Tratto da: Giurisprudenzappalti
Autore: Elvis Cavalleri
L’abrogazione dell’articolo 12 del decreto-legge 28 marzo 2014 n. 47 (d’ora in poi DL Expo) ha generato una situazione di incertezza in ordine ai requisiti da possedersi per l’esecuzione di lavori pubblici: quali sono le categorie scorporabili a qualificazione obbligatoria? Una, nessuna o centomila?
In relazione alla conclusione ivi tratta, e sotto concorrente e intimamente connesso profilo, l’abrogazione di detto articolo ha determinato una ulteriore e rilevante situazione di incertezza in ordine ai requisiti da possedersi per l’utile partecipazione alle gare di lavori pubblici: con l’abrogazione dell’art. 12 del DL Expo viene meno la norma che legittimava il subappalto necessario?
La risposta al quesito non è di poco momento, ed esige un particolare sforzo interpretativo per mantenere l’intero sistema di qualificazione entro i binari della ragionevolezza.
Se si ammette che tutte le categorie sono a qualificazione obbligatoria, e se al contempo si dovesse escludere la possibilità di qualificazione mediante subappalto, non rimarrebbero che l’avvalimento o la costituzione di un RTI per l’utile partecipazione alle gare: soluzioni che epperò, in modo del tutto sproporzionato, presuppongono la responsabilità solidale sia dell’impresa ausiliaria; sia della mandante che esegue le scorporabili. Responsabilità che peraltro è estesa all’intero valore del contratto, e non è invece limitata alle sole prestazioni in concreto eseguite come avviene nel caso del subappalto.
La diretta incidenza della questione sulla concorrenza e sull’apertura al mercato impone quindi uno sforzo ai fini di confutare il seguente semplicistico sillogismo:
- l’art. 12 del DL Expo è (per consolidata giurisprudenza) la norma che legittima il ricorso al subappalto necessario;
- l’art. 12 del DL Expo è stato abrogato;
- il subappalto necessario non è più ammesso dall’ordinamento.
Ricostruzione del subappalto necessario e dei relativi presupposti
Come efficacemente riassunto in dottrina[1], almeno dalla fine degli anni 90 la concreta definizione delle modalità di accesso alle gare per l’affidamento di lavori pubblici s’incentrava su un principio generale e su una deroga:
a) per principio generale (“in positivo”), ai fini della partecipazione alla gara e dell’esecuzione dei relativi lavori era sufficiente che il concorrente fosse qualificato nella categoria prevalente, in una classifica corrispondente all’importo totale dei lavori. L’aggiudicatario poteva eseguire direttamente tutte le lavorazioni relative anche alle categorie scorporabili, ancorché privo delle relative qualificazioni (art. 12, comma 2, lett. a) del DL Expo), oppure ricorrere al subappalto facoltativo, in quanto rispondente a scelte discrezionali, organizzative ed economiche dell’impresa aggiudicataria.
b) la deroga (in negativo) riguarda l’ipotesi in cui talune categorie scorporabili erano identificate come a “qualificazione obbligatoria”. Tali opere non potevano essere eseguite direttamente dall’aggiudicatario se privo della relativa qualificazione, ma le predette lavorazioni potevano comunque subappaltabili ad imprese qualificate (cfr. art. 12, comma 2, lett. b) del DL Expo).
Nonostante la chiarezza delle norme, trascorsa la prima decade degli anni duemila insorse (invero tardivamente) un contrasto giurisprudenziale:
- secondo una prima tesi, la necessità della dimostrazione, ai fini della partecipazione alla procedura, della qualificazione per tutte le lavorazioni per le quali la normativa di riferimento la esigeva, implicava quale indefettibile corollario la necessità dell’indicazione del nominativo del subappaltatore già nella fase dell’offerta;
- secondo una diversa tesi, viceversa, era da ritenersi bastevole, ai fini della partecipazione alla gara, il solo possesso della categoria prevalente per l’intero importo dei lavori, ed era giocoforza da escludersi che fosse necessario il possesso della qualificazione anche per le opere relative alle categorie scorporabili: non era pertanto necessaria l’indicazione del nominativo del subappaltatore, ma era bastevole l’indicazione delle parti lavorazioni che il concorrente, in quanto privo della qualificazione a fini esecutivi, intendeva affidare in subappalto.
Orbene, per la dottrina[2] detto dibattito giurisprudenziale è stato alimentato dall’erroneità di un presupposto, ovvero la “confusione tra requisiti di partecipazione e quelli di esecuzione[3], cui ha fatto seguito anche la forzosa equiparazione tra avvalimento (istituto che, consentendo al concorrente la surroga dei requisiti di partecipazione di cui sia privo, rileva in fase di gara) e subappalto (rilevante, invece, nella successiva e distinta fase di esecuzione)”[4].
