È l’assalto finale alla “magnifica preda”, quel Leone di Trieste, da tempo nel mirino del duo Caltagirone-Delfin che con l’ops di Mps su Mediobanca permette di conquistare indirettamente le Generali. Da tempo l’imprenditore capitolino, in particolare, sognava di estromettere Mediobanca come socio forte del forziere di Trieste. Ora la manovra a tenaglia che da Mediobanca porterà alle Generali è confezionata. Del resto Caltagirone, scrive MF-Milano Finanza, aveva espresso in tutte le salse la sua contrarietà a come veniva gestita la più grande compagnia assicurativa del Paese.
“Awakening the Lion”, risvegliare il Leone: come non ricordare lo slogan con cui nel 2022 Caltagirone tentò l’assalto alla gestione di Generali, defenestrando Philippe Donnet e i suoi manager per imporre la grande svolta al colosso assicurativo? Assalto fallito allora, ma ora ecco la stoccata decisiva. Già giorni scorsi era montata la netta opposizione del ricchissimo imprenditore romano alla fresca joint venture sull’asset management con i francesi di Natixis, espressa a gran voce attraverso i giornali del gruppo. Un segnale forte che ha anticipato le mosse odierne.
Per Caltagirone che ha poco meno del 7% del capitale, dopo essersi spinto fino a oltre il 9%, la compagnia sonnecchia: vuole, ora come allora, più redditività, più mercati da aggredire, specie in USA e Cina, e più leva finanziaria per fare shopping. Ma davvero Generali è così immobile come l’imprenditore capitolino vuol far credere? A guardare la dinamica dei risultati, portati a casa dall’ad Donnet, nei tre piani industriali realizzati a partire dal 2016 fino al 2024, tutto si può dire fuorché il Leone dorma sugli allori.
Dal 2016, anno di insediamento di Donnet, l’utile operativo è salito da 4,8 miliardi di euro ai 6,8 miliardi del 2023, con una crescita del 42% della redditività operativa. I premi lordi sono passati da 70,6 miliardi a 82,4 miliardi sempre a fine del 2023. I dividendi sono stati progressivamente alzati. Da 80 centesimi per azione del 2016 a 1,28 euro del 2023. In termini assoluti il monte dividendi dato ai soci nel corso dei tre piani industriali assomma a 13,7 miliardi. Di cui 5,5 miliardi nel solo triennio 2022-2024. Inoltre Generali ha effettuato due buy back, uno nel 2022 e l’altro l’anno scorso per 1 miliardo di euro complessivi.
L’utile netto è passato da 2,1 miliardi del 2016 a 3,5 miliardi del 2023 con una crescita del 66%. Per il 2024, secondo le stime di consenso, l’utile netto dovrebbe attestarsi a 3,8 miliardi con i premi lordi a salire a 94 miliardi, con gli analisti che prevedono premi a 98 miliardi e un utile netto a quota 4,1 miliardi. I dividendi cash arriveranno a valere il 55-60% del monte utili e con ogni probabilità si aggiungerà un buy back annuale nell’ordine dei 500 milioni.
Il solo dividendo dovrebbe salire tra il 2025 e il 2027 da 1,5 euro per azione il primo anno fino a oltre 1,7 nel 2027, portando i dividendi a valere una cifra cumulata nel triennio per oltre 7 miliardi cui si aggiungerà un riacquisto di azioni proprie per altri 1,5 miliardi. Quasi 9 miliardi di denaro che valgono il 20% dell’attuale capitalizzazione di mercato finiranno nelle tasche degli azionisti. Tutti, compreso l’immobiliarista capitolino che beneficerebbe solo con le cedole di un incasso a spanne di oltre 600 milioni nei prossimi anni. Dopo che ha già incassato solo nell’ultimo triennio cedole, calcolate sempre per approssimazione per oltre 350 milioni di euro.
Non solo, ma Caltagirone come tutti i soci di Generali ha beneficiato del volo in borsa del titolo: dopo la crisi finanziaria del 2008, il titolo è tornato ai suoi massimi del 2007, a poco più di 29 euro. Per Caltagirone, che nel lontano 2016 aveva il 3% del capitale e che ora si ritrova con il 6,9% delle azioni, la plusvalenza è stata miliardaria: quei poco di 100 milioni di titoli che possiede oggi valgono quasi 3 miliardi, con un guadagno virtuale mal contato di almeno 2 miliardi secchi.
Certo l’esplosione del titolo degli ultimi anni, conforta un po’ meno i cassettisti di lungo corso della compagnia del Leone. In effetti il valore dell’azione è tornato solo ora ai livelli del 2007. Si disse allora dalle parti dell’imprenditore romano che Generali scontava poco dinamicità rispetto ai più aggressivi competitor del Nord Europa, a partire dal colosso tedesco Allianz fino alla francese Axa. Si disse che Generali era poco esposta nei suoi investimenti sull’equity, che il Leone non era presente nelle aree anglosassoni a partire dagli USA fino alla Gran Bretagna. Ora la grande operazione nel risparmio gestito, la terza gamba del business assicurativo, dopo il Vita e il ramo Danni. Qui contano sì le masse, dato che la redditività lorda unitaria è molto bassa intorno al 2 per mille.
Basti pensare che quei 1.900 miliardi di asset condivisi tra Generali e Natixis produrranno ricavi per 4,1 miliardi e un utile netto di 700 milioni. E anche qui ecco che si scopre che la redditività nel risparmio gestito di Generali è più elevata di Natixis. I 400 milioni di utili netti su masse per 700 miliardi, sono assai più alti dei 300 milioni prodotti da masse del colosso francese per 1.200 miliardi.
Certo di strada se ne può fare ancora molta: più che in termini geografici in riposizionamento dei business. Nei fatti Generali ha un’esposizione più alta nel Vita rispetto ai Danni a confronto con Allianz e Axa che di fatto sono più bilanciate con pesi intorno al 50% per i due business sul totale dei premi. E almeno negli ultimi anni il ramo Danni ha mostrato di essere più redditizio. Ma il mercato tutto sommato riconosce ben poca distanza tra i tre colossi dell’insurance europeo. Merito anche della miglior corsa in borsa del Leone di Trieste che ha sovraperformato negli ultimi anni rispetto al duo franco-tedesco.
Se la battaglia su Generali via Mediobanca andrà in porto – sostiene Milano Finanza – ecco che il duo Caltagirone-Delfin avrà l’occasione di dimostrare quanta maggior dinamicità imporre alla compagnia assicurativa. In realtà all’orizzonte si profila più di un rischio. Ed è quello che Generali venga svuotata dalla cassa per ripagare l’investimento da oltre 13 miliardi che Mps dovrà fare per conquistare Mediobanca.
Si è visto che la compagnia nell’ultimo trienno ha generato cash flow per oltre 8 miliardi. E un valore ancora più alto produrrà in futuro, secondo le intenzioni dell’attuale management. Quei soldi resteranno in pancia a Generali o parte di quei soldi finiranno drenati per ripagare la costosa ops su Mediobanca? Tutte domande che meriteranno una risposta. Sia mai che nell’operazione a tenaglia, Generali diventi la cassa su cui attingerà per la presa del potere.
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link