Non possiamo riposarci neanche quando dormiamo. Lo capisco guardando una ragazza davanti allo specchio, appena sveglia: toglie un cerotto dalla bocca, poi due patch sotto agli occhi, quindi slega i capelli attorcigliati intorno a una fascia sul capo. Infine si lava il viso mentre io, che la fisso dallo schermo del mio smartphone, mi chiedo come abbia fatto a dormire così bardata. «The uglier you go to bed, the prettier you wake up». Più brutta vai a letto, più bella ti svegli, spiega lei.
Su TikTok ci sono dozzine di video come quello che sto guardando. Si chiama morning shed, cioè “muta mattutina” e consiste nella rimozione di tutti i prodotti di bellezza applicati prima di coricarsi. Pensavate che la notte fosse fatta per dormire? Sbagliato. Farsi belli dormendo è l’ultima frontiera del multitasking: in tempi votati alla produttività, ogni minuto conta. E siccome sono anche tempi votati al capitalismo, noto prodotti di cui non sapevo di aver bisogno: maschere al collagene, patch antirughe e anti occhiaie, mascherine per definire la mascella, bigodini senza calore e cerotti per la bocca. Il morning shed è solo l’ultima dimostrazione di come non ci sia più un ambito della nostra vita che non necessiti di un nuovo prodotto. O che non possa essere incanalato in qualche trend. Neanche la lettura, probabilmente l’hobby più solitario che esista. Un vecchio pregiudizio vuole la moda frivola, ma in realtà le maison amano molto i libri: Valentino, per esempio, ha stampato i versi di Hanya Yanagihara sugli abiti della collezione maschile Primavera/Estate 2024 mentre Miu Miu ha aperto un’edicola temporanea in cui si distribuivano volumi per le letture estive.
Non tutti possiamo essere intellettuali, ma sicuramente possiamo sembrarlo. Pare che dietro alle foto paparazzate di Gigi Hadid con Lo straniero di Camus o di Kendall Jenner con Stanotte sono un’altra di Chelsea Hodson ci sia un book stylist, cioè una misteriosa figura incaricata di abbinare un certo titolo a una certa star. Chissà se per affinità o per compensazione. Per quel che ne sappiamo, comunque, nessuno si è fatto avanti a rivendicare il ruolo. Per carità: ogni sforzo di promuovere la lettura è nobile, ma sappiamo tutti che possedere un libro non significa per forza averlo letto. E c’è chi storce il naso di fronte ai libri sfoggiati al braccio come borse. L’accessorio più ambito della scorsa estate è stato senza dubbio Intermezzo, ultima fatica letteraria di Sally Rooney, scrittrice capace di creare code fuori dalle librerie che non si vedevano dai tempi di Harry Potter. Prima della pubblicazione, l’editore ha spedito 2500 copie ad altrettanti volti noti o nomi autorevoli del settore: Intermezzo è apparso nelle mani giuste ed è diventato virale prima di arrivare in libreria.
Perfino le esperienze immateriali sono finite nel calderone dei trend. In un torrido weekend di luglio Milano è stata invasa da ragazzi vestiti di frange luccicanti, body neri con serpenti rossi, stivali texani e braccialetti dell’amicizia impilati ai polsi. Era facile capire dove fossero diretti: al concerto di Taylor Swift. Il tour della cantante ha dimostrato che vestirsi per un concerto può essere divertente quanto il concerto stesso.
Dimenticatevi le vecchie t-shirt del merchandising: parliamo di veri e propri abiti confezionati copiando i costumi di scena della popstar. Il confine tra outfit e travestimento è davvero labile: se doveste stare in piedi e ballare per ore, scegliereste davvero corsetto e gonna bianca vittoriana? Possiamo aspettarci qualcosa di simile per il concerto di Sabrina Carpenter: per i fan è un grande pigiama party – ma di quelli in lingerie, non con i pigiamoni. L’evento musicale dell’anno, la reunion degli Oasis, ha fatto esplodere le ricerche di giacche Stone Island e maglie da calcio: se i due fratelli dovessero litigare di nuovo, ai fan resterà almeno la consolazione di un nuovo outfit. Bruce Springsteen, che torna a esibirsi in Italia, è di nuovo un’ispirazione (suo malgrado) grazie al film in lavorazione Deliver Me From Nowhere in cui l’attore Jeremy Allen White indossa le camicie a quadri e le canottiere del Boss.
