Dalla ricostruzione di Gaza alla stabilizzazione della Siria, dalla ricerca di una pace in Ucraina alle convergenze possibili fra il Piano Mattei per l’Africa e la potenza finanziaria degli regno saudita: alcuni dei punti affrontati durante l’incontro
DAL NOSTRO INVIATO
IEDDAH – «Oggi si apre una fase completamente nuova, una nuova era delle nostre relazioni, dove la nostra partnership diventa qualcosa di diverso, strategica nel senso che non faremo solo affari, ma ragioneremo e coopereremo insieme, da nazioni leader nel Mediterraneo allargato. C’è differenza tra comprare e vendere qualcosa, e cooperare: questo significa che dobbiamo confrontarci e ragionare insieme, anche sulle nostre differenze ed essere in grado di ascoltare».
Giorgia Meloni è più che soddisfatta, l’incontro con il principe ereditario Bin Salman ha toccato tutti i punti di un’agenda complessa e molto ampia, dalla ricostruzione di Gaza alla stabilizzazione della Siria, dalla ricerca di una pace duratura in Ucraina alle convergenze possibili fra il nostro Piano Mattei per l’Africa e la potenza finanziaria degli regno saudita.
Ma il vero punto della visita è nel rapporto bilaterale fra Roma e Ryad, elevato a partenariato strategico, cui dovrebbe seguire a breve l’organizzazione periodica di un business forum fra le aziende dei due Stati e che inizia con gli accordi firmati ad Al‘Ula, nel sito archeologico simbolo dell’Arabia Saudita. Fra le rovine di una civiltà millenaria vengono strette intese, sottolinea il nostro premier, per un valore di circa 10 miliardi di dollari, le nostre aziende coinvolte sono almeno 20, da Leonardo a Pirelli, da Elettronica a Fincantieri, sino a Gewiss.
Meloni aggiunge che nella capitale del regno verrà creato, con la collaborazione dell’Italia, un Museo del design, mentre poco distante da lei l’ad di Leonardo, Roberto Cingolani, conferma l’interesse «molto concreto» dei sauditi per entrare nel consorzio per la costruzione del GCAP, il caccia militare di sesta generazione che vede l’impegno paritario, al momento, di Italia, Giappone e Gran Bretagna.
L’ingresso dei sauditi, sul quale esiste un favore del nostro governo, sarà comunque oggetto di un processo molto complesso, fatto di garanzie e caveat sulle tecnologie, poste sia dalle aziende giapponesi che da quelle britanniche. Dice ancora Cingolani, senza peli sulla lingua: «Stiamo trattando, ovviamente c’è una parte governativa che comanda».
Meloni passa anche in rassegna i settori delle intese siglate, e ne rimarca l’ampiezza: «Gli accordi confermano questa nuova fase, abbiamo molti interessi convergenti, dobbiamo trovare una sintesi per lavorare in modo duraturo, insieme, in tanti campi, nel settore delle infrastrutture come in quello della difesa, nell’agroalimentare come in quello culturale».
Ma gli accordi sono tanti: Cdp ne firma con il Fondo sovrano saudita, il colosso locale Acwa svilupperà insieme ad alcune aziende italiane progetti in Africa, sotto la cornice del Piano Mattei. E se Cingolani sottolinea l’interesse dei sauditi anche per la costruzione di una filiera industriale nel settore della difesa, con l’aiuto italiano («siamo percepiti come partner esperti, affidabili, abbiamo un approccio sostanzialmente più sostenibile anche dal punto di vista delle relazioni»), Marco Tronchetti Provera, vicepresidente esecutivo di Pirelli descrive l’accordo di joint venture siglato in questi termini: «La fabbrica partirà nel secondo trimestre di quest’anno, quindi da aprile: il 25% è nostro, il 75% è Pif (il fondo sovrano saudita). La gestione è nostra e produrrà a regime 3 milioni e mezzo di pneumatici, di cui circa un milione e mezzo marca Pirelli e il resto con un brand locale, questo è il quadro. L’inizio della produzione è previsto per il 2027».
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