli ebrei di fronte alla ferocia del regime: dall’incredulità iniziale al disorientamento, fino alla consapevolezza amara che non esiste una via di scampo dalla follia irrazionale delle teorie naziste. Adrien Brody offre un’interpretazione magistrale, diventando il volto di una sofferenza silenziosa ma potentemente espressiva. La sua trasformazione fisica ed emotiva gli è valsa non solo il premio Oscar, ma un posto indelebile nella memoria cinematografica.
L’attore statunitense Adrien Brody è nuovamente candidato agli Oscar 2025 per The Brutalist, una storia altrettanto intensa e dolorosa sulla persecuzione degli ebrei.
Il figlio di Saul (Tv 2000, ore 23.50)
Opera prima del regista ungherese László Nemes, Il figlio di Saul è un film straordinario che ha conquistato l’Oscar nel 2016 come Miglior Film Straniero e il Gran Premio della Giuria a Cannes nel 2015. Ambientato negli anni Quaranta, nel cuore dell’inferno di Auschwitz, il film racconta la storia di Saul Ausländer, un prigioniero ungherese costretto a far parte del Sonderkommando, il gruppo di deportati incaricati dai nazisti di assisterli nelle atrocità più indicibili, come svuotare le camere a gas e bruciare i corpi delle vittime. Un giorno, durante il suo lavoro, Saul trova un ragazzo ancora vivo. Il giovane viene subito ucciso dai nazisti, ma Saul, convinto che si tratti di suo figlio, decide di dargli una degna sepoltura secondo i riti ebraici. Per farlo, intraprende una disperata ricerca di un rabbino, un gesto che diventa la sua unica ragione di sopravvivenza in un contesto dove l’umanità è stata brutalmente annientata.
Il film si distingue per la sua straordinaria capacità di raccontare una dimensione raramente esplorata: la devastazione morale e psicologica di coloro che furono obbligati a collaborare con il nemico per sopravvivere. Come scriveva Primo Levi, la creazione dei Sonderkommando rappresentò “il delitto più demoniaco del nazionalsocialismo”, un crimine che annullava l’individualità e trasformava i prigionieri in ingranaggi della macchina di morte nazista. Con una regia ipnotica e oppressiva, Nemes ci immerge nel punto di vista di Saul, seguendolo con una macchina da presa incessante e claustrofobica che restituisce il caos, la sofferenza e la disumanizzazione del lager. La narrazione ruota attorno a un gesto apparentemente piccolo ma immensamente simbolico: garantire una sepoltura al ragazzo, un’azione che restituisce a Saul una scintilla di umanità e un senso di giustizia in un universo dominato dalla violenza e dall’assurdo.
I film sulla Shoah da vedere in streaming
Schindler’s List (in streaming su NOW)
Schindler’s List appartiene a quella ristretta cerchia di film che non solo rappresentano un vertice assoluto nella trattazione di un tema specifico, ma ne ridefiniscono radicalmente la rappresentazione, diventando punti di riferimento artistici e culturali senza tempo. Nel 1993, Steven Spielberg realizzò la sua opera più audace e dolorosa, un film capace di mostrare al mondo una storia straordinaria e necessaria: quella di Oskar Schindler, un imprenditore tedesco che salvò oltre mille ebrei dalle camere a gas naziste.
Vincitore di sette premi Oscar, incluso quello per il Miglior Film, e inserito nella lista dei dieci migliori film americani di sempre, l’opera di Spielberg trae ispirazione dal libro di Thomas Keneally e racconta la vera storia di Schindler, un uomo affascinante, avventuroso e spregiudicato, che inizialmente sembra mosso più dall’opportunismo che dall’altruismo. L’azione si svolge nella Polonia occupata, dove Schindler rileva una fabbrica per produrre utensili e, approfittando dei legami con i vertici nazisti, convince alcuni ebrei del ghetto di Podgorze a finanziarne l’acquisto in cambio di un impiego nella sua impresa, salvandoli così dalla deportazione nei campi di sterminio. Il personaggio di Schindler evolve lentamente: da imprenditore opportunista e libertino, protetto dall’alto comando nazista e dal sadico Amon Goeth, diventa progressivamente consapevole dell’orrore che lo circonda. Con il prezioso aiuto del suo contabile ebreo, Itzhak Stern, Schindler compila una lista di 1.100 persone da assumere come operai, sottraendole alla deportazione. La sua fabbrica, trasferita a Brinnlitz, produrrà intenzionalmente granate difettose per ostacolare lo sforzo bellico nazista. Uno dei momenti più drammatici e intensi è il salvataggio delle donne del gruppo, erroneamente deportate ad Auschwitz: un’operazione rischiosa che Schindler compie mettendo a repentaglio la propria vita e spendendo fino all’ultimo dei suoi averi. Quando la guerra giunge al termine, Schindler è ormai rovinato finanziariamente, ma i suoi operai, riconoscenti, gli donano un anello d’oro con l’iscrizione tratta dal Talmud: “Chiunque salva una vita salva il mondo intero”.
