Dalla polizia alla pittura, Rocco Rusiello e la sua arte metafisica dopo il ciclo di opere sulla Lira

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Il poliziotto pittore ne ha fatta di strada. Un suo dipinto sta per essere esposto a Bilbao. L’elenco delle mostre alle quali ha partecipato si allunga. Il suo stile è riconoscibile e apprezzato. Rocco Rusiello molti lo hanno ancora in mente con la divisa, in forza alla polizia stradale di Arezzo, a correre di qua e di là per incidenti e controlli. La vita intensa e movimentata di chi lavora nelle forze dell’ordine.

Ma ha sempre avuto una valvola di sfogo, una comfort zone dove rifugiarsi al termine di turni impegnativi, spesso drammatici per le scene alle quali doveva assistere. La pittura è sempre stata la sua compagna di viaggio e quando poi ha potuto dedicarsi ancora di più alla tavolozza, in molti si sono accorti del suo percorso artistico. Originale.

Persona di grande semplicità e gentilezza, Rocco Rusiello trasferisce sulle tele un senso straordinario e spontaneo di quiete e di profondità.

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– Rusiello, quando ha scoperto la pittura?

Da ragazzo mi sentivo attratto da colori e pennelli. Sono originario di Picerno, in Lucania, terra alla quale resto legatissimo nonostante Arezzo sia diventata la mia città. Avevo 12 anni e sentivo questa voglia di disegnare e colorare. Oggetti, animali, paesaggi. Non c’erano grandi opportunità al paese e mi dovevo arrangiare con un po’ di inventiva. Così utilizzavo dei pezzi di compensato al posto delle tele, i pennelli me li realizzavo da me utilizzando setole di animale, mentre i colori li acquistavo con i miei risparmi. Da allora, che ero un ragazzo, la pittura mi ha sempre fatto compagnia nel corso della mia vita.

– Poi è arrivato il momento di lasciare la Basilicata per lavoro, nella polizia di Stato.

Sì, ho fatto quella scelta subito. Avevo quel desiderio di fare il poliziotto e mi sono messo in gioco. Quindi dopo la scuola di polizia ho ricevuto gli incarichi che di volta in volta mi hanno portato ad Alessandria, Senigallia, Cesena, Arezzo, Nuoro, Nettuno e di nuovo ad Arezzo.

– L’esperienza centrale è stata quella alla Polizia stradale di Arezzo dove si è stabilito.

Sono stati anni intensi, di grande lavoro, sotto il comando di persone e accanto a colleghi che ricordo con piacere e gratitudine. Io facevo parte del gruppo dell’infortunistica e mi sono dovuto occupare di molti incidenti. Oltre all’aspetto tecnico, dei rilievi, delle relazioni su quanto avvenuto, c’è poi il fatto, spesso pesante e drammatico, di essere vicino a persone colpite da gravi situazioni.

– E in tutto il percorso la pittura ha continuato a coltivarla.

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Sì. Dopo la fase figurativa con la quale ho preso dimestichezza con il pennello e i colori, raffigurando nature morte, frutta, gatti, cavalli, asini, pian piano ho avvertito l’attrazione verso un tipo di pittura diversa, fino alla metafisica che è il mio mondo. La mia prima mostra è del 1977 ad Arezzo, alla galleria Minotauro, poi sono seguite tutte le altre, personali e collettive, in varie parti d’Italia e anche a Barcellona. Voglio dire che per il mio percorso, molto importante è stato il critico d’arte Giovanni Faccenda. Quando poi ho lasciato la divisa e sono andato a riposo, ho potuto dedicarmi a questa attività con più tempo.

– C’è stato il periodo della Lira.

Certo. Una fase importante che mi ha dato anche visibilità, anche perché nessuno credo si fosse specializzato su questo soggetto.

– Cioè le monete del vecchio conio, sostituite a inizio anni Duemila dall’Euro.

Quel momento di passaggio segnò la fine di un’epoca, mi colpì particolarmente, ero nato e cresciuto con la lira, ho sempre in mente gli spiccioli che mi dava mio nonno per comprare le caramelle e il gelato. Spinto da quelle sensazioni, ho come sentito l’esigenza di riportare sulle tele le immagini di quei soldi. Un giorno mi venne spontaneo di dedicare una tela alla Lira. Fu il primo di una lunga serie di dipinti, ognuno con la sua caratterizzazione, con le monete al centro e ambientate a Venezia, dove appunto la Lira è nata nel 1472.

– E quelle opere con la Lira sospesa in sfondi delicatissimi, fatti di sognanti azzurri e di placidi ocra, non passarono inosservate. Le figure del delfino sulle 5 lire; le spighe di grano sulle 10 lire hanno colpito per originalità, quell’atmosfera sospesa, immobile, di quiete, riflessiva ed enigmatica.

Ho partecipato a molte esposizioni dove ho potuto presentare i miei quadri. Ho ricevuto apprezzamenti che non avrei immaginato. Mi ha procurato soddisfazione sapere che ciò che realizzavo e che mi dava piacere dipingere, trovava corrispondenza anche negli altri.

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– E con la Lira di fatto era già entrato nella dimensione metafisica – come sottolineò il critico Faccenda – poi proseguita con altri soggetti.

La metafisica mi porta in un’altra dimensione. Mi fa stare bene. L’evoluzione è stata naturale, in continuità, mi sono perfezionato. E pure le nuove tele hanno ricevuto apprezzamenti.

– Ora c’è questa esposizione in Spagna. Di cosa si tratta?

E’ una collettiva, dal 25 gennaio al 9 febbraio, a Bilbao, presso la galleria Euskaditalia, alla quale prendono parte altri artisti italiani. La mia tela ha come titolo “Frutto magico”.

Il cavaliere Rocco Rusiello, commissario capo della polizia di Stato a riposo, pittore dalla vena ispirata, prosegue dunque la sua avventura nel mondo dell’arte con quel tratto di umiltà e serenità che si rispecchiano nelle sue tele.Dipinti dove ogni cosa sembra immobilizzata eppure esprime vita. La geometria ha un che di caldo e accogliente, proietta verso orizzonti marini di profonda quiete.

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Silenzi e interrogativi. La mela, il cielo, il mare, le strisce, le ombre, compongono le cifre di un linguaggio fatto di linee e di curve, di forme e di colori, che ti coinvolge. Per lunghi anni in prima linea sulle strade, tra le sirene e lo stridere di gomme delle auto della polizia che accorre dove c’è urgenza nel caos del traffico, ora Rocco Rusiello è circondato dalla quiete colorata della sua metafisica.



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