Il revival del gotico, uno dei trend più forti di questo inverno, ha fatto un passo in avanti con l’uscita al cinema di Nosferatu, in una versione GenZ con Lily Rose Depp, Emma Corrin e Bill Skarsgård. I film sono una grande suggestione non solo per le passerelle, ma anche e soprattutto per i fan, che sempre più spesso si divertono ad andare al cinema vestiti come i personaggi sullo schermo. Lo abbiamo visto per Barbie, nel 2023, poi per Wicked, nel 2024, e lo rivedremo quasi certamente per il live action Biancaneve in uscita a marzo. Più che un atto di devozione, è un’opera di persuasione collettiva: il tempismo con cui i brand lanciano linee di make-up, vestiti o accessori in tema si somma a quello di TikTok, che pullula di suggerimenti di outfit per questo o quell’evento. Vestirsi a tema ci piace parecchio forse perché giocare coi vestiti può essere un modo per evadere dalla quotidianità e romanticizzare l’esistenza. La moda ha intercettato il bisogno collettivo di tornare bambini e lo dimostra infantilizzando gioielli e accessori. Perline, fiorellini, cuoricini nei colori delle caramelle. Fendi e Balenciaga hanno ricoperto le borse di charms, catenelle e pendagli. Versace si è spinta ai pupazzetti di peluche, Miu Miu è arrivata fino agli scooby-doo che intrecciavamo da bambine. Per non parlare del fiorire dei gioielli in plastica dall’aspetto morbido e gommoso: somigliano ai gadget delle riviste per teenager anni 90, ma costano molto di più e piacciono a Bella Hadid e Dua Lipa. Il tripudio di estetiche zuccherose e rassicuranti è la moratoria sociale di una generazione che, almeno nei Paesi ricchi, è cresciuta senza avere la possibilità di diventare adulta. Una volta la maturità arrivava attraverso tappe prestabilite e note: casa di proprietà, lavoro stabile, matrimonio, figli. Traguardi (ammesso che lo siano davvero) sempre più difficili da raggiungere in tempi di precariato feroce, aumento del costo della vita e generale sfiducia nel futuro.
In compenso, gli adolescenti impazziscono per lo stile Grandpacore, si vestono da nonno. Che non significa altro, alla fine, che un rebranding dei classici del guardaroba. Pantaloni anziché jeans, mocassini anziché sneakers; camicie button-down, gilet e cardigan al posto di t-shirt e felpe. Ci si può sempre vestire da grandi, senza mai diventarlo. Ma, del resto, quest’estetizzazione forzata è la cifra dei nostri tempi. Tutto può essere un trend: perfino l’età. Una volta vestirsi per l’autunno implicava indossare più strati, oggi significa scegliere la palette del marrone e del bordeaux considerando gli stilisti un po’ meno cult di quanto lo sia un concerto, un segno zodiacale, una serie tv.
A guidare l’assalto sono stati i social network, abituandoci a guardarci da fuori: l’immagine che abbiamo di noi – e degli altri – è sempre mediata da ciò che postiamo online. Con quattro lettere – il suffisso core – abbiamo appiattito tutto a un trend che infiammerà i social per qualche settimana: giusto il tempo di comprare un nuovo accessorio, per poi sparire. Ti piace leggere? Bookcore. Ti piace il rosa? Barbiecore. I vestiti classici? Grandpacore. Nessuna delle precedenti? Normcore. Perché anche la normalità è una tendenza. Ogni esperienza è diventata una performance. E, come tale, richiede un abito di scena.
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