Il diario di Anna Frank – 1959 (in streaming su RaiPlay)
A 14 anni di distanza dalla morte di Anna Frank, questo è il primo film che racconta la sua storia al cinema, portando sul grande schermo il diario che è diventato una delle testimonianze più emblematiche della Shoah.
Diretto da George Stevens, la pellicola si apre nel 1945 con Otto Frank, unico sopravvissuto della sua famiglia, che torna ad Amsterdam dal campo di sterminio. Raggiunge la soffitta sopra la fabbrica di spezie dove si era nascosto per due anni con la moglie Edith e le figlie Anna e Margot, grazie all’aiuto di amici fidati, Miep e il signor Kraler. Lì, tra i ricordi e il silenzio opprimente, ritrova il diario di Anna, che inizia a leggere, rivivendo i momenti trascorsi in clandestinità. Attraverso la narrazione diaristica, il film ricostruisce le speranze, i timori e il lento trascorrere del tempo nella soffitta-rifugio, mentre la famiglia Frank e i loro compagni di sventura lottano per conservare un’apparente normalità in un mondo che si sgretola. La tensione cresce fino alla scoperta del loro nascondiglio da parte delle SS (definite “Polizia Verde” nella pellicola). La scena dell’arresto non viene mostrata direttamente: il momento è reso attraverso un’intensa sequenza in cui il rumore dello scaffale spostato si mescola a una nube di polvere e alle voci concitate dei nazisti. Il film si chiude con Otto che legge una delle frasi più celebri e dolorose del diario: “Nonostante tutto, io credo ancora che la gente in fondo sia buona”.
Presentato in concorso al 12º Festival di Cannes, Il diario di Anna Frank è stato accolto con grande successo, vincendo tre Premi Oscar: Miglior Attrice Non Protagonista (Shelley Winters), Miglior Fotografia in bianco e nero e Miglior Scenografia in bianco e nero.
La zona d’interesse (in streaming su NOW)
Ispirato all’omonimo romanzo di Martin Amis, La zona d’interesse è un’opera inquietante e potente che ci porta al confine tra normalità e orrore, raccontando una storia che esplora la disumanizzazione e la banalità del male. Diretto da Jonathan Glazer, il film ci immerge nella quotidianità apparentemente idilliaca di una famiglia tedesca: Rudolf Höss, comandante di Auschwitz, sua moglie Hedwig e i loro figli vivono in una deliziosa villetta con piscina e giardino, trascorrendo le giornate tra gite in barca, pranzi all’aperto e momenti di serena routine. Tuttavia, questa quiete familiare è situata a pochi passi dall’inferno: il campo di concentramento di Auschwitz, che Rudolf dirige con efficienza disumana. La vicinanza con il luogo di sterminio e la totale indifferenza della famiglia di Höss alle atrocità che si consumano oltre il confine del loro giardino creano un contrasto agghiacciante e surreale. Jonathan Glazer costruisce un’opera di straordinaria potenza visiva e narrativa, in cui l’orrore non è mai mostrato direttamente, ma suggerito attraverso l’assenza: i rumori in lontananza, i fumi costanti all’orizzonte e l’apparente serenità di una famiglia che si è adattata alla mostruosità.
Dal talento di Jonathan Glazer, un’opera imprescindibile sulla perdita di umanità e sulla banalità del male, Gran Premio Speciale della Giuria a Cannes 2023, Miglior Film Internazionale e Miglior Suono agli Oscar 2024.
Per la recensione e l’analisi completa di La zona d’interesse, clicca qui.
La vita è bella (in streaming su Prime Video)
Italia, fine anni Trenta. Guido Orefice (Roberto Benigni), un uomo brillante e pieno di fantasia, si trasferisce ad Arezzo insieme all’amico Ferruccio (Sergio Bustric). Qui, in una casualità che sembra dettata dal destino, incontra Dora (Nicoletta Braschi), una donna incantevole e promessa sposa di un altro. Guido, innamorato al primo sguardo, inizia a corteggiarla con la sua irresistibile imprevedibilità, soprannominandola “Principessa” e conquistandola con il suo entusiasmo contagioso. Dal loro amore nasce Giosuè, mentre Guido realizza il suo sogno di aprire una libreria, proprio quando l’Italia fascista si allea con la Germania nazista e introduce le leggi razziali. Gli anni della guerra si fanno sempre più bui, e la discriminazione nei confronti degli ebrei diventa insopportabile. Nel 1944, il calvario raggiunge il suo apice: Guido, suo figlio Giosuè (Giorgio Cantarini) e lo zio Eliseo (Giustino Durano) vengono rastrellati e deportati in un campo di concentramento. Dora, pur non essendo ebrea, sceglie coraggiosamente di seguire il marito e il figlio, andando incontro al loro tragico destino. Nel campo di concentramento, Guido mette in atto un colpo di genio: trasforma l’orrore in un grande “gioco” agli occhi di Giosuè. Per proteggere l’innocenza del figlio dalla brutalità del lager, Guido inventa un mondo in cui tutto è una sfida, e il vincitore del gioco riceverà un carro armato vero come premio. Con questo stratagemma, riesce a preservare la gioia e la speranza del bambino, nonostante il dramma che li circonda. Una delle scene più iconiche è quella in cui Guido “traduce” a modo suo le regole urlate da un soldato tedesco, trasformando un momento di terrore in un irresistibile atto d’amore e comicità.
