Carnico story: Roberto Revelant – Campionato Carnico

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di MASSIMO DI CENTA

Gli scudetti del 2003 e del 2007, la Coppa Carnia nel 2005 e 2008 e la Supercoppa nel 2003, 2005 e 2007: è davvero un albo d’oro di tutto rispetto quello che può esibire Roberto Revelant, classe 1978, attuale sindaco di Gemona del Friuli e centrale difensivo di quel Campagnola che nel primo decennio del 2000 scrisse pagine importanti della sua storia. Una carriera, la sua, sviluppatasi con le maglie delle giovanili dell’Osoppo, gli Amatori ITCG Marchetti (la scuola che frequentava), Campagnola dal 2000 al 2009, Amatori Mont Blanc e Stella Azzurra, con la quale il 10 ottobre 2010 disputò l’ ultima partita della sua avventura agonistica.
Roberto è stato un difensore centrale vecchia maniera, il classico “stopperone”, insomma, che ha sempre ritenuto lo sport e il calcio un gioco di squadra che rispecchiasse un po’ anche l’andamento della vita e che i risultati, anche in termini di miglioramento personale, arrivassero in primis per l’impegno, la determinazione e il sacrificio messi in campo, senza accontentarsi dei primi risultati raggiunti ma alimentando ambizioni, pur rimanendo umili e con i piedi per terra.
Sicuramente queste caratteristiche hanno sempre fatto sempre parte del suo percorso, con un altro ingrediente, il divertimento. Per lui gli allenamenti e le partite erano momenti di vera gioia e le rivalità in campo sono diventati momenti di aggregazione con vere e straordinarie amicizie che durano tutt’oggi. Per questo, a fine carriera, ha voluto ringraziare tutte le società, allenatori e staff, che gli hanno consentito tutto ciò.
Chiaramente, i tanti anni vissuti sui campi sono stati scanditi da molti aneddoti, molte situazioni particolari, ma lui ne estrae due in particolar modo: una specie di scherzo fatto a due amici, ma quel giorno avversari sul campo, e il famoso gol scudetto del 2007.
Iniziamo dallo scherzetto fatto a Stefano Moro e Jean Jacques Maion, che ci racconta in prima persona: «Era una calda e afosa domenica, di quelle che nel “Pascat” (per chi nol sapesse a Gemona chiamano così il “Tarcisio Goi”, ndr) si sentono e prima di una partita con l’Arta invitai a casa mia a pranzo un po’ di giocatori tra cui “Gugje” (Stefano Moro, ndr) e Jean Jacques Maion, dei fenomeni in quegli anni. Menù impegnativo: mangiammo antipasto, pasticcio abbondante, frico e molto altro, annaffiato da buon vino e non potevamo finire che con una grappetta bianca. Vedendo che mangiavo tutto anch’io, sebbene con difficoltà, mangiarono tutto anche loro anche per onorare la cucina di mia mamma. Poi verso le 16 venuta l’ora di dirigersi al campo gli ho detto che li avrei raggiunti più tardi, perché ero squalificato: non ricordo più le loro imprecazioni!… Solo pochi anni dopo il “Gugje” me la restituì in campo, quando posizionatosi furbescamente dietro di me in un rinvio chiamò “lascia” ed io, pensando fosse Mario Castellano, gli lasciai come un “pindolo” la palla per il goal più facile da segnare».
Per restare in tema Arta, ma sull’altra sponda, viene spesso ricordato quel gol di mano al Cedarchis in una sfida decisiva per l’assegnazione del titolo. Lui in realtà ha sempre sostenuto la tesi del “o gol o rigore”, nel senso che venne sbilanciato in maniera evidente al momento dell’impatto col pallone: insomma, colpì involontariamente la palla con la mano perché era stato spinto alle spalle. Senza scomodare Maradona e le… divinità celesti, chiudiamola qui, dicendo che pù che la mano di Dio, fu la mano del… sindaco! Per Roberto quella resta una partita indimenticabile, che rimarrà nella storia del “Campa”, anche per un afflusso di pubblico probabilmente mai visto al “Pascat”, tra due squadre fortissime e società meravigliose. E ancora oggi, quando ci ripensa, ha tanta nostalgia di quei tempi: «Con tutto il rispetto per chi gioca oggi – dice -, sarebbe interessante andare a leggere le formazioni di allora, composte da giocatori tra i quali probabilmente io ero quello tecnicamente inferiore a tutti».
Se gli domandate quale sia stato l’avversario più tosto, sorridendo, risponderà Cristiano Gallai (chissà perché quel sorriso…). Però poi, parlando seriamente, afferma: «Di attaccanti forti nel Carnico in quegli anni ne ho incontrati tantissimi, ogni squadra, anche quelle di bassa classifica, avevano dei giocatori di qualità ed esperienza, ma non posso dimenticare le due pere che Stefano Vidoni ci ha rifilato nello spareggio del 2004 a Villa Santina: una partita che non avremmo mai dovuto disputare, perché dovevamo vincere prima il campionato, e che la Velox ha vinto meritatamente».
Come ama ricordare, nel Carnico si è fatto tante amicizie e ancora si frequenta, con le relative famiglie, con ex compagni di squadra o avversari. A questo proposito afferma: «In quegli anni, nessuno avrebbe scommesso un euro che avremmo potuto avere una famiglia e invece oggi proprio le famiglie sono diventate grazie ai nostri figli motivo di ulteriori incontri. Impegnativi come un tempo, ma purtroppo senza lo stesso… supporto fisico. Sicuramente, non avrei mai creduto di trovarmi nella stessa stanza di Ospedale a Tolmezzo nel reparto di Ostetricia con “Bepo” (Joseph Negyedi, ndr) e Paola assieme a mia moglie e i nostri primogeniti, o a essere padrino della piccola Camilla figlia di “Raffi” (Raffaele Di Lena, ndr), o vedere i miei figli sciare grazie e con Arianna moglie del “Mec” (Andrea De Franceschi, ndr), ma anche le “reunion” con i capitani Mauro Mardero e Andrea Gubiani e tutti giocatori, staff e mister degli scudetti 2003 e 2007. Il calcio mi ha dato tanto, ma il Carnico in particolare è stato per me un arricchimento indescrivibile».

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