E’ consapevole che Sanremo le ha cambiato la vita. Quando l’anno scorso, incedere elegante, voce potente e caschetto blu, si è presentata per la prima volta all’Ariston con “Click Boom!”, Rose Villain ha fatto centro. Numeri da triplo platino, un tour sold out e tanta riconoscibilità, dal disco Radio Sakura alla collaborazione con Guè (“Come un tuono”, “Oh mamma mia”). Così Rose, al secolo Rosa Luini, milanese e classe 1989, sul palco di Carlo Conti ci ritorna con “Fuorilegge”.
Quello che doveva dimostrare, lo ha dimostrato. E adesso?
«Vorrei godermela di più. Voglio piacermi e pensare più a me».
Con “Click Boom!” non se l’era goduta?
«Sanremo mi ha stravolto la vita, nonostante in classifica arrivai 23esima. Ma percepivo stress, ero più concentrata su quello che mi circondava all’esterno che su ciò che mi stava succedendo: volevo farmi conoscere, dimostrare di essere una brava cantante, dare prova di essere una buona performer. Stavolta, invece, non voglio impressionare nessuno se non me stessa».
Ma è vero che dopo se ne è scappata in Tanzania?
«Vero. Chiuso Sanremo, ho avuto tre mesi pienissimi. Avevo bisogno di decompressione. Non ero abituata a una esposizione mediatica così forte. Ricordo che nelle 9 notti successive al Festival, mi svegliavo nel cuore della notte sudata fradicia, sicura di avere telecamere in faccia. Sogno, incubo, non lo so».
E’ l’altra faccia del successo.
«Faccio fatica a usare questa parola. Parliamo di progetto andato a buon fine».
Che racconta “Fuorilegge”?
«É una canzone in una notte d’estate. Ne sono follemente innamorata. Racconta il desiderio, esplora le parti più logoranti delle relazioni, è quel fuocherello che precede l’amore e ti fa uscire dai binari, che ti fa sentire sbagliata e fuori legge. Vale per tutti».
E quindi anche per lei.
«A me fa pensare a mio marito Andy (il produttore Andrea Ferrara, in arte Sixpm, ndr). Ci eravamo appena conosciuti, io ero a NY e lui a Milano. Ho l’immagine nitida della sensazione che ho provato. Il desiderio di averlo accanto mi faceva impazzire, tanto da fare gesti eclatanti».
Tipo?
«Prendere un aereo. Scrivergli una canzone».
Quanto tempo ha vissuto in America?
«Quattordici anni».
E com’è ogni volta ritornarci?
«Lì respiro e mi lascio andare. Sento l’elettricità tra le persone per strada, sento libertà quando mi chiudo in studio a registrare. Ho casa nel Village, quartiere pieno di artisti e di diversità. New York è multiculturale, una città che ti bastona ma se decidi di viverci è perché vuoi che ti succeda qualcosa di bello».
Perché è tornata a vivere in Italia?
«Non mi ero sentita compresa dalla mia label americana. Ho visto che qui mancavano figure femminili pop urban e ho capito che una potevo essere io. Negli Stati Uniti puoi essere anche un’artista minore e vivi bene, qui devi fare gli stadi. Ho imparato lo storytelling, ma se scrivo le hit è grazie alla mia gavetta in America. La mia scuola restano Max Martin e Katy Perry, sogno il Madison Square Garden, vorrei essere Lady Gaga o Beyonce, e mi appaga l’idea di avere carriera all’estero».
Come vede l’America di Trump?
«Vivevo a New York nei suoi primi 4 anni di presidenza. Nelle città progressiste c’è paura, insoddisfazione, tensione. Se penso al giorno in cui vinse Biden, e alla gente che gioiva nelle piazze, ancora adesso mi commuovo.
E’ una città che sente la lotta sociale».
E allora perché ha vinto?
«In un’epoca di conflitti, si preferisce scegliere i bulli perché fa meno paura schierarsi con l’aggressività. Mi sarebbe piaciuto avere una presidente donna. Ha prevalso l’economia sui i diritti umani, sul tema LGBTQ. Fa paura pensare di avere dei figli in mezzo a questo clima».
E in Italia?
«Il clima è meno eclatante rispetto all’America, ma le forme politiche sono sempre le stesse. Non siamo contenti nemmeno qui».
Quindi Meloni non le piace?
«A me non interessa chi ci sia al potere, che sia Meloni, Schlein, o chiunque altro, che sia donna o che sia uomo. Quello che mi interessa è che chi è al potere faccia di più per le minoranze. Attualmente non mi sento tutelata da questa politica».
E l’arte come sta reagendo?
«L’arte reagisce, come reagiscono gli artisti che non hanno paura di essere lesi. Billie Eilish ha fatto una bella campagna per Kamala (Harris, ndr) e ha espresso il suo sentimento quando è stato eletto Trump. Ma è il periodo stesso che lo ha chiamato. Non volevano una donna democratica o, più semplicemente, la democrazia in generale è debole».
Lei teme di esporsi?
«No. Ogni volta che mi espongo mi massacrano, ma a me non interessa».
Chi la dirigerà a Sanremo ?
«Davide Rossi (Coldplay, Depeche Mode, Duran Duran, ndr). Un mito».
Come ospite per la serata cover ha chiamato Chiello.
«E’ un artista straordinario e la sua musica è magica. Se l’anno scorso Gianna Nannini rappresentava la leggenda del passato, Chiello per me è la leggenda del futuro. Amiamo entrambi Battisti e faremo “Fiori rosa, fiori di pesco”. Se mi avesse detto di no, avrei chiesto a Brunori Sas. Mi piace lavorare di opposti».
Chi vorrebbe vincesse?
«Oltre a me? (Ride, ndr). Joan Thiele, artista strepitosa».
E se davvero vincesse Rose Villain?
«Ho già pronto “Fuorilegge” in inglese per l’Eurovision Song Contest».
Il nuovo disco?
«Uscirà nei prossimi mesi. L’ho registrato sempre a NY e lo sto finendo di lavorare. Per la mia prima volta live in un palazzetto, il prossimo 23 settembre all’Unipol Forum di Milano, deve essere pronto. A produrlo Okgiorgio, altro artista incredibile e ci saranno duetti».
Come sta andando la sua nuova linea di make up?
«Bene. Si chiama Good Villain, buono e cattivo. Solo ingredienti naturali, ma da una vegana non poteva che essere così».
Papà imprenditore è contento? Le ha dato consigli?
«Nessun consiglio sul brand. Mi lascia fare. E’ timido, paziente, gentile e non capisce nulla di musica. Ma è tanto fiero di me».
Gli assomiglia?
«Poco. Sono più simile a mia madre, Fernanda. Era la vera rocker di casa, una vera star, gli teneva testa. E io sono come era lei. A volte sembro avere io una sorte di “fernandite”».
Ultimo aggiornamento: Lunedì 27 Gennaio 2025, 10:40
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