Detta confusione è rilevantissima per la questione che ci occupa e va ben tenuta a mente. Ma andiamo con ordine.
Il conflitto giurisprudenziale fu risolto dall’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, che con la nota sentenza n. 9/2015 privilegiò l’interpretazione fornita dalla seconda tesi, sancendo i seguenti principi di diritto.
- per la partecipazione alla gara è sufficiente il possesso della qualificazione nella categoria prevalente per l’importo totale dei lavori e non è, quindi, necessaria anche la qualificazione nelle categorie scorporabili, nemmeno per quelle a qualificazione obbligatoria (vedasi oggi l’art. 30 dell’allegato II.12);
- le lavorazioni relative a categorie a qualificazione obbligatoria non possono essere eseguite direttamente dall’affidatario, se sprovvisto della relativa qualificazione (vedasi oggi l’art. 100 del Codice);
- nell’ipotesi sub b) il concorrente deve subappaltare l’esecuzione delle relative lavorazioni ad imprese provviste della pertinente qualificazione;
- la validità e l’efficacia del subappalto postula, quali condizioni indefettibili, che il concorrente abbia indicato nella fase dell’offerta le lavorazioni che intende subappaltare e che abbia, poi, trasmesso alla stazione appaltante il contratto di subappalto almeno venti giorni prima dell’inizio dei lavori subappaltati;
- il subappalto è un istituto che attiene alla fase di esecuzione dell’appalto (e che rileva nella gara solo negli stretti limiti della necessaria indicazione delle lavorazioni che ne formeranno oggetto), di talché il suo mancato funzionamento (per qualsivoglia ragione) dev’essere trattato alla stregua di un inadempimento contrattuale, con tutte le conseguenze che ad esso ricollega il codice.
Sulla rilevanza esclusivamente esecutiva del subappalto
La Plenaria, in ultima istanza, ha escluso che il subappalto necessario rilevi a monte, ai fini della stessa qualificazione per l’ammissione alla gara, ed ha viceversa chiarito che esso rileva a valle, ai soli fini dell’esecuzione.
Detto orientamento rende quindi spendibile in fase di qualificazione il subappalto, così da colmare il deficit dell’offerente sulle categorie scorporabili, deficit che però non attiene al momento della partecipazione, ma bensì a quello dell’esecuzione. La stazione appaltante è in tal modo edotta sin dalla fase di ammissione dell’offerta del difetto di “capacità esecutiva” del partecipante alla gara, con le dovute conseguenze sulla qualificazione del subappalto. Se poi il subappaltatore, in fase esecutiva, sarà privo dei requisiti di qualificazione, si verificheranno le conseguenze di cui all’art. 119 del d. lgs. n. 36 del 2023. Si concretizza quella che in giurisprudenza è stata efficacemente definita come una “contaminazione delle regole di gara con le regole esecutive”[5].
Suggestioni conclusive
La conclusione depone quindi nel senso che la qualificazione per l’utile partecipazione alla gara possa essere soddisfatta dalla circostanza che il concorrente copra con il surplus di “requisiti di qualificazione” nella categoria prevalente il deficit circa il “requisito di esecuzione” per le categorie scorporabili.
A bene vedere, quindi, era detta condizione che legittimava il subappalto necessario, e non (o comunque non solo) l’art. 12 del DL Expo.
In assenza di detta condizione, del resto, avrebbe sicuramente prevalso l’opposto orientamento, e nella celeberrima pronuncia 9/2015, alla luce dell’art. 48[6] direttiva 2004/18/CE (ed a fortiori sulla base dell’art. 63 della direttiva 2014/24/UE, che indubitabilmente fa riferimento sia all’avvalimento, sia al subappalto), la Plenaria avrebbe dovuto ritenere obbligatoria l’indicazione del nominativo del subappaltatore, siccome il concorrente avrebbe dovuto far affidamento sulla capacità di altri soggetti, nei termini ivi previsti.
In assenza di detta condizione, ci si potrebbe invero spingere ad affermare, il subappalto necessario per come oggi conosciuto non avrebbe mai visto la luce.
Detta condizione è oggi confluita nell’art. 30 dell’allegato II.12 al Codice.
