Il mercato non ha dubbi ed è convinto che la Banca centrale europea (Bce) proceda con una nuova sforbiciata dei tassi nella riunione di questa settimana, giovedì 30 gennaio. Nonostante le attese ampiamente condivise, non sarà un meeting scontato. Anzi. Sul consiglio direttivo guidato da Christine Lagarde, infatti, incombe l’incognita Trump. Gli investitori hanno avuto a malapena il tempo di digerire il lancio del modello di intelligenza artificiale della cinese DeepSeek, che è arrivata la notizia diffusa dal Financial Times, secondo cui il neo segretario al Tesoro Usa, Scott Bessent, sarebbe favorevole a dazi universali (quindi anche sulle importazioni dell’Europa) inizialmente al 2,5%, con un aumento graduale mese dopo mese che li porterebbe al 20%. Trump ha respinto l’idea affermando di volere dazi “ben superiori” e ha minacciato tariffe specifiche, al momento dirette soprattutto verso Canada e Messico. La prospettiva di dazi universali, con il rischio di ricadute sulla crescita dell’Eurozona, molto probabilmente dominerà la conversazione attorno al tavolo della Bce e sarà anche al centro della conferenza stampa del presidente Christine Lagarde.
Tassi Bce, le aspettative sono per un nuovo taglio di 25 pb
Nella prima riunione del 2025, la Bce dovrebbe tagliare i tassi di 25 punti base (stessa entità dell’ultima sforbiciata annunciata a dicembre), portandoli dal 3% al 2,75%, nonostante l’inflazione sia risultata più resistente del previsto (a dicembre l’indice dei prezzi al consumo ha accelerato al 2,4%, con un Cpi core stabile al 2,7%). Nel corso della conferenza stampa, che seguirà come di consueto l’annuncio di politica monetaria, è probabile che Lagarde ribadisca ancora una volta un approccio dipendente dai dati, così come fatto anche settimana scorsa, in occasione del World Economic Forum di Davos: “La direzione è molto chiara, il ritmo dipenderà dai dati economici, ma in questo momento viene da pensare sicuramente a un movimento graduale”, ha detto. Probabile però anche che Lagarde debba affrontare una raffica di domande sulla risposta della Bce alla prospettiva dei dazi Usa. Il capo economista della Bce, Philip Lane, ritiene che anche tariffe lievi ridurranno le prospettive di crescita nell’area dell’euro, facendo spostare l’equilibrio dei rischi macroeconomici dalle preoccupazioni per l’inflazione alta a quelle per la crescita bassa.
“Le economie core dell’euro continuano a subire venti contrari sia ciclici che strutturali, mentre l’incertezza commerciale futura e i rischi tariffari rappresentano rischi per la regione”, sottolinea Michael Krautzberger, Global CIO Fixed Income di Allianz Global Investors, ricordando che per l’Eurozona è prevista una crescita di appena l’1% nel 2025 rispetto allo 0,7% del 2024. “Nel breve termine, le sfide strutturali, l’incertezza commerciale e la paralisi politica che la regione sta affrontando – in attesa dell’esito delle elezioni federali tedesche di fine febbraio – presentano un quadro piuttosto negativo per le prospettive europee nel 2025 – sostengono da Allianz GI – Tuttavia, una nota positiva è rappresentata dal fatto che le condizioni finanziarie della regione si stanno allentando, grazie alle aspettative di una rapida rimozione della politica restrittiva della Bce”.
Su Lagarde incombe l’incognita dazi Trump
Il percorso di riduzione dei tassi sembra quindi essere chiaro nel breve termine, con possibili nuovi tagli graduali. Anche per la riunione di marzo, infatti, analisti ed economisti concordano su una sforbiciata di 25 punti base che porterebbe il tasso di deposito al 2,5%. Quanto e quanto velocemente la Bce taglierà oltre marzo dipenderà dai dati in arrivo. Ma non solo. Un’eventuale escalation delle tensioni commerciali potrebbe costringere la Bce a operare tagli più rapidi e profondi rispetto a quanto attualmente previsto. “I mercati valutano un tasso terminale di circa il 2% (…) – affermano da Pimco – Tuttavia, vediamo ulteriori rischi di ribasso per la crescita dell’area dell’euro dopo le elezioni americane e la possibilità di tassi terminali più bassi di quelli attualmente previsti”. Goldman Sachs al momento ribadisce la sua previsione base di ulteriori tagli sequenziali di 25 punti base, fino all’1,75% in luglio. “Le nostre previsioni sull’inflazione sono simili a quelli della Bce, ma prevediamo una crescita più debole a causa delle crescenti tensioni commerciali (0,8% contro 1,1% per il 2025)”.
Occhio al cambio euro/dollaro
Il tema dazi è tornato a dominare anche i movimenti sul mercato valutario, con l’ultima indiscrezione che sta supportando acquisti sul dollaro e vendite sulle valute maggiormente sensibili al commercio globale. Il cambio euro/dollaro ha provato ieri nuovamente a spingersi sopra 1,05, ma l’attacco è stato prontamente respinto, confermando nel breve la valenza di questa fascia di resistenza. Ma attenzione, perché “le cose possono cambiare da un giorno all’altro, dato che Trump è spesso passato da un atteggiamento amichevole a uno ostile nei confronti dei suoi partner commerciali senza preavviso”, avvertono gli analisti da ING. La loro attesa è per un cambio euro/dollaro intorno a 1,050-1,060 nel breve termine, anche se la Bce potrebbe innescare una piccola correzione giovedì. “Permangono fattori specifici dell’Eurozona che, a nostro avviso, impediranno all’euro di salire molto oltre il riassestamento del posizionamento. La crescita dell’Eurozona rimane preoccupante e gli eventi politici di quest’anno possono facilmente innervosire i mercati”.
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