Scritto da Roberto Benigni e Vincenzo Cerami, La vita è bella rappresenta un audace esperimento cinematografico. Raccontare l’Olocausto con il sorriso era una sfida che rischiava di risultare inappropriata, ma la straordinaria abilità di Benigni e Cerami nel bilanciare commedia e dramma ha reso il risultato straordinario. La pellicola si divide nettamente in due parti: la prima, che celebra la leggerezza dell’amore e della vita, e la seconda, che affronta con profonda umanità il dramma della deportazione. Guido è il cuore pulsante del film, capace di affrontare la brutalità con un’inesauribile forza d’animo. Benigni, già celebre per il suo talento comico in opere come Il piccolo diavolo e Johnny Stecchino, si rivela qui un autentico mattatore, in grado di passare dalla satira al regime fascista a momenti di straordinaria tenerezza.
Il grande dittatore
Un piccolo barbiere ebreo somiglia incredibilmente al dittatore che ha scatenato una feroce campagna razzista. Travolto dagli eventi, l’uomo finisce per sfruttare la somiglianza per ribellarsi. Diretto e interpretato da Charlie Chaplin, Il grande dittatore è una commedia satirica scopertamente politica, audace e controversa per l’epoca: è il primo film di Hollywood a prendere di mira Adolf Hitler e il regime nazista, affrontando la drammatica attualità della Seconda Guerra Mondiale.
Girato nel 1939, appena una settimana dopo l’inizio del conflitto, il film rappresenta il primo esperimento di Chaplin con il cinema sonoro. La sua performance memorabile vede l’attore sdoppiarsi nei ruoli di un ingenuo barbiere ebreo e del Führer Adenoid Hynkel, una grottesca caricatura di Hitler, resa celebre dalla sua furiosa oratoria in uno pseudo-tedesco e dai suoi tic ridicoli. Al fianco di Hynkel troviamo Bonito Napoloni (Jack Oakie), una satira esilarante di Benito Mussolini, con cui Hynkel dà vita a duetti spassosi e carichi di sarcasmo. Nonostante le critiche iniziali e il rischio di aggravare le tensioni tra gli Stati Uniti e la Germania, il film, uscito nel 1940, si rivelò un enorme successo, ottenendo una candidatura all’Oscar per il Miglior Film. Grazie alla geniale combinazione di satira e denuncia, Il grande dittatore rimane uno dei capolavori immortali della storia del cinema, capace di ridicolizzare la follia del potere e di lanciare un messaggio di umanità che risuona ancora oggi.
Il bambino col pigiama a righe (in streaming su Netflix, NOW e Prime Video)
Berlino, anni Quaranta. Bruno, un bambino di otto anni curioso e amante dell’avventura, si trasferisce con la famiglia in campagna dopo la promozione del padre, ufficiale nazista. La nuova residenza, vicina a un campo di concentramento, diventa per Bruno una prigione, finché non trova una via di fuga. Attraversando il bosco, incontra Shmuel, un bambino ebreo oltre il filo spinato, con cui stringe un’amicizia che sfida l’odio e le barriere imposte dagli adulti.
Tratto dal romanzo di John Boyne e diretto da Mark Herman, Il bambino con il pigiama a righe adotta un punto di vista innocente per raccontare l’orrore della Shoah. A differenza di altre opere come La vita è bella o Train de vie, il film non presenta un mondo diviso nettamente tra Bene e Male: le due realtà si confondono, mostrando l’inadeguatezza degli adulti e lasciando ai bambini il compito di affrontare un destino che li sovrasta.
Con un approccio minimalista e privo di sentimentalismi, Herman esplora la durezza della Germania nazista e i rapporti di forza che si instaurano fin dall’infanzia. Immergendo gli episodi quotidiani in un’atmosfera fredda e severa, il film restituisce una visione lancinante della tragedia, mantenendo però una distanza rispettosa: la porta della camera a gas resta chiusa, proteggendo lo spettatore da un orrore diretto ma evocandone tutta la potenza.
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