Da quanto tempo le parole rebuilding e Detroit Pistons sono diventate praticamente sinonimi?
Sembrano passate ere geologiche dall’ultima volta in cui la franchigia del Michigan era considerata nella corsa playoff, per non parlare di giocarli per vincere piuttosto che per partecipare. I Pistons non vincono una partita di postseason dal 2008 e in sedici anni, malgrado l’introduzione della possibilità del play-in tournament, l’hanno poi raggiunta solo due volte in cui hanno subito un 4-0 al primo turno prima dai Cavaliers di LeBron James nel 2016 e poi dai Bucks di Antetokounmpo nel 2019.
Ma anche andando oltre i playoff, dall’ultima apparizione Detroit ha concluso all’ultimo posto della Central Division per gli ultimi quattro anni consecutivi di cui tre terminati anche con l’ultima piazza nella Eastern Conference (e con la penultima nel 2022 e terzultima nel 2020)
Anni e anni di sconfitte, tentativi di ricostruzione falliti sul nascere e senza neanche troppa fortuna in quell’ultima speranza per dare un senso alle stagioni perdenti chiamata NBA Draft dove i Pistons speravano in un aiuto dalla dea bendata due anni fa per pescare la prima scelta assoluta e mettere le mani su Victor Wembanyama. I tifosi del Michigan hanno però dovuto ingoiare la proverbiale beffa oltre il danno vedendo il bussolotto col logo Pistons estratto per la quinta scelta mentre il fenomeno francese si accasava ai San Antonio Spurs.
With the Pistons receiving the 5th pick in the 2023 NBA draft, that is now five straight seasons where the team with the worst record has not selected first overall, which happens to coincide with the new lottery format (started in 2019). pic.twitter.com/kaXuaSo8Yt
— ESPN Stats & Info (@ESPNStatsInfo) May 17, 2023
Quest’anno non iniziava con premesse troppo differenti da quelli appena trascorsi per Detroit che aveva peraltro concluso male l’ennesimo esperimento con coach Monty Williams cordialmente accompagnato alla porta dopo una sola stagione (la peggiore in assoluto dell’intera storia dei Pistons con sole 14 vittorie) e sostituito con J.B. Bickerstaff che aveva appena subito la stessa sorte dopo non essere riuscito a confermare quanto di buono avevano fatto i suoi Cavaliers l’anno prima e che sono tornati a fare senza di lui quest’anno.
Eppure dopo le solite 4 sconfitte di fila per inaugurare l’annata 2024-25 poi seguite da un 3-7 tra il 18 novembre e il 4 dicembre scorsi finalmente Detroit ha battuto un colpo. Quasi senza che nessuno se ne accorgesse sono arrivate vittorie in continuità, 10 in 12 gare tra il 21 dicembre e il 13 gennaio, e oggi malgrado sia arrivata nella notte del 25 gennaio la sconfitta in casa degli Orlando Magic i Pistons sono sesti nella Eastern Conference.
Se la stagione finisse oggi la Little Caesars Arena, erede dello storico Palace of Auburn Hills (oggi demolito) che vide i tre anelli dei Pistons dal 2017, sarebbe teatro dei playoff senza neanche l’incertezza del play-in. Dopo tutti questi anni pesanti basterebbe questo a far esultare finalmente i neanche troppo pazienti tifosi Pistons.
Una volta constatato che il presente finalmente sorride a Detroit è il momento delle consuete domande sul futuro: riusciranno i Pistons a coronare una stagione positiva col raggiungimento dei playoff? Riusciranno a rendere una stagione potenzialmente buona un punto di partenza affinchè questa ricostruzione non faccia la fine delle altre che l’hanno preceduta in sedici anni?