Volendo opinare nel senso dell’estinzione del subappalto necessario, bisognerebbe allora spiegare la ragione d’esistere dell’art. 30[7] stesso: che senso ha richiedere obbligatoriamente il suddetto surplus di qualificazione in prevalente relativamente alle categorie scorporabili non possedute, se detto “aggravamento” non consente comunque un’utile partecipazione alla procedura di gara[8], inibita in ogni caso dal mancato possesso di quelle scorporabili, il cui valore è (inspiegabilmente) richiesto in prevalente?
La normativamente stabilita sufficienza della qualificazione in prevalente a fini partecipativi, pertanto, non può che essere letta come implicita autorizzazione a subappaltare le categorie scorporabili non possedute direttamente.
Il surplus di qualificazione nella prevalente, come chiarito dall’allora AVCP, è infatti all’uopo stato posto a “tutela della stazione appaltante circa la sussistenza della complessiva capacità economica e finanziaria in capo all’appaltatore” (cfr. parere nr. 11 del 30 gennaio 2014; nello stesso senso, determinazione 10 ottobre 2012, nr. 4, e, da ultimo, determinazione 8 gennaio 2015, nr. 1).
In altri termini, è richiesta una maggiore qualificazione in prevalente oggi (i.e. in fase di partecipazione), per compensare quel “deficit tecnico” nelle scorporabili che rileverà domani (i.e. in fase esecutiva).
Peraltro, nell’esercizio interpretativo serve tenere ben a mente che la Corte di Giustizia Europea ha ripetutamente affermato:
- che subappalto ed avvalimento sono moduli organizzativi alternativamente idonei a garantire l’ampliamento della possibilità di partecipazione alle gare anche a soggetti in apicesforniti dei requisiti di partecipazione[9];
- che il ricorso al subappalto, favorendo l’accesso delle piccole e medie imprese agli appalti pubblici, contribuisce, al pari dell’avvalimento, a realizzare l’obiettivo di rendere la concorrenza la più ampia possibile[10];
Potrebbe in tale traiettoria essere seguito l’assunto giurisprudenziale secondo cui il subappalto necessario costituirebbe “un istituto generale di matrice proconcorrenziale, diretto a consentire la partecipazione a quegli operatori economici che possano reperire aliunde, mediante il ricorso alla suddetta figura contrattuale, prestazioni qualificate dal requisito mancante”[11].
Del resto, detta direttrice interpretativa è stata percorsa per legittimare il subappalto necessario anche fuori dall’orbita dei lavori pubblici.
Ed allora:
- se si è postulato che “l’integrazione della qualificazione, mediante il subappalto, è ammessa anche negli appalti di servizi (Cons. Stato, sez. V, n. 3504 del 2020; Id., sez. V, n. 3727 del 2019)”[12];
- e se si considera che per i servizi non esiste(va) una norma analoga a quella prevista per i lavori;
- è allora possibile dedurre che può ritenersi non necessaria una specifica copertura normativa al fine di legittimare il ricorso al subappalto qualificatorio (peraltro, si veda comunque l’allegato XII alla direttiva 2014/24/UE, che finanche per la prova della capacità tecnica, che non rileva nel caso di specie, ammette “un’indicazione della parte di appalto che l’operatore economico intende eventualmente subappaltare”).
Al fine di corroborare la coerenza logica della traenda conclusione, valga ribadire che:
a) per principio generale (“in positivo”), l’aggiudicatario poteva eseguire direttamente tutte le lavorazioni relative anche alle categorie scorporabili, ancorché privo delle relative qualificazioni (art. 12, comma 2, lett. a) del DL Expo);
b) la deroga (in negativo) riguardava l’impossibilità di eseguire le scorporabili identificate come a “qualificazione obbligatoria” (art. 12, comma 2, lett. b) del DL Expo).
Orbene:
- se è vera la conclusione del precedente articolo per cui tutte le categorie sono a qualificazione obbligatoria;
- e se è conseguentemente vero che il principio generale sub a) è venuto meno (i.e. la generalizzata possibilità di eseguire anche senza qualificazione);
- è giocoforza venuta meno anche l’esigenza di disciplinare sia la deroga sub b) (i.e. l’impossibilità di eseguire talune categorie a qualificazione obbligatoria); sia la relativa implicazione (i.e. la possibilità di subappaltare queste ultime a fini qualificatori).
In altri termini, sia la regola che l’eccezione sono venute meno:
- se non serve più una norma per dire che per talune categorie sono a qualificazione obbligatoria;
- e se al contempo non serve più una norma per dire che, in deroga al principio generale che presupponeva la generalizzata esecuzione diretta, queste possono essere subappaltate;
- si può logicamente inferire la naturale riespansione del generale istituto di cui all’art. 119 del Codice (il comma 5, del resto, necessario o facoltativo, presuppone in capo al subappaltatore la necessaria qualificazione), tenuto conto dell’impossibilità di trasformare “il subappalto c.d. necessario o qualificatorio in un istituto diverso dal subappalto c.d. facoltativo”[13], siccome entrambi si riverberano solo ed esclusivamente sulla fase esecutiva: “anche per il subappalto dei lavori scorporabili o totalmente subappaltabili a qualificazione obbligatoria da parte di impresa priva della relativa qualificazione (come nel caso di specie) deve trovare applicazione la disciplina generale di cui all’art. 118 (oggi 119 n.d.r.)”[14].
Diversamente dall’avvalimento (o comunque dal far affidamento sulla capacità di altri soggetti nella terminologia delle direttive), che rileva nella fase di implementazione dei requisiti di partecipazione ad una gara, il subappalto, posto “a valle” del contratto di appalto, attiene alla sola fase di esecuzione.
Di talché, non sarebbero in tal caso ostative le previsioni di cui all’art. 63 della Direttiva 2014/24/UE (che attengono esclusivamente ai requisiti di partecipazione), ove è richiesta la preventiva identificazione del soggetto sulle cui capacità il concorrente fa affidamento, ragione per cui si potrebbero ritenere di perdurante attualità i principi di diritto espressi nella Plenaria 9/2015.
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[1] GALLI D., CAVINA A. Subappalto necessario e funzione nomofilattica. Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, 2 novembre 2015, n. 9, in Giornale di diritto amministrativo, 2016, 3, 365-374
[2] Ibidem
[3] Per un approfondimento sulla disciplina in tema di requisiti per l’esecuzione, v. F. Lattanzi, Commento su art. 109, in R. Garofoli – G. Ferrari (a cura di), Il nuovo regolamento appalti pubblici. Commento al d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207 e ai regola- menti in tema di qualificazione, revisione dei prezzi, contratti segretati, progettazione, Roma, 2012, 362 ss.; R. Titomanlio, Il sistema di qualificazione nei lavori pubblici, in C. Franchini (a cura di), Contratti di appalto pubblico, Torino, 2010, 462 ss.
[4] Su quest’ultimo punto cfr., ex multis, Cons. Stato, VI, 2 maggio 2012, 2508)
[5] Cfr. Cons. Stato, V, 21 febbraio 2024, n. 1743
[6] Il cui comma 3 prevede: “Un operatore economico può, se del caso e per un determinato appalto, fare affidamento sulle capacità di altri soggetti, a prescindere dalla natura giuridica dei suoi legami con questi ultimi. Deve, in tal caso, provare all’amministrazione aggiudicatrice che per l’esecuzione dell’appalto disporrà delle risorse necessarie ad esempio presentando l’impegno di tale soggetto di mettere a disposizione dell’operatore economico le risorse necessarie”.
[7] Secondo cui “I requisiti relativi alle categorie scorporabili non posseduti dall’impresa devono da questa essere posseduti con riferimento alla categoria prevalente”.
[8] Analogo quesito interpretativo è in termini rinvenibile nella pronuncia Cons Stato, V, 21 novembre 2014, n. 5760
[9] cfr. CGUE, 5 aprile 2017, C-298/15, punti 47 e ss.; CGUE, 14 gennaio 2016, C-234/14, punto 28; CGUE, 10 ottobre 2013, C 94/12, punto 31
[10] Cfr. CGUE, 26 settembre 2019, C-63/18, punto 27 e CGUE, 27 novembre 2019, C-402/18, punto 39
[11] T.A.R. Veneto, I, 22 agosto 2023, n. 1204
[12] T.A.R. Piemonte, Sez. I, 5 gennaio 2021, n. 9
[13] Cons. Stato, V, 4 giugno 2020, n. 3504
[14] T.A.R. Puglia, II, 27 marzo 2014, n. 393
[15] Si ritiene allo stato di non affrontare l’ulteriore possibile criticità derivante da una innovativa tesi giurisprudenziale che differenzierebbe la posizione dell’offerente singolo da quello raggruppato a fini qualificatori (Cons. Stato, V, 08 gennaio 2025, n. 121; Id, 26 gennaio 2024 n. 820), dovendosi prediligere il tralatizio orientamento, siccome maggiormente rispettoso del principio di parità di trattamento, secondo cui il surplus di qualificazione in prevalente debba pretendersi “in capo al concorrente singolo o riunito” (tra le tante, Cons. Stato, V, 14 aprile 2016, n. 1492).
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