I Detroit Pistons 2024/25 sono un curioso, ma per ora funzionale, insieme di giovani in ascesa guidati in campo da veterani alla ricerca di riscatto dopo delusioni più o meno cocenti. A rivestire il ruolo di chioccia nel roster agli ordini di Bickerstaff sono infatti Tobias Harris e Tim Hardaway Jr., il primo di ritorno in Michigan dopo che ai Philadelphia 76ers era passato da possibile tassello mancante per una squadra da anello a incognita perenne fino a diventare una zavorra di cui liberarsi, il secondo scaricato da Dallas dove il suo ruolo inizialmente di primo piano era sfumato fino a fargli guardare quasi interamente dalla panchina il ritorno dei Mavericks alle Finals (avendo saltato per infortunio anche i playoff 2022 in cui Doncic e compagni raggiunsero le finali di Conference)
Diciamoci la verità, entrambi non hanno mostrato nulla di troppo diverso da quanto mostrato nelle loro carriere e d’altra parte è difficile cambiare radicalmente attitudine cestistica a 32 anni; tuttavia i loro innesti finora hanno funzionato bene come accompagnamento per un roster che conta solo loro due come elementi sopra la trentina.
Hardaway resta un tiratore che ha come prima, seconda e terza opzione l’attaccare e ora che gli anni avanzano e l’atletismo cala non va neanche più al ferro (meno di 3 tiri da due a gara) eppure in una squadra come Detroit che parte senz’altra prospettiva se non migliorare una stagione da 14 vittorie fa comodo un giocatore disposto a prendere le responsabilità di qualsiasi conclusione per toglierla dalle spalle di un compagno bisognoso di crescita. Sembra un assurdo, ma in passato un giocatore del genere mancava, ora c’è Hardaway e malgrado il pedigree non esaltante del figlio di Tim Sr. le cose, classifica alla mano, funzionano.
Così come funzionano col buon Toby Harris per il quale si continua a non capire quale sia la specialità in campo: talvolta se ne parla come grande difensore ma il suo defensive rating è un mediocre 113 e perde più palloni (1.2) di quanti ne recuperi (0.8); come attaccante non va oltre 16.1 punti in carriera che si abbassano a 12.8 quest’anno col 44.7% dal campo. Non parliamo quindi di un vero leader ma di nuovo, per i disastrati Pistons anche un veterano che fa tante cose benino ma nessuna benissimo può servire e in effetti sta servendo.
In questo modo stiamo infatti assistendo all’affermarsi di Cade Cunningham come giocatore franchigia che con qualche responsabilità in meno sta emergendo dall’alto dei suoi 25.1 punti a gara impreziositi dai 9.5 assist che lo portano vicino alla doppia doppia di media. In questo modo i Pistons, seppur colpiti dall’infortunio di Jaden Ivey la cui stagione è finita per la frattura al perone per la quale ha dovuto operarsi, hanno finalmente un riferimento a cui affidarsi e che guida il più volte citato core giovane, nel quale spostando il discorso ai giocatori d’area spicca decisamente Jalen Duren.
Seppur penalizzato da un’altezza non entusiasmante per un centro per certi versi old style (giocatore di potenza che in due anni e mezzo di NBA ha tirato da tre solo 3 volte, sbagliando entrambe) e con medie attualmente in calo rispetto allo scorso anno Duren è vicino come Cunningham alla doppia doppia di media garantendo 10.1 punti a gara col 70% da due e 9.7 rimbalzi (lo scorso anno erano 11.6)
Per quanto i margini di crescita siano ancora ampi com’è naturale che sia per un 21enne Duren sta diventando sempre più affidabile guadagnandosi il posto da titolare al posto di Isaiah Stewart che però sta ricoprendo bene il ruolo di backup garantendo ai Pistons un presidio dell’area sempre più in via di consolidamento e che fa in modo che Detroit non rappresenti più territorio di conquista per qualsiasi attacco: i punti subiti dalla squadra di Bickerstaff sono 113.1 a gara, nulla di esaltante (nona difesa a Est) ma sempre meglio delle falle difensive degli scorsi anni.
A proposito di Bickerstaff non possiamo infine non rimarcare quanto il lavoro del coach sia stato fondamentale nel far imparare ai componenti del roster a giocare insieme. Un aspetto che si sottovaluta quando si analizzano squadre che cercano di uscire da una prospettiva di tanking, tuttavia è anche facile prevedere che mettendo insieme giocatori giovani questi possano cadere nella tentazione di cercare a tutti i costi una vetrina personale piuttosto che lavorare insieme (un esempio esplicativo può essere l’inizio di Jalen Green a Houston, grande scorer in una squadra perdente, ora lentamente in evoluzione verso un giocatore più compassato ma più affidabile sul quale comunque la dirigenza dei Rockets non nasconde i propri dubbi)
In effetti le cifre personali di molti effettivi dei Pistons sono in calo anche evidente ma questo aspetto viene compensato dal chiarirsi delle gerarchie in campo e dal rispetto di meccanismi semplici ma consolidati.
Detto questo siamo alla parte più ingrata per i supporters dei Detroit Pistons: quella riguardante le prospettive future.
In questa stagione i playoff sono più di un’eventualità per i Pistons ma una volta parlato di quanto di buono sia stato fatto dopo tutti questi anni è giusto anche rimarcare come Detroit abbia approfittato di una Eastern Conference in netto calo di competitività con molte squadre inizialmente più accreditate che invece stanno finora deludendo per motivi più o meno imputabili alla sorte: parliamo degli Orlando Magic che hanno perso Paolo Banchero e Franz Wagner per lunghi periodi, praticamente i due giocatori di punta, o dei Miami Heat alle prese con la telenovela Butler o anche dei Philadelphia 76ers che si stanno inesorabilmente rendendo conto di quanto il ciclo Embiid non porterà probabilmente nulla di più di quanto ottenuto finora.
Quest’anno sta andando bene per i Pistons che hanno approfittato degnamente di questa serie di circostanze a loro favorevoli ma per restare competitivi occorre sicuramente fare ulteriori passi avanti nella costruzione del roster e non solo nello sviluppo di Cunningham, Ivey, Duren e compagnia. Nello specifico ci vogliono più giocatori abituati a competere e a vincere.
Tim Hardaway Jr. è in scadenza e rinnovarlo a 32 anni sarebbe un errore, meglio puntare su un rinnovo a cifre oneste di Malik Beasley che a Detroit si è ritrovato raggiungendo la media punti più alta dal 2021 con 16.2 punti a gara. Stesso discorso per un’eventuale estensione di Harris che per quanto stia funzionando non rappresenta affatto una certezza per costruire una squadra competitiva: Tobias è in scadenza la prossima stagione in cui verosimilmente cercherà di innalzare il proprio rendimento personale per guadagnare un contratto vantaggioso (l’ultimo?) e non è una buona eventualità se si vuole consolidare lo status di squadra da playoff.
Tobias Harris has agreed to a two-year, $52 million deal with the Detroit Pistons, sources tell ESPN.
— Adrian Wojnarowski (@wojespn) July 1, 2024
Nella NBA è difficilissimo passare in breve tempo da squadra materasso a franchigia da postseason, ne sanno qualcosa i Sacramento Kings che stanno nuovamente scivolando nella mediocrità col decimo posto attuale a Ovest. Per questo è giusto festeggiare una stagione potenzialmente da playoff ma è altrettanto giusto che le mosse successive della dirigenza, presieduta dal leggendario scorer di Eurolega Trajan Langdon, siano ragionate e quanto più possibile scevre da tentazioni di vittoria immediata.
Ci vuole davvero poco per trasformare un momento positivo in un fuoco di paglia. I Detroit Pistons devono esserne consapevoli e agire con sagacia perchè se le cose stanno andando bene lo si deve anche a circostanze favorevoli che potrebbero non ripresentarsi più.
Sotto la copertura di un tranquillo (si fa per dire) insegnante di matematica si cela un pazzo fanatico di tutto ciò che gira intorno alla spicchia, NBA in testa. Supporter della nazionale di Taiwan prima di scoprire che il videogioco Street Hoop mentiva malamente, in seguito adepto della setta Mavericks Fan For